25. L’Incappucciato

Genere: Fantascienza

Il cavaliere era all’inseguimento dell’Incappucciato da qualche settimana quando scorse, ad ovest, un piccolo villaggio abbandonato nell’arido deserto. Da quando era partito aveva visto luoghi oscuri in cui la sopravvivenza era messa a dura prova come le paludi di Takama, zona soprannominata “morso del diavolo” per la vastissima quantità di specie di serpenti presenti. Ma almeno c’erano piccoli gruppi di povera gente, cacciatori, invece nel Deserto dell’Ovest non c’era praticamente niente. Trovare un villaggio abitato lì era visto come una benedizione. Quando ci arrivò vide che, piantata al centro del paese, c’era la bandiera nera dei Vibril, il popolo dei Dominatori. Da quando erano state trovate le risposte alle domande universali, gli stati di tutto il mondo avevano tentato si utilizzarle a scopo di conquista, col sogno di poter, un giorno, dominare il mondo. Ma il risultato delle centinaia di guerre scaturite da questo era stato solo la creazione di due grandi alleanze: gli Erghos, ai quali apparteneva l’uomo e i Vibril. Il cavaliere era l’unico sopravvissuto dell’ultima, decisiva battaglia, che aveva eletto i Vibril dominatori del mondo. Era stato ferito e l’ultima cosa che ricordava era di aver visto molti suoi amici morire. Poi, il nulla. Non ricordava nulla nemmeno dei giorni precedenti, come se il colpo gli avesse fatto perdere la memoria. Si era svegliato senz’armi ne armatura, probabilmente erano state prese dai Vibril pensando che l’uomo fosse morto. Gli Erghos erano stati uccisi o fatti schiavi: il cavaliere probabilmente era l’unico rimasto libero. L’uomo sperava che la sua famiglia stesse ancora bene, pregava perchè la sua casa fosse rimasta integra ma da quando la religione mondiale era diventata l’ateismo, nessuno credeva più a queste cose. Il cavaliere si aggirò sospettoso per il villaggio e notò, sorpreso, la presenza del cadavere di un guerriero Vibril adagiato sulla sabbia. I Vibril erano soliti ripulire il campo di battaglia una volta finita uno scontro e questo rendeva la presenza di uno di loro morto insolita. L’uomo si avvicinò al corpo, guardò per un po’ il teschio sporco per poi prendere la spada arrugginita del guerriero. Quand’era partito all’inseguimento dell’Incappucciato, non gli era venuto in mente di prendere con se’ delle armi, e solo alla seconda settimana di viaggio s’era accorto del problema. Il cavaliere aprì il suo zaino, ne estrasse una borraccia, mangiò un po’ di pane e s’addormentò non senza difficoltà: resistere al caldo torrido del deserto non era un impresa facile. All’alba era già sveglio e pronto a partire. Recuperò il suo zaino e riprese l’inseguimento, puntando verso le montagne, a ovest. Sperava di trovare le risposte che cercava prendendo l’Incappucciato, ma non era sicuro della riuscita del piano. Alle cinque del pomeriggio l’uomo si riposava ai piedi delle montagne. Non voleva sprecare l’acqua rimasta nelle tre borracce perchè non sapeva se ne avrebbe trovata dell’altra sulla cima. Per un attimo gli sembrò di scorgere l’Incappucciato che si arrampicava, ma probabilmente si era sbagliato. Liberò il cavallo, prese lo zaino, si mise la spada leggera e splendente alla cintura ed iniziò ad inerpicarsi sulle rocce. Aveva ormai quarant’anni e le sue ossa scricchiolavano mentre saliva sudando. Circa due ore dopo trovò un anfratto nella roccia dove accese il fuoco, si sistemò sulla pietra e cadde addormentato. Era ormai mezzogiorno quando si svegliò e si sorprese non poco di trovare l’Incappucciato ad aspettarlo sulla soglia della piccola caverna. Il cavaliere appoggiò a terra lo zaino con un tonfo e preso dalla paura, estrasse la spada striata d’arancio ruggine e la puntò alla gola dell’Incappucciato, che non si mosse e non proferì parola. “Eccoti finalmente” disse con voce tremante il cavaliere. L’Incappucciato, lentamente, alzò il braccio, afferrò la punta tagliente della spada del guerriero e con uno strattone la buttò a terra. Il rumore del metallo echeggiò in tutta la caverna. Un po’ di sangue uscì dalla mano dell’Incappucciato, ma sembrò non farci caso. “Tu sei il Sopravvissuto” disse poi. “Tu puoi cambiare tutto”. Parlava sottovoce, come se qualcuno li stesse spiando. Poi gli lasciò in mano un biglietto. Il cavaliere aprì il foglio spiegazzato e lesse il contenuto, ma quando rialzò lo sguardo l’Incappucciato era sparito. L’uomo non si mosse dalla caverna per tutto il giorno, pensando al significato del messaggio. Non sapeva cosa fare ed era all’oscuro del senso del messaggio. Notò che era stato scritto con del sangue. Il messaggio diceva:

 

UNA VITTIMA PER LA VERITA’

Il cavaliere riuscì ad addormentarsi solo a notte fonda, ma quando si svegliò si sorprese di non essere più nell’umida caverna nella quale aveva passato due notti, bensì si trovava nel suo villaggio natale, davanti a casa sua. Le ombre fresche delle betulle del lungo viale lo fecero sentire rigenerato e l’uomo era felice di essere tornato a casa, ma capì subito che c’era qualcosa che non quadrava. Vide sua madre sdraiata sull’amaca, i suoi fratellini giocare allegri mentre il padre stava a guardare i passeri che volavano liberi nel cielo. Stranamente suo zio non c’era. Uno squarcio si formò nella mente dell’uomo, iniziava a ricordare. Questa scena l’aveva già vista. Era successo il giorno prima della partenza per la Grande Guerra. Mentre si avvicinava allo steccato di casa sua improvvisamente tutto si fermò. I suoi parenti sembravano essere diventati statue di pietra che dopo qualche secondo girarono all’unisono la testa verso di lui. Lo stavano fissando. Stavano aspettando qualcosa. Ma cosa? Il vento tutt’a un tratto smise di soffiare. Alle sue spalle sentì poi l’Incappucciato, che gli disse: “Una vittima per la Verità…”. L’uomo non si voltò, ma il suo volto era diventato un quadro d’orrore e tristezza. Aveva capito. L’Incappucciato gli stava offrendo la possibilità di capire il Tutto, di tornare indietro. Come voleva il cavaliere. Ma avrebbe retto la Verità? O sarebbe stato schiacciato dal peso della Conoscenza? Non lo sapeva. Si girò, trovandosi faccia a faccia con l’Incappucciato. Tutto era fermo e silenzioso, si poteva sentire solo il respiro affannato del cavaliere. Ora doveva scegliere. Non sapeva come stavano davvero le cose, se la sua famiglia stesse ancora bene oppure no. Forse aspettavano il suo arrivo, o forse erano morti, o diventati schiavi dei conquistatori. Inoltre, la forza della Verità universale avrebbe potuto ucciderlo, come aveva fatto con molti suoi antenati, ma almeno sarebbe stato sicuro di salvare tre dei quattro familiari. Era ad un bivio. Sulla sua faccia si era delineato un sorriso amaro e lente due lacrime gli solcarono calde il viso. La sua fronte scottava. Avrebbe preferito morire. Chiuse gli occhi e pensò. Pensò alla sua famiglia, alla sua casa, ai suoi amici. Al suo popolo.

E fece la scelta.

Forse in futuro se ne sarebbe pentito, ma doveva rischiare. Disse qualcosa sottovoce, all’orecchio dell’Incappucciato, che sorrise. Gli porse uno strano oggetto e gli disse come funzionava. Il cavaliere lo prese, mirò e premette una strana leva sull’arma. Una piccola esplosione accompagnata da un botto fece spaventare il cavaliere mentre al centro della testa della madre del cavaliere si formava un piccolo forellino. L’Incappucciato, con un ghigno divertito, stette a parlare con l’uomo varie ore fino al tramonto, quando il cavaliere si addormentò. Il mattino dopo si svegliò in casa sua e trovò tutto normale. Notò subito l’assenza della madre (dello zio nessuno sapeva niente…) e l’uomo pianse molto, ma era sollevato: sembrava che tutto si fosse risolto. Si sbagliava. Il giorno dopo fecero irruzione in casa sua cinque guerrieri Erghos con spada e armatura che lo portarono via e una settimana dopo l’Incappucciato con il suo mantello nero osservava divertito la battaglia finale fra gli Erghos ed i Vibril. Avrebbe proposto al cavaliere l’enigma un’altra volta.

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