30. Il sorriso di Sara

Genere: Drammatico

Un profumo dolce e avvolgente mi accarezza ogni volta che mi sveglio. Quelle rose che Thomas mi ha regalato sono davvero bellissime e portano almeno un po’ di colore tra queste pareti bianche.

“È l’ora della chemio!” Ecco la solita vecchia infermiera grassona che ama vedermi soffrire e che inizialmente mi faceva rattristire ancora di più di quanto non lo fossi già.

Ormai sono al terzo ciclo e il mio tumore al ginocchio non vuole reagire e i dottori non dicono altro che “Aspettiamo!” “Bisogna avere pazienza…” “Vedrai Sara! Ce la farai!”

È da quando avevo dodici anni che sento queste parole e ora, che ne ho quattordici, sono diventate come la pioggia su un impermeabile, che non lascia passare neanche una goccia. A questo punto lo so che i medici lo dicono solo perché non ho alcuna speranza di migliorare, ma io non voglio buttare via nessun attimo della mia vita, perché la vita è un dono e come tale non deve essere sprecata.

Certo, non è sempre stato così facile accettarlo, ad esempio quando ho iniziato a perdere i miei lunghi capelli neri o quando ho abbandonato i banchi di scuola. Spesso mi sono chiesta: perché tutto questo capita proprio a me? Perché così giovane? Non sono ancora riuscita a trovare delle risposte a queste domande, ma col tempo ho capito una cosa che riesce a farmi vivere pienamente ogni singolo momento della giornata: devo trascorrere ogni giorno come se fosse l’unico, perché domani sarà diverso da oggi e il tempo che ieri ho sprecato oggi non l’avrò più. Prima di ammalarmi non mi rendevo conto di come il tempo fosse prezioso, perché sembrava essere infinito, anzi, non mi sembrava mai abbastanza. Durante il periodo dell’adolescenza sogni il futuro, ma anche il presente: vuoi trovarti un fidanzatino, decidere una scuola superiore in cui potrai studiare tutto quello che vorrai, ecc. ma con la malattia ho sentito che queste aspettative sarebbero rimaste solo nei miei sogni e che la mia vita non avrebbe avuto un senso; fortunatamente poi le cose sono cambiate e piano piano sono riuscita a vedere il tempo della vita da un’altra prospettiva: non devo fermarmi alla prima difficoltà e anche se non riuscirò a fare tutto quello che desidero almeno proverò a fare cose più semplici, ma che comunque riempiano il mio tempo.

Perciò in questi due anni mi sono data un gran da fare: sono riuscita a gareggiare nelle nazionali di nuoto (il mio sport preferito) e anche se non ho raggiunto un buon risultato almeno ci ho provato,  poi ho costruito dei piccoli giocattoli per ogni bambino dell’ospedale, per regalare a me e a loro un sorriso ed infine ho passato gli esami di terza media – con un bel 9 – anche se i miei studi erano sul letto dell’ospedale e non sul banco di scuola; per questo devo ringraziare le mie professoresse, soprattutto quella di italiano, perché mi ha dato davvero tutta quella forza e quell’allegria che ogni volta ti dà la carica giusta per poter superare qualsiasi ostacolo; è stata davvero di grande aiuto per me e anche se ora sono alle superiori siamo rimaste in contatto.

Non solo lei mi ha aiutato ad affrontare questa grande sfida, ma anche tantissime altre persone, tra cui la mia famiglia. Per mia mamma e mio papà deve essere stato un duro colpo, perché hanno dovuto sopportarmi, cosa che è molto difficile, perché sono molto testarda e molto determinata, infatti quando mi metto in testa qualcosa poi alla fine ce la faccio, anche se non penso ai sacrifici che gli altri hanno dovuto fare per me. Loro però non mi hanno mai fatto pesare la malattia e devo dire che ci siamo sostenuti a vicenda; abbiamo iniziato a parlare e parlare e insieme a divertirci, cosa che prima non facevamo mai, anzi, io e mia madre litigavamo spesso, non eravamo mai d’accordo e lei mi impediva di uscire la sera con le amiche, ma quando ha saputo che davanti a me c’era un ostacolo difficile da superare, è diventata sempre più comprensiva nei miei confronti e a poco a poco il nostro rapporto è migliorato tantissimo. Invece mio papà lo vedevo solo a colazione e quindi le conversazioni erano del tipo: “Buongiorno a tutti! Allora cosa fai di bello oggi Sara? E tu Sergio?” e la mia risposta: “non so…spero che questo giorno passi velocemente”. Ora invece non lavora più così tanto e il tempo che gli rimane lo passa con me e mio fratello e ci insegna come accudire le piante del suo piccolo orticello. E non posso non parlare del mio fratellino Sergio, la mia piccola scimmietta; lui ha appena compiuto sette anni, e si diverte a far disperare tutte le infermiere dell’ospedale (compresa quella grassona!). Oltre al mio piccolo nucleo familiare dovrei ricordare anche i miei nonni, la nonna Pina, gli zii, le zie e anche John, il mio pesce rosso, che sembra non annoiarsi mai a girare continuamente nel suo acquario, proprio come me in questi ultimi mesi. A volte mi chiedo cosa pensano i pesci? Forse cercano di trovare un via di fuga da quei quattro vetri, magari ascoltano i nostri discorsi e vorrebbero consolarci nei momenti di debolezza… Da grande ho deciso che mi prenderò cura di tutti gli animali e mi inventerò un nuovo lavoro: la psicologa degli animali!

Torniamo ai ringraziamenti, lasciando perdere le mie fantasie. Vorrei dire migliaia di volte grazie a le mie due migliori amiche ma anche alle mie compagne di classe, che mi sono sempre state accanto anche se non ho sempre avuto un buon rapporto con loro. Camilla e Bianca però sono sempre state le migliori, fin dall’asilo; abbiamo compiuto la prima parte del viaggio della nostra vita insieme e non ci siamo mai lasciate e non ci lasceremo: abbiamo tutte e tre caratteri opposti ma ci compensiamo a vicenda e ognuna di noi fa la sua parte. E anche se ora non posso uscire di casa così frequentemente, continuiamo a sentirci e la nostra amicizia è ancora perfetta. Però a nessuna delle due ho detto quanto le adoro e che è grazie a loro se ora ho un ragazzo stupendo, che amo tantissimo: Thomas. Ci siamo conosciuti casualmente in ospedale, lui andava a trovare una lontana parente, mentre io ero lì per i soliti controlli: è uno di quelli che chiamano colpi di fulmine, a cui non avevo mai creduto, ma quando ho incrociato quegli occhi verdi e luminosi, non ho potuto dimenticarli e penso sia stato così anche per Thomas. Inizialmente non ci facevo tanto caso, ma dopo averlo raccontato a Camilla e a Bianca, mi hanno praticamente costretto a mettermi insieme a lui. E penso che abbiano fatto bene a insistere perché adesso ogni giorno Thomas viene a trovarmi e nessuno poi riesce più a separarci.

Devo dire che è grazie alla malattia se quel giorno in corridoio ho incontrato Thomas e se dovessi vivere un’altra vita vorrei rivivere sempre la stessa, perché mi sono capitate tantissime cose fantastiche e ho conosciuto persone meravigliose. La malattia mi ha aiutato a maturare, a conoscermi meglio e a capire che non tutto è dovuto ma prima bisogna faticare per meritarsi qualcosa. Nel mio viaggio interiore, mi sono sentita cambiare in meglio, qualcosa dentro di me è successo, ho capito devo affrontare ogni sfida a testa alta, senza cedere al dolore, alla debolezza e alla negatività. Perché il nostro tempo non sarà per sempre, bisogna cogliere l’attimo, vivere il presente poiché ogni giorno è unico e diverso da un altro.

Ma, anche se so che probabilmente i giorni che mi restano sono pochi, non mi deprimo perché i viaggi non finisco mai e l’arrivo diventa poi la partenza per un nuovo viaggio. Questo viaggio è misterioso, nessuno sa come sia il percorso, ma di certo tutti dobbiamo avere il coraggio di intraprenderlo. Un po’ questo nuovo viaggio mi affascina ma ho anche la nostalgia di lasciare tutto quello che ho creato e che ho avuto.

 

Questo racconto è l’introduzione al libro che mia figlia Sara avrebbe tanto voluto scrivere, ma la partenza per il suo nuovo viaggio è iniziata troppo presto, quando lei aveva solo quattordici anni. I suoi ricordi più belli sono il suo sorriso e la sua voglia di vivere, per questo è giusto ricordarla con le sue parole.

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3 thoughts on “30. Il sorriso di Sara

  1. Ci mostra quanto sia facile perdere sogni e ambizioni, ma che possiamo sempre rialzarci e imparare. Davvero bello :)

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