Prendo posto sul trono vermiglio, scruto dall’alto della mia posizione i sudditi che si susseguono l’un l’altro, portando doni in onore della festa della Dea Loquela, potente e sovrana tra tutte le divinità, privilegiata dal fato, sottomessa solo alla debolezza più grande: il divenire.
Emarginata, ma comunque immensa, è incompresa e abusata, tuttavia subisce nella sua volubilità ogni sorta di mutazione, di cambiamento. La Dea cangiante è suprema, detiene il potere del linguaggio in ogni sua forma, dalla più riprovevole alla più raffinata, dalla menzogna alla verità, dall’oblio alla memoria.
La Dea Loquela è debole, minuta, paragonabile al frutto proibito dell’albero della conoscenza, fragile e inconsistente, un essere che vive nel mondo ideale, che si manifesta sensibilmente in rapidi movimenti incoglibili, se non per mezzo dell’udito, in frasi e parole dette e non dette, vestite di colori così simili e incredibilmente differenti, mille sfaccettature della stessa sostanza.
La Dea Loquela è la più detestabile, ma non per questo detestata.
Ha una natura propria, Natura contrapposta a Ragione, un difficile rapporto che genera nella maggior parte di noi, miserrimi sudditi del suo divenire, un sentimento contrastante, in quanto diamo voce alle sue bugie, mancando sempre e per sempre il vero rapporto che lega il mondo della Dea al nostro essere, ancor più mutevole e desolante.
La festa della Dea è compresa solo da noi Domini atque Suasores, la classe dirigente di questo Paese perverso, mentre gli indocti si limitano a fare sacrifici, pregare per il raggiungimento della loro verità, della loro conoscenza, quella materiale ed economica, senza curarsi dell’animo corrotto della Dea.
Noi DaS ci apprestiamo a comprendere ed intendere il volere della Dea, non scriviamo per evitare di incatenare la flebile forma sensibile del sommo potere, parliamo ad alta voce, discutiamo, ma non giungiamo mai ad una conclusione effettiva, ad una certezza.
Studiamo, formuliamo teorie, le applichiamo, escogitiamo metodi risolutivi per giungere alla verità, per arrivare alla conoscenza assoluta, eternamente slegata dal nostro mondo, senza vincoli, un’entità forse ancora più grande e forte della stessa Dea, una presenza di cui Lei è custode.
Opinione diffusa è che il linguaggio abbia un rapporto con la nostra realtà solo se usato in modo saggio e mirato al bene dell’insieme; in caso contrario, non è solo spreco, ma un potente veleno bugiardo, seminato nel ventre dell’invidia, le cui figlie distruggono e divorano quella parte dell’anima che vive più delle altre, che pulsa maggiormente, irrefrenabile: l’anima nera.
È per questo motivo che gli indocti non hanno accesso alle assemblee dei DaS, perché nel loro cuore, nel loro intimo, nella loro più assoluta ignoranza, sono vittime dell’anima nera, che, come una bestia selvaggia, un parassita famelico, si nutre delle buone intenzioni, privandoli della possibilità di vivere alla luce della Conoscenza, non quella che scambiano per interesse economico, fioca immagine della Verità, ma quella dell’ideale di perfezione, l’assoluto, l’apoteosi dell’intelletto, oltre le barriere e i limiti razionali.
Se gli indocti potessero conoscere il nostro Pensiero, saremmo incredibilmente vicini all’Apocalisse del Paese: la dea Loquela si farebbe ancora più cangiante, più liquida e si dividerebbe nelle anime nere e fuorviate, come un fiume in piena, travolgendo l’intelletto, la ragione, creando bestie assetate di potere e di nient’altro, disposte a tutto pur di aver un briciolo di importanza in una piramide di intrighi e di assassini, al cui vertice regna un Sole Nero.
Noi DaS siamo diversi. Siamo stati educati diversi.
Abbiamo il nostro posto nel Paese e regniamo non perché lo desideriamo, ma perché è il Dovere. La corruzione non ci devia, siamo tutti sullo stesso piano. Io non sono un sovrano, ma un primus inter pares, la voce di un complesso organismo, rappresento la parola.
Per questo motivo sono anche il diretto interprete della Dea Loquela, sono il sommo Sacerdote, colui che intende il suo volere. Ed è per questo che oggi i sudditi portano i doni a me, suo rappresentante.
Io, se non per questioni diplomatiche, non parlo. Mi limito a pensare, facendo da tramite per la dimensione intellegibile e quella dei sensi, sono il ponte che attraversa il fiume, elemento a metà strada, il divenire che condiziona noi umani, ed eccezionalmente, la Dea Loquela.
Siamo tutti immersi, senza distinzioni di ceto sociale, nel suo scorrere, nella sua apparente calma, una quiete forzata che cela l’imminente arrivo di una tempesta perfetta.
I sudditi terminano di portare i doni, si dispongono ai lati della Sala della Ricerca, attendono l’arrivo dei detentores, Mendacio e Vizioso, miei precettori, insigniti dell’onorificenza di Imperator sententiae.
Questo è il momento per cui i DaS si preparano tutto l’anno, per cui si risvegliano dal loro abituale torpore di freddezza, sensazione abituale e radicata in loro. In me.
I due Imperator sententiae entrano silenziosamente nella Sala della Ricerca.
Mendacio è davanti, indossa un chitone bianco accompagnato da un mantello chiaro. I capelli e la lunga barba, entrambi scuri, fanno da cornice allo sguardo di ghiaccio, perforante, illusorio e indagatore.
Vizioso lo segue, si presenta vestito da una toga rosso pallido, i capelli trasandati e ingrigiti dalla vecchiaia, lo sguardo vacuo, quasi assente, ma animato da una luce che tradisce una lucida intelligenza.
Mendacio, come sempre, rappresenta i DaS; Vizioso, al contrario, è il falso esponente degli indocti, si finge ogni anno uno di loro, un viandante smarrito o un mercante senza meta; studia i nuovi comportamenti della classe, i cambiamenti, il loro modo di esprimersi, di apportarsi con la realtà che li circonda, scova i potenziali intellettuali, coloro che intuiscono la Natura della Dea, molte volte non sapendolo, altre volte nascondendolo con astuzia.
“Se il sire è d’accordo, noi inizieremmo. Stabilisca il contatto con la Dea.”
Chiudo gli occhi, esortato da Mendacio. Sento il trono color sangue vibrare, poi vengo colpito da una scarica elettrica. Sono completamente immobilizzato, cieco e muto.
Come ogni anno, mi limito ad Ascoltare.
I due parlano, si sfidano reciprocamente, cercano di prevalere l’uno sull’altro, nessuno dei due ha ragione, discutono di argomenti banali, velati e ingranditi a dismisura dalla loro abilità retorica.
Mendacio nasconde la verità dietro la menzogna, Vizioso la menzogna dietro la verità, sanno entrambi di cosa stanno parlando, ma nessuno dei due è disposto ad ammettere di comprendere l’altro, troppo preso dall’esiliare i pensieri altrui e dall’inculcare i propri nell’avversario.
“La parola è la più potente arma! È ciò che ci contraddistingue dall’essere animale senza pensiero, ci rende umani, capaci di agire secondo ragione, non come gli schiavi del ventre!”
“Se la parola è propria degli umani, Mendacio, perché gli indocti non possono usufruirne in tutte le sue peculiarità? Insegniamo loro le lingue morte, aiutiamoli a comprendere.”
“Lingue morte?! Sai benissimo il loro potere. Sono lingue eterne, che non cambiano, non sono soggette al divenire, sfuggono al sommo controllo della Dea, così come a te sfugge la ragione, stolto!”
“Un qualcosa di eterno e imperituro. Una parola scolpita in una pietra che non subisce alcun attacco da parte di agenti climatici e gesti vandalici. In mano alle persone giuste, le lingue morte possono definire la realtà, rappresentarla per quello che è: sovrapporre il divenire e l’intellegibile, le immagini al cielo ordinato, il nostro stesso sovrano alla nostra stessa Dea.”
“Se finisse in mano alle persone sbagliate, ognuno di noi troverebbe la morte: le lingue morte tornerebbero oggetto del divenire, tutto sarebbe irrimediabilmente confuso, finiremmo nel caos, sarebbe…”
Le voci si indeboliscono, lentamente ogni cosa perde significato e io mi smarrisco nei loro giri di parole. Quando riapro gli occhi, vedo la Dea.
Bellissimo! Ottima la descrizione della dea e la disputa dei due tizi. Bravo!
Molto bello, interessante e profondo!
COMPLIMENTI!!!
COMPLIMENTI!!
Devo dire che è davvero bellissima come storia! Mi piace davvero tanto! Direi che anche questa volta ti sei superato. I miei complimenti, davvero 🙂