26. In cambio d’amore

Genere: Avventura

E poi fu anche il suo turno. Glielo disse una volontaria vestita di rosso in una soleggiata mattina d’inizio estate. Un cielo terso, d’un azzurro limpido, sovrastava tutta Kibera, la più importante baraccopoli di Nairobi. Era fiero d’essere nato lì: un misterioso filo, fatto d’orgoglio e d’abitudine, lo legava a quelle strade, piene zeppe di rifiuti e di persone. Gli piaceva uscire di casa, se la sua baracca si poteva definire tale, a passeggiare per i vicoli stretti in cerca di nuovi oggetti da analizzare e reinventare, per creare giochi personalizzati che ben presto sarebbero stati invidiati da tutti gli altri bambini. Amava aiutare Baba a trasportare l’acqua, la mattina presto per battere sul tempo gli altri abitanti, e correre con lei verso casa, prima che qualcuno li fermasse per derubarli di quel bene, così scontato ma così prezioso. Baba non era sua mamma, così come Akil non era suo papà. Sef era loro grato per quello che facevano. La maggior parte dei bambini della sua età, rimasta orfana, viveva per strada, abbandonata a se stessa. Gli orfanelli venivano sfrattati dalle loro baracche e finivano col trasferirsi definitivamente alla discarica, nella parte peggiore di Kibera, dove vivevano grazie agli scarti degli Abitanti, gli uomini e le donne della Città. Akil e Baba, invece, l’avevano accolto nella loro già numerosa famiglia e lo mantenevano ormai da tre anni. Ciò che non aveva, però, erano gli abbracci di sua mamma – se li ricordava ancora – ed i buffetti affettuosi di suo papà. L’amore e l’affetto che gli avevano dato, che la morte gli aveva sottratto, gli mancavano terribilmente, e mai, pensava, gli sarebbero stati restituiti.

In quel giorno d’estate, una signora apparve sulla soglia della baracca. Akil era fuori e Baba dormiva ancora, sdraiata sul pavimento che, ormai, aveva preso la forma dei loro corpi: era tutto un saliscendi di cunette e solchi, perfettamente complementari alle loro curve anatomiche. Sei Sef?, chiese la signora. Dipende, rispose lui, da ciò che vuole da me. Era terrorizzato. Sapeva cosa facevano quelle come lei, era già successo ad altri due suoi amici: prelevavano gli orfanelli, li rapivano, li sottraevano dalla loro casa e li mandavano a vivere con gente sconosciuta per trenta albe e trenta tramonti e, poi, nessuno li rivedeva più. Tu sei un bambino fortunato, gli disse, una coppia di Milano vuole adottarti, per darti un futuro. È raro che qualcuno voglia adottare un bambino di dieci anni: tutti preferiscono quelli più piccoli, di pochi mesi o al massimo di due o tre anni. È un’occasione che non devi perdere, probabilmente è l’unica occasione della tua vita per andartene da questo posto. Non è questo che tutti voi sperate? Sef era sconvolto, una nuova vita? E chi l’aveva chiesta? Non che fosse felice al cento per cento lì a Kibera, ma era casa sua, il posto in cui era nato, e tutto sommato se la cavava. E Milano? Ma che nome è? E poi cos’è? Un quartiere di Nairobi? O un’altra città dell’Africa? E quale strana coppia avrebbe voluto far viver con sé uno che non aveva mai incontrato prima? E i suoi amici? Quando li avrebbe visti? Non se ne parla, disse, non mi muoverò mai di qui. Grazie molte, ma se lo può scordare. E così dicendo prese un grande pannello di plastica verde, che faceva da porta, e chiuse fuori la signora.

Quando il sole raggiunse la massima altezza nel cielo, ed il tetto della baracca quasi iniziò a sciogliersi in quell’afa insopportabile, Sef uscì, in cerca di un posto più fresco in cui trascorrere il pomeriggio. E quando varcò la soglia la vide, seduta per terra poco più in là, all’ombra d’un ombrellino pieghevole, che lo fissava. Non se n’è mai andata?, pensò, eppure ero stato chiaro. Ma prima che potesse aprir bocca lei s’alzò, si diresse verso di lui ed estrasse dalla borsetta una fotografia. Gliela mostrò: un uomo e una donna sorridevano all’obiettivo, con alle loro spalle una costruzione bianca, tutta torri e guglie, circondata da una grande piazza. Rimase colpito dal sorriso della donna, incredibilmente simile a quello di sua mamma, eppure le due donne erano così diverse. Ma qualcosa, in quel momento, dentro di lui scattò: se quella era la coppia che voleva adottarlo, forse valeva la pena, almeno, conoscerla. La Signora, probabilmente, intuì i suoi pensieri, perché gli disse: “Sono contenta che tu abbia cambiato idea. Avresti sprecato la più grande opportunità che ti sia mai stata offerta”. Ed ora come funziona?, le chiese Sef. Tra dieci giorni Marta e Lorenzo verranno qui, staranno per un mese in un albergo qui vicino e ti verranno a trovare tutti i giorni. Poi, se tutto andrà bene, andrai con loro a Milano.

Quando li incontrò di persona la prima volta gli sembrarono davvero bizzarri. Abiti impeccabili, capelli tutti pettinati, ed un profumo di buono, di pulito, che gli piacque da subito. Con l’aiuto della signora iniziarono a comunicare, parole di base naturalmente, e più cose scopriva di loro più era curioso di conoscerli meglio. Ciò, però, lo spaventava perché sentiva che lentamente, dentro di sé, si stava dividendo: una parte di lui si sentiva colpevole perché credeva di tradire Baba e Akil, i suoi amici e la sua città; l’altra parte di lui, invece, si sentiva privilegiata per l’occasione che gli era stata data ed era piena di speranza perché, lo credeva, quei due sarebbero potuti davvero diventare i suoi due nuovi genitori e, forse, avrebbero potuto colmare quel vuoto che da tre anni sentiva dentro di sé.

E quando i trenta giorni passarono, e giunse il momento di salutare Kibera, la nostalgia di casa in lui era così forte, da fargli odiare quella coppia che, sbucata dal nulla, in cambio d’amore gli stava per sottrarre tutto ciò che aveva da sempre. Non essere triste, gli dicevano, potrai scrivere a Baba e Kamil quando vorrai, per mantenervi in contatto. Ma ciò che, più di Baba e Kamil, lo tratteneva a Kibera, era il ricordo dei suoi genitori, che lì l’avevano cresciuto e che, ora, stavano per essere sostituiti da Marta e Lorenzo. L’ultima sera, prima di partire, si arrampicò sul suo solito albero e fissò per l’ultima volta le stelle di Kibera. Pensò che, in fondo, un luogo non è altro che un luogo, e che se anche avesse vissuto lì per tutta la vita, Kibera non gli avrebbe restituito i suoi genitori.

Il viaggio in aereo si rivelò un’avventura straordinaria. Marta e Lorenzo erano felici di vederlo così allegro. E anche lui si scoprì contento d’essere con loro e non desiderò tornare a Kibera, perché l’entusiasmo del viaggio, la curiosità d’iniziare una nuova vita e la compagnia di Lorenzo e Marta gli mostrarono tutto sotto una luce diversa, regalandogli di nuovo la felicità che s’era abituato a non avere. E quando i giorni trascorsero, rapidi come non mai, la gioia per la sua nuova vita non lo abbandonò. Non mancarono, certo, i momenti di nostalgia, ma sentiva che casa sua stava diventando un’altra e non era dispiaciuto di ciò.

Una sera, mentre stava guardando la TV in soggiorno, trasmisero un servizio sulle baraccopoli, piaghe delle grandi città di tutto il mondo. Ti manca Kibera? Vuoi cambiare canale?, gli chiese Marta. No, è questa casa mia, mamma.

Votami

28 thoughts on “26. In cambio d’amore

  1. Grazie per aver avuto l’ opportunità di leggere un racconto meraviglioso,mi sono emozionata.

  2. Un bel racconto che ci ha appassionato.
    Auguriamo all’autrice, con la quale ci congratuliamo, di farci leggere altre storie piacevoli, belle e ricche d’amore come questa.

  3. Potrei quasi azzardare che riveli il senso di appartenenza ad un luogo, alle persone, ma sarebbe solo una piccola parte di ciò che si può cogliere. Mi è piaciuto tantissimo :)

  4. racconto ottimo, per la sua sinteticità concorsuale; buona la punteggiatura, che dà un ritmo emozionante; la storia é trattata con grande attenzione, e mette in risalto emozioni e sentimenti, talvolta contrastanti, e di diverse parti, che ci fanno comprendere come la realtà abbia molteplici facce, sfumature ed interpretazioni. Buona l’attenzione a chi soffre sulla sua pelle drammi, che soltanto gesti di profondo amore possono lenire.

Rispondi a Luca Annulla risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>