1. Il riposo dell’anima

Genere: drammatico

Jack era in autobus quando ricevette la strana telefona. Tornava a casa, come ogni giorno, dopo aver passato la mattinata a scuola e già stava pregustando il riposo che lo aspettava. Ma arrivò la telefonata; -Jack, sei a casa?- disse la voce di suo padre al cellulare -no, non sono ancora arrivato- disse stupito -è successo qualcosa?- -no niente di importante stai tranquillo- e il ricevitore divenne improvvisamente muto. Aveva riattaccato. Il tono che suo padre aveva usato non gli era affatto piaciuto e non lasciava presagire nulla di buono ma decise di accantonare qualsiasi ipotesi, almeno fino a che non fosse arrivato sulla soglia di casa.

Un quarto d’ora dopo era arrivato e guardava due grosse valige appoggiate alla gialla facciata. Sembravano piene e pesanti. Entrando trovò sua madre seduta sulla poltrona del salotto, aveva gli occhi gonfi ed era palese che avesse pianto abbondantemente e allora, come se avesse ricevuto un improvviso schiaffo in viso, Jack capì che cosa era accaduto. Quello che avvenne quando suo padre entrò dalla porta appena una manciata di minuti più tardi non lo stupì affatto, era  una catastrofe che si annunciava ormai da diverso tempo, almeno ai suoi occhi; ma fu comunque terribile vedere sua madre, in piena crisi isterica, urlare e inveire contro l’uomo che fino a quel giorno era stato suo marito, e che finora lui aveva considerato un modello da seguire. Né jack né suo fratello, che era rimasto in un angolo della stanza a nascondere il pianto, dissero una parola.

Non alzarono lo sguardo nemmeno quando quell’uomo che aveva ormai perso tutto li salutò, andandosene con quelle due pesanti valige.

Qualche settimana dopo l’aria che Jack respirava intorno a se era la stessa di quel giorno: viziata e opprimente, pesante, quasi solida; un mare fangoso che soffocava e impediva di muoversi. I cambi di umore di sua madre si susseguivano in continuazione alternando crisi di pianto a improvvisi eccessi d’ira che potevano scaturire dalla più piccola inezia. Suo fratello si era chiuso in una scontrosità esasperante e Jack sentiva come se qualcosa che era stato teso troppo a lungo dentro di sé stesse veramente per spezzarsi. Quel pomeriggio la terza discussione in poche ore tra sua madre e suo fratello raggiunse dimensioni tali che la disperazione che impregnava ogni cosa in quella casa divenne per lui insopportabile. Jack prese la giacca, e uscì, in silenzio, iniziando a camminare senza meta lungo le strade che conducevano al di fuori del paese, verso la città. Camminava spedito, senza accorgersi della fatica, né di ciò che scorreva intorno a lui; la sua mente non era occupata da nessun pensiero al di fuori di quello di allontanarsi una volta per tutte da tutto e da tutti. Camminò senza sosta finchè non si accorse del buio che aveva già da un pezzo cominciato ad inghiottire ogni cosa e che le fioche luci dei lampioni, a stento riuscivano a contrastare. Si fermò e, smarrito, si guardò attorno: la strada non assomigliava a nessuna che lui conoscesse, ma l’aria era limpida e fresca e inspirando sembrava restituirgli nuova vita. Non c’erano macchine, né passanti, soltanto la strada costeggiata di palazzi, che,illuminata dai lampioni, si perdeva nel buio. Riprese a camminare con passa ancora più svelto che in precedenza; non aveva paura, a spingerlo era soltanto la determinazione ad andare avanti, a lasciarsi tutto quanto alle spalle.

“Qualunque posto va bene”, pensava continuando a mettere un piede davanti all’altro, “qualunque posto è meglio che tornare indietro, perfino una strada deserta”. Ma la strada non rimase deserta a lungo; jack avvertì il rombo di un motore alle sue spalle e si voltò appena in tempo per vedere l’auto sfrecciargli a pochi centimetri di distanza con i fari che squarciavano il manto di umidità che aveva cominciato ad alzarsi dal suolo. La osservò viaggiare veloce sul rettilineo, aspettandosi di vederla sparire in pochi attimi, ma l’auto, percorso un breve tratto di strada si fermò e torno indietro dirigendosi dritta dritta verso di lui.

-Salta in macchina!- disse l’uomo dietro al finestrino abbassato. Jack non ci pensò nemmeno un istante, aprì lo sportello e si sistemò sul sedile del passeggero. L’auto ripartì e Jack prese consapevolezza di non provare il benchè minimo timore verso quell’uomo che, più che offrirgli un passaggio, gli aveva intimato di salire a bordo. L’uomo aveva un viso piatto e scuro e non mostrava traccia né di barba né di capelli, i suoi occhi parevano duri e severi e totalmente concentrati sulla linea infinita dei lampioni. Né jack né l’uomo parlarono finchè la macchina non si fermò di fronte all’insegna al neon di un bar. -Scendi!- disse l’uomo rompendo il silenzio e, chiusa la portiera ripartì lasciandolo lì, di fronte all’ampia vetrata illuminata.

Jack entrò, si sedette al bancone e, con i pochi spiccioli che si era trovato in tasca dopo la fuga, ordinò una birra. Il posto era affollato e allegro, e la gente rideva e schiamazzava in ogni angolo e in ogni tavolo. C’erano professori che parlavano concitatamente con quelli che sembravano operai in tuta da lavoro, uomini d’affari in giacca e cravatta che ridevano saporitamente con donne dall’aspetto formoso e dai vestiti comodi e per nulla ricercati, perfino un paio di bambini che correvano qua e la nascondendosi tra le gambe dei tavoli senza che alcuno si sentisse infastidito dalla loro presenza.

jack stette a guardarli per un po’ sentendo finalmente che la disperazione, che fino a quel momento gli aveva scavato dentro e che l’aveva condotto fino a quel luogo, scemava come il defluire dell’acqua dopo l’alta marea. -Bello non è vero?- disse una donna seduta di fianco a lui che ancora non aveva notato- sembrano felici!- rispose lui ricomponendosi dallo stupore iniziale. La donna  aveva lunghi capelli biondi dai riflessi ambrati e parlava senza staccare lo sguardo dal  bicchiere di Martini che le stava di fronte -guardali bene. Non vi è traccia di tristezza nei loro occhi- a Jack pareva bellissima e la sua voce sembrava venire da un luogo lontano, profondo, all’interno della sua anima -Qui- continuò girando lentamente il capo verso di lui -hanno trovato ciò che la fuori non sono riusciti a realizzare- in quel momento i suoi occhi si fissarono nei suoi: erano azzurri come non ne aveva mai visti prima di allora, luminosi come quando il cielo si rispecchia nell’acqua limpida di un ruscello; -qui la loro sofferenza se n’è andata, hanno trovato pace dopo aver creduto che ci fosse soltanto miseria;- il suo sguardo era più intenso che mai e Jack era come stregato dal tono della sua voce; – puoi rimanere se questo è ciò che vuoi!-

Non c’era bisogno che Jack rispondesse, la donna si alzò e uscì scomparendo nella strada; lui rimase al banco ancora qualche minuto, poi si alzò prese il suo bicchiere e si sedette a tavolo più vicino. In mezzo alle risate felici degli altri clienti si perse completamente e la gioia gli riempì l’anima.

Trovarono il corpo di Jack il mattino seguente, era rannicchiato su una panchina del parco pubblico sulla quale si era addormentato, probabilmente stremato dalle molte ore di cammino. Chi lo trovò riferì che il suo viso, nonostante il pallore della morte, mostrava traccia di alcun dolore, e che anzi sembrava sorridere sereno e felice.

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