05/2015. Per un tozzo di pane

Il cibo scarseggiava. Non era una novità: da quanto ricordo era sempre stato così. Tutto quello che ero riuscito a mettere sotto i denti fino a quel momento era stata l’insipida zuppa grigiastra che le Case di Carità offrivano a noi Sommersi: un nutrito gruppo di pezzenti diseredati che cercava di sopravvivere ammassato nelle stamberghe dei bassifondi, dilaniato ogni giorno dai morsi del freddo e della fame. Per avere qualcosa da mangiare ci si poteva anche rivolgere ai mercati neri, ma il prezzo dei loro prodotti era esorbitante, così non ti rimaneva altro che andare nelle Case di Carità o morire di fame.

Alcuni di noi erano stati fortunati ed erano gelosi del lavoro che avevano trovato come servi o netturbini ai Quartieri Alti, dove vivevano i nobili opulenti nelle loro belle case pulite. I servi erano gli schiavetti personali dei nobili, facevano un lavoro pesante, degradante e umiliante ma almeno avevano la possibilità di racimolare qualche briciola dalle tavole dei loro signori. I netturbini, invece, raccoglievano ogni mattino all’alba tutto quello che i nobili gettavano via, e forse, era il lavoro migliore: avevano la possibilità di scegliere gli scarti migliori e poi di vendere il resto ai mercati neri. Noi li chiamavamo i Salvati.

E poi c’erano i Ratti: una via di mezzo tra i Sommersi e i Salvati, erano essenzialmente dei ladri che la notte, prima che passassero i netturbini, si intrufolavano nei Quartieri Alti e portavano via dagli scarti tutto quello che potevano. Pickwick era uno di loro.

Fu lui a propormi di andare con lui in una delle sue scorribande nei Quartieri Alti. All’inizio ero restio a seguirlo: se venivi scoperto di notte a frugare tra i rifiuti potevi essere accusato di furto e impiccato, anche se si trattava di scarti. Ma i nobili dei Quartieri Alti avevano una strana e perversa concezione di divertimento, e vedere appeso un pezzente per motivi futili era uno dei loro massimi divertimenti.

C’era stato Henderson Westemberg: la fame gli aveva strappato la moglie ed era rimasto solo con due bambini da sfamare ed era stato costretto ad avventurarsi nei Quartieri Alti per rimediare un po’ di cibo per i loro bambini, ma era stato scoperto e giustiziato. L’immagine del suo corpo dilaniato dai corvi mi ballava ancora davanti agli occhi ogni volta che li chiudevo.

«Tranquillo» mi aveva rassicurato Pickwick «È da anni che lo faccio e non mi è mai successo nulla. Inoltre cosa hai da perdere?»

Su questo punto aveva perfettamente ragione: in fondo non avevo assolutamente niente da perdere e quello che avrei trovato tra gli scarti dei nobili sarebbe stato sicuramente meglio della brodaglia grigia delle Case di Carità.

Pickwick, per convincermi e fugare ogni dubbio, aveva iniziato ad elencare quello che si poteva trovare nei bidoni dei nobili: non solo bucce e torsoli di frutti o verdure marce, bensì vere e proprie leccornie. Mi raccontò che una volta aveva trovato un intero coniglio in salmì che gli era fruttato un sacco di soldi.

«I nobili sprecano un sacco di cibo. Sembra quasi che per loro mangiare sia una sorta di passatempo, per alcuni di noi, invece, è un lusso» aveva detto, lanciandomi un’occhiata eloquente. Il mio stomaco aveva gorgogliato rumorosamente quasi reclamasse un poco di quelle pietanze deliziose che Pickwick aveva nominato. Così alla fine, a malincuore, avevo accettato.

Nottetempo io e Pickwick ci intrufolammo nei Quartieri Alti: un insieme di enormi case bianche abbarbicato sulla collina, che parevano quasi scintillare sotto la luce della luna. Mi sorpresi a chiedermi quali tesori potessero celare regge simili.

Non mi ero mai avventurato nei Quartieri Alti, soprattutto dopo quello che era successo a Henderson, ma Pickwick sembrava esserci stato parecchie volte e mi guidò nel dedalo di vie lastricate che fiancheggiavano le ville.

«Le scorpacciate migliori si fanno quando i nobili festeggiano qualcosa» sussurrò «E guarda caso proprio ieri il signor Bennet ha festeggiato il compleanno della sua Vivienne. È una ragazza davvero carina, ti piacerebbe, avete più o meno la stessa età» sghignazzò.

Alzai gli occhi al cielo pregando che non ci scoprissero, le strade di notte erano pattugliate proprio per evitare che qualcuno dei Sommersi vi si intrufolasse; scivolavamo rasenti alle pareti cercando di rimanere nell’ombra e di fare meno rumore possibile, ma se Pickwick avesse continuato a fare il pagliaccio saremmo sicuramente stati scoperti.

Con mio sommo sollievo Pickwick si fermò. Ci trovavamo davanti ad un’immensa villa bagnata dalla luce della luna, che rendeva il marmo di cui era rivestita quasi traslucido, un solenne colonnato si apriva sul davanti, i fusti delle colonne si innalzavo alto verso il cielo, quasi volessero sfidare le stelle. Ne rimasi incantato.

Pickwick mi riscosse tirandomi per la manica della giacca «Non è il momento di rimanere impalati ad ammirare la costruzione. È passata una pattuglia circa un minuto fa e tra neanche tre minuti ne passerà un’altra. Perciò muoviti»

E mi trascinò fino al retro della costruzione, più cupo e tetro. Accanto ad essa si trovavano quattro o cinque bidoni della spazzatura grigi e lucenti, come se non volessero sfigurare davanti alla casa o involgarirla. Erano stati posizionati proprio sotto una lucerna. Anche queste erano un lusso nei bassifondi, dove ci limitavamo a farci luce con candele di fortuna.

«Apri il primo bidone e prendi le cose più piccole e meno deperibili che riesci a trovare, non perdere troppo tempo nella scelta, però, abbiamo poco tempo» furono le ultime parole di Pickwick prima di abbandonare  la sicurezza dell’ombra della casa e avvicinarsi ai bidoni, furtivo ma veloce. Rimasi qualche secondo a osservarlo mentre frugava nei bidoni e lo raggiunsi.

Aprii il primo e vi trovai dentro una tale varietà di scarti che avrei potuto vivere lì dentro per sempre: non c’erano solo frutta marcia o qualche osso da succhiare ma, come aveva detto Pickwick, intere pietanze. Adocchiai quello che pareva la metà posteriore di un montone o di una mucca, ancora lucido di grasso e salsa, ma decisi di lasciarlo perdere e mi limitai a prendere scarti più piccoli e a infilarli nelle tasche della giacca.

«Ehi voi, cosa state combinando?» esclamò una voce

«Merda!» imprecò Pickwick «Ci hanno, scoperti: scappa!» disse e sentii il coperchio del suo bidone sbattere. Provai ad imitarlo ma ci impiegai più tempo e quando tolsi la testa dal bidone, mi trovai davanti due gendarmi; Pickwick era scomparso.

I due uomini mi squadrarono dall’alto in basso. Erano alti e prestanti e indossavano giubbe blu pulite e inamidate. Dovevano essere i figli cadetti di qualche famiglia nobile. Davanti a loro mi sentivo un essere insignificante, un vero e proprio ratto ossuto, grigiastro e cencioso. La paura mi aveva immobilizzato e le gambe erano rimaste inchiodate al selciato.

«È uno di quei pezzenti» disse uno di loro alla fine «Cosa stavi facendo?» domandò poi rivolto a me. Rimasi in silenzio, il terrore mi aveva paralizzato anche la lingua .

«Stavi rubando, non è vero, lurido pezzente?» urlò, prendendomi per un braccio. Pezzi di pane duro  rotolarono sul selciato.

«Sai vero qual è la punizione per i gli sporchi ladruncoli come te?» domandò l’altro, estraendo il manganello. Quello che mi teneva per il braccio mi sbatté a terra e insieme al suo compagno, iniziò a picchiarmi selvaggiamente. Cercai di proteggermi ma fu tutto inutile. Soddisfatti cessarono di colpirmi e mi trascinarono in galera sanguinante e mezzo morto.

E tutto questo solo perché avevo preso a dei nobili qualcosa che sarebbe servito più a me che a loro.

Una volta padre Jorwell aveva detto che dall’Altra Parte ci sarebbe stato cibo in abbondanza per tutti. Forse finalmente, sarei riuscito a mangiare qualcosa senza che scoppiasse un putiferio solo per un misero pezzo di pane.

Confessione rilasciata da Ptjor Westemberg, accusato di furto e giustiziato il giorno 23 del mese della prima neve, anno 612 dopo l’Apocalisse.

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