25. La scoperta della diversità

A casa si parlano due lingue, quella italiana e quella araba, sono portatrice di due culture e in me convivono due religioni diverse per quanto simili, quella cattolica e quella ortodossa.

Per me diversità non vuol dire contraddizione, diversità vuol dire poter scegliere, conoscere realtà diverse significa poter far proprio il lato migliore di ciascuna. Quando si hanno due culture non si è mai completamente tesi verso una o l’altra, semplicemente coesistono in diverse misure entrambe. Automaticamente si fondono e si diventa un’ ibrido di valori e di ideali appartenenti a mondi diversi. Per questo dico che la diversità è ricchezza che non divide ma al contrario unisce. Conoscendo il punto di vista dell’altro, mettendo in discussione il proprio si rielabora un’idea più solida di quella che si aveva. Da piccola ho capito cosa è  il razzismo e nella mia piccolezza pensavo che forse avrei preferito non aver avuto origini straniere, oggi che sono passati più di una decina di anni, ringrazio di avere una cultura in più che non rinnegherei in nessun caso perché mi ha reso ciò che sono. Penso che se si conoscessero a fondo le differenze culturali che a primo impatto sembrano insormontabili, ci si renderebbe conto di quanto esse siano superficiali, dal momento che la natura umana non varia in base alla cittadinanza e il primo modo per conoscerle è il dialogo.

La parola è uno dei più grandi strumenti che abbiamo in quanto ci permette di elaborare i nostri pensieri, di imparare e di esprimere le nostre idee, spesso viene sottovalutata e ci si accorge del suo potere solo quando essa viene fraintesa o quando non si riesce a trasmettere un concetto che nella nostra mente sembra chiaro. Per accorgersi della loro importanza basta guardare come solamente con i 140 caratteri messi a disposizione da Twitter si sia accesa la miccia della Primavera araba, radunando nelle varie piazze simbolo, milioni di persone accomunate dallo stessa parola: libertà.

Oggi, nell’era in cui le notizie di tutto il mondo sono disponibili a qualunque uomo con una libera connessione internet, c’è chi si chiude gli occhi e tappa le orecchie, intanto il processo della globalizzazione risulta essere inarrestabile e sembra portare a un riavvicinamento degli uomini in un’ unica cultura globale, basti pensare a come sono cambiate le nostre abitudini, tutti almeno una volta abbiamo mangiato etnico o almeno in un fast food o si pensi a dove è stato prodotto il cellulare che abbiamo in tasca o a quanto si siano abbassati i prezzi dei biglietti aerei negli anni, la lista è lunga.

Le obbiezioni che si possono muovere a questa tendenza sono tante, un appiattimento globale della cultura o una perdita delle tradizioni ad esempio, per quanto riguarda mia esperienza nonostante mi renda conto di essere di parte, ritengo che dalla multiculturalità si possa imparare molto non solo sugli altri e ma anche su noi stessi, rendendoci conto che il nostro modo di vedere le cose è solo uno tra i tanti possibili.

«Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l’inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro».  Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. (Genesi 11, 6-7).

Chissà magari il fine a cui tende l’umanità e verso il quale ci stiamo muovendo, è quello di terminare la costruzione della città, fuor di metafora, di dimenticare i motivi di divisione e di lavorare per un obbiettivo comune.

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