42/2015. La rivolta

Goldric camminava per le vie della città, immerse nell’oscurità della sera. No n vi era anima viva. Non che fosse strano, di questi tempi la gente aveva paur a ad uscire quando ormai il sole era già calato. Tranne Goldric, ovviamente, c he si stava avviando verso casa. Quando entrò si ritrovò subito addosso sua m adre. “Dove sei stato? Quante volte ti ho detto di non uscire senza avvertirmi ? Ero preoccupata!”

“Scusa mamma, non volevo farti preoccupare. Ero andato a cercare qualcosa da mangiare. Purtroppo non ho trovato molto”. Il ragazzo mise sul tavolo un paio di pagnotte e una patata.

La madre sospirò. “Non fa niente, ho rimediato qualche cavolo con alcuni dei soldi che ci sono rimasti. Sta sera zuppa di cavolo!”

“Fantastico…”

A Goldric la zuppa di cavolo iniziava a dare la nausea. Purtroppo era tutto ci ò che avevano. C’erano persone in città che stavano ancora peggio. Molte per sone, soprattutto bambini, erano morti per la fame. Alcuni avevano iniziato a rubare o a uccidere, per un misero pezzo di pane. La città non era più un post o sicuro, soprattutto di notte.

Tutto questo a causa del cattivo raccolto che c’era stato quell’anno. La maggio r parte di quel poco che si era riuscito a raccogliere era stata destinata alla fa miglia del Lord che governava la città. Goldric aveva sentito persone che dic evano che a “Lancia degli dei”, il castello del Lord, ci fosse così tanto cibo c he gli avanzi venivano buttati o dati ai cani.

Questo faceva infuriare Goldric e anche il resto degli abitanti. Alcuni ipotizza vano persino una rivolta.

Mentre il ragazzo era immerso nei suoi pensieri, la mamma era intenta a prep arare la zuppa. Nella casa si diffuse una forte puzza di cavolo. Poco dopo la c ena fu servita. Goldric ne mandò giù un cucchiaio. Non aveva molto gusto, c’ era molta più acqua che verdura. Sembrava passato un secolo da quando sua madre aveva preparato la sua fantastica torta di mele, che a lui piaceva così ta nto. O il brasato di carne di cinghiale, oppure i biscotti al miele, la marmellat a di ciliegie e tutte le altre squisitezze che adesso non si potevano più permett ere.

Goldric andò a dormire pensando a tutte queste cose.

Fu svegliato il mattino dopo da qualcuno che stava bussando alla loro porta. Sua madre andò ad aprire. Era la vicina.

“Che succede Gilda?”
“Si stanno radunando tutti in piazza. Fareste bene a esserci anche voi.” “Perché tutta la città è in piazza? ”
“Questo non lo so, lo scopriremo una volta lì.”

Andarono tutti e tre in piazza. Tutta la città era lì radunata. Contadini, fabbri, artigiani, commercianti, giovani, vecchi, uomini, donne, bambini, non manca va nessuno all’appello. In mezzo alla piazza c’era un piccola pedana rialzata d i legno sopra cui stava un uomo molto imponente. Si chiamava Brenton. Era un fabbro e tutti lo conoscevano e lo stimavano in città.

A un certo punto alzò la mano per fare tacere il rumore che si era creato a cau sa di tutte quelle persone che parlavano sommessamente tra di loro. Nella pia zza calò all’improvviso il silenzio. Brenton iniziò allora a parlare.

“Amici, vi ho riuniti tutti qui oggi per parlare della brutta situazione in cui ci troviamo. Come tutti voi sapete in città il cibo scarseggia, molti di voi non rie scono a fare almeno un pasto al giorno. Le madri non riescono a sfamare i lor o figli e li vedono morire fra le loro braccia. Uomini una volta forti sono inde

boliti dalla fame. Ma mentre tutto questo accade, c’è che si ingozza di cibo e r ide alle nostre spalle. Io vi dico, tutto questo deve finire!!” Fra la folla si levar ono grida di assenso. “E tutto questo finirà presto, perché noi ci ribelleremo a ll’uomo che dice di governarci in modo giusto, mentre i suoi figli ingrassano e i nostri deperiscono!” Altre grida si levarono dalla folla. Goldric si unì alle l oro urla di assenso. Poi Brenton iniziò a spiegare la loro strategia. Il Lord pos sedeva un ingente numero di soldati a guardia di “Lancia degli dei “. Tutti i ci ttadini in grado di combattere si sarebbero uniti e avrebbero marciato verso il castello. Tutti i fabbri della città avrebbero dato loro il maggior numero possi bile di armi. L’obiettivo era cacciare la famiglia nobile e mettere qualcun altr o a capo della città.

Quando Brenton finì il suo discorso, iniziarono a radunarsi i volontari per la b attaglia. Anche Goldric voleva partecipare, quindi si avviò per unirsi agli altri , ma sua madre lo bloccò.

“Dove credi di andare?”
“Mamma, anche io voglio partecipare.”
“Sei troppo giovane!”
“Non sono più un bambino! Sono in grado di combattere!” “Ma…”
“Mamma, per favore, abbi fiducia in me.”
“E va bene. Promettimi che starai attento.”
“Te lo prometto”
La madre abbracciò suo figlio e poi lo lasciò andare.

Qualche ora dopo, Goldric stava camminando verso il castello con un ingente gruppo di abitanti. C’era chi aveva un bastone in mano, chi un forcone, chi u

n martello, chi una lancia, chi un coltello, chi una spada. A Goldric era capita ta una spada. Era nervoso, non ne aveva mai impugnata una vera prima.

Quando arrivarono vicino al castello le guardie in cima a una torre diedero l’a llarme, ma ormai era troppo tardi. Fecero irruzione nel castello, colpendo chi unque cercasse di fermarli. Goldric ferì una mezza dozzina di guardie. I corpi

dei caduti giacevano per tutta la fortezza. Ben presto il castello fu in mano lo ro. Trovarono il Lord e la sua famiglia e li costrinsero ad andarsene. Brenton non permise che fossero uccisi. Avevano vinto grazie all’effetto sorpresa e all a forza con cui avevano combattuto, perché da loro dipendevano le vite di mo lte altre persone. Molte persone erano morte e i loro cadaveri furono tutti sep pelliti. Il cibo conservato nei magazzini del castello fu spartito fra gli abitanti,

che nominarono Brenton nuovo Lord della città. Finalmente la città tornò a p rosperare. Le vie tornarono ad animarsi. E la madre di Goldric poté di nuovo

cucinare a suo figlio qualcosa di diverso dalla zuppa di cavolo.

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