38. Sillabario

Genere: Fuori genere

Qual è stato il primo viaggio della storia? Forse la caotica fuga della materia nei primi microsecondi di vita dell’universo? O forse quella era solo parte di un viaggio già iniziato? Probabilmente non lo sapremo mai. Allora ha più senso chiedersi quando il viaggio abbia fatto capolino nella vita degli uomini. Dov’era prima di incontrare la nostra umanità? Dove va? Qual è il viaggio del viaggio? E’ l’uomo che l’ha creato. Semplicemente dandogli un nome, l’ha fatto essere.

Viaggio. Lo scrivo, lo guardo, lo dico. Perché proprio questo nome, questi suoni, questi segni? Viag-gio.

V         i          a         g         g         i          o         .

 

Perché la V  è un percorso, una strada, che scende inesorabilmente, fino a toccare il fondo del rigo. Ma poi risale, trionfante. La V è simmetrica, è come il piano cartesiano: a sinistra il negativo, a destra il positivo. E ci vogliono entrambe le parti, l’una ha bisogno dell’altra per avere senso, per esprimersi. Vivono in simbiosi. E la loro unione sta proprio in quell’angolo. Acuto, aspro. Ogni andare ha il suo momento di crisi indispensabile per una rinascita. Bisogna cadere per potersi rialzare davvero. Ce lo ha insegnato bene Dante, con le sue fragilità a noi tanto famigliari. Lui è sceso così in basso da arrivare alle porte dell’inferno. E da lì risalire, su, fino all’Altissimo. Nella V c’è tutta la selva oscura, c’è tutto lo smarrimento, che è anche primo elemento della parola Vita. Ma questo spigolo è proprio particolare. La A per esempio la possiamo scrivere anche se addolciamo il suo vertice in una curva. Non perde il suo suono, è ugualmente A. Ma lo spigolo, per la V, è talmente importante che se lo togliamo cambiamo la sua natura e la trasformiamo in una U.

Ma non dobbiamo dimenticarci di tutto quello che ci aspetta dopo questa spigolosa depressione. La Voglia di risalire, di migliorare. Il Vento che ci fa Volare.

 

La i è dritta, semplice e sicura di sé. Non ha bisogno di piegarsi di fronte a nessuno. Il suo cappello le dà una certa originalità, ne definisce la personalità. Basta un piccolo colpo però a capovolgerla ed ecco un punto esclamativo, come un grido. Perché un viaggio ti fa urlare, di gioia e di terrore. Non è un sussurro. Non è il solito dire. Non ti lascia neutro.

Punto esclamativo: segnale di pericolo. La i è il lupo nel viaggio di Cappuccetto Rosso, è il rischio conscio e inconscio che si corre e rincorre. Il pericolo ci può mangiare. E solo qualcuno che ha le giuste armi ci può salvare. Anche nell’avventura gli altri sono un’àncora di salvezza, se solo si è disposti a lanciare l’S.O.S.

 

Se l’uomo, nonostante il rischio, si mette in cammino incontra la a. E’ una lettera che incuriosisce. É curvilinea, piccola ma complessa. Ripiegata su sé stessa, come a custodire il suo occhiello. Perché l’andare nel mondo è anche un viaggio interiore, di riflessione su di sé. E la a non è che il risultato di questa operazione. Prendere coscienza delle nostre qualità per non smarrirle nell’immensità angosciante del foglio bianco.

Ogni lettera è un copione teatrale che fa recitare labbra, lingua e denti. Movimento e suono. aaa… Cos’è se non un’apertura? La a ci lascia la bocca aperta. É lo stupore dell’incontrare la novità nelle persone, nei luoghi, nelle esperienze. Viaggiare vuol dire fidarsi e lasciarsi stupire. Avere l’umiltà di tornare bambini.

Ma anche aprire una realtà per ricavarsi uno spazio, aprirsi agli altri per lasciarli entrare.

 

Poi c’è la g, nel mezzo della nostra parola. L’onfalos greco, l’ombelico del mondo: su questa lettera centrale si regge l’intero mondo dei viaggi. Un segno originale ed estremamente intelligente. Perché la g ha trovato uno spazio nuovo. Non c’era posto sul rigo e allora ha sfondato il suo confine invadendo il bianco della linea sottostante. La g di viaggio è proprio la capacità di uscire dagli schemi, di essere intraprendenti, di trovare soluzioni nuove ai problemi di sempre. Per la penna è una strada lunga e minuziosa. Un percorso faticoso insomma, fatto di curve e risvolti. Perché quando si parte non c’è una strada certa, tutto può cambiare, c’è sempre un tornante ad aspettarti. E allora il cammino si può allungare. Come per Ulisse che è costretto a rimandare continuamente il ritorno all’amata Itaca. Polifemo, la maga Circe, Calipso…sono tutte le pieghe inaspettate che rendono il suo epico viaggio tale. La g spesso ci fa smarrire la direzione, ci fa perdere le posizioni che avevamo raggiunto con fatica. E ci toglie le certezze.

In viaggio questo percorso di curve si ripete due volte. Come in Coraggio che in fondo non è altro che la capacità di sapersi adattare alla paura e al pericolo di un’avventura.

 

Anche la i si ripete. La riguardo. È la stilizzazione estrema dell’uomo. Un segno verticale. Se la a è il percorso di conoscenza di sé stessi, le i sono invece il rapporto con gli altri. Un viaggio cambia radicalmente in base alle persone che via via incontriamo, con le quali intrecciamo legami e relazioni.

Però sopra l’uomo, semplice tratto verticale, c’è il puntino. É l’unico elemento di tutto l’alfabeto che non appoggia sul rigo. Il punto sulla i sa volare. Più che cerchio, è sfera; più che completezza, è perfezione. La i di viaggio, come quella di vita, è un’occasione per riflettere su quel qualcosa che sta sopra l’uomo, sull’Altro, sul Divino.

 

Siamo ormai alla fine del nostro viaggio e incontriamo la o. Il cerchio, la ciclicità. Non implica forse la partenza sempre un arrivo? Il tornare non è forse un ultimo andare? Un gioco di opposti che finiscono per sovrapporsi e confondersi. Così, spesso un viaggio è un tornare sui propri passi, ritrovare le origini dalle quali ci si era staccati. Come è stato per Gauguin che ha disperatamente viaggiato per farci rincontrare quell’origine che avevamo perso nella memoria.

La vita è un ritmo, un allegro di arrivi e partenze: le esperienze si susseguono riproponendoci sempre in sfumature diverse le gioie e le fatiche del vivere. E alla fine c’è un punto fermo. Sempre.

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11 thoughts on “38. Sillabario

  1. Sum Ergo Scribo !…
    la scrittura raccontata…

    invertendo i fattori il prodotto cambia eccome
    e merita il numero 1

  2. Un racconto che, più che fuori genere, è fuori dall’ordinario.
    Decisamente originale e ben scritto, complimenti!

  3. Fantastico! Conoscendo anche il dietro le quinte del semestre in Costa Rica (io ci sono stata un anno) non posso che descrivere il tuo racconto geniale. Hai davvero colto nel segno, complimenti!!!

  4. Nonostante sia scritto molto colloquialmente (troppo per i miei gusti), risulta gradevole e soprattutto originale. Bell’idea!

  5. Bello! Man mano lo si legge si diluisce l’impressione di troppa, come dire, rigidità scolastica delle prime righe e si entra nella logica del racconto che resta austero ma con una buona fluidità. Formale e logico pur trattando di metafisica.

    Ci si sofferma sulle parole e sulle emozioni del segno e si immagina la descrizione della lettera seguente. Si resta a volte sorpresi ed a volte concordi, sempre interessati.

    Ottima idea ben sviluppata.

    Complimenti!

    Mi piacerebbe leggere altro dell’autore, con maggiore libertà all’enfasi, vedere di più la sua umanità dentro l’ottima coerenza analitica.

  6. Bello!
    Un racconto che guarda “dentro” mentre troppo spesso ci si limita all’esteriorità delle cose, delle parole, delle azioni, delle persone.

  7. V eramente
    I ncredibile,
    A ssolutamente
    G randioso,
    G eniale,
    I ntenso,
    O riginale!

    Hai colpito nel segno. Letteralmente!

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