51. Speranza rosa

Genere: rosa

Ora sono persa, ora sono morta.

Io, su di una sedia vacillante nell’ampio soggiorno,intenta a scrutare la parte ombrosa della stanza,cercando di trovare una rassicurante risposta, dando le spalle a quella illuminata; ero persa, ero morta.

Vorrei che qualcuno badasse alle mie lacrime! ma era inutile: erano inghiottite dal buio asfissiante della penombra come me stessa: immobile, a pugni chiusi, palpitante di una rabbia feroce.

Sguardi fuggevoli, spasimi, attenzioni mancate o concesse a metà; spesso mi investiva la domanda” perché non desistere quando ogni cosa è ormai del tutto ovvia?” Niente da fare: la mia testardaggine era suprema, il mio buon senso era nullo.

Fa freddo: non sento calore; prendevo a sfregarmi con forza le mani sulle braccia; mani, braccia così come tutto il corpo, irrigidite per il primo freddo autunnale.

Bastava che mi alzassi, che accendessi il camino e mi sarei sentita certo meglio.

Ma a quale pro? Ormai avevo perso tutto: non posso più rivederlo, né quest’anno, né mai più, non c’è speranza: me lo impedisce il Destino, divinità punitrice. Ma qual è la mia colpa? Io non ho colpa di nulla, sono innocente, ma la mia pena è rimanere per sempre in questa prigione nera: sono vittima di un’ingiustizia!

Udivo le ore gravi e cadenzate dell’orologio a pendolo.

Il camino. Il camino,motivo di allegrezza e di serenità fino all’autunno precedente, è spento: è come se questa tempesta nera ne avesse divorato e annientato le fiamme rosse di vita, la mia vita!

Grondante di lacrime alzai il viso, che stava fissando senza meta le mattonelle sbriciolate del pavimento, e guardai il mobile. Sì, proprio quello sul quale giaceva abbandonata nello spesso strato di grigia polvere la fotografia, la fotografia di lui.

 

Dopo che ebbi conquistato una qualche forza, avendo combattuto con l’inizio del gelido inverno, mi ero alzata dalla solita sedia, mi ero avvicinata al mobile, avevo preso tra le mani, per la prima volta, la fotografia; raggiunsi il lato della stanza illuminato dalla luce fioca che penetrava a fatica dai buchi delle tapparelle serrate; le mani tremavano d’emozione. Appena rividi il suo volto unico, percepii lievemente una sensazione bellissima: il mio gorgoglio invernale venne trafitto ancora, dopo così tanto tempo dalla freccia piacevole di quel qualcosa di soave e beato.

Quale bellezza addolcisce la carnagione scura dentro ci sono quegli occhi che non ho mai visto così bene vicini portano in spazi indefinibili vivo sospesa volo non so dove sto andando! Non sto andando da nessuna parte: sono stabile, colta da una pazza utopia: non li scoprirò mai quegli occhi, non c’è nulla; forse mi sono ferita da sola, lacerata dalla mia illusione, dalla sua voglia di derisione o dall’adolescenziale indecisione di entrambi. “Basta,basta,basta!” la mia rabbiosa cattiveria scosse l’aria ferma della stanza. Un tenue cinguettio esplose da fuori; immediatamente urlai: ”Basta. Voglio silenzio, non voglio sentire alcun suono: mi dà troppo tormento!” Così mi rifugiai in una stanza ancora più interna della mia Casa dove ogni suono, ogni colore, ogni sorriso venivano uccisi dal mio chiasso silenzioso.

 

Di fuori era sbocciata la primavera: un cielo azzurro e sereno abbracciava una natura placida e fertile. Ma quanto aspettavo ad uscire dalla mia Vecchia Casa?

Mi trovavo sul divanetto, troppo ligneo e con i cuscini dalla tela logorata; fingevo di riposarmi.

D’un tratto osservai che, dai buchi delle tapparelle (ancora serrate) infilzavano l’aria densa della stanza insoliti (davvero erano insoliti?) spilli di luce: i fulmini in un temporale; una punizione.

Ma cosa avrò fatto!? Una lacrima quasi impassibile mi rigò il viso quasi asciutto.

Ormai arresa ad accettare l’effettiva possibilità  di quella delusione sentimentale, presi a riflettere davvero sul mio stato: è possibile vivere per sempre in una stanza chiusa, annegata nel nero opprimente? Fu come una scintilla che mi riportò a voler rinascere: “i colori, devo trovare i colori,colori nuovi, perché i colori presenti giacciono morti. Dove li trovo? No, non qua dentro! ma allora..” gli occhi sbarrati, tesi e diretti verso la porta, la massiccia porta sprangata.

Un guizzo breve ma profondo formò la fossetta sinistra che dischiuse la bocca ghiacciata in una timida tiepida tenera mezzaluna di sorriso“..sì, là fuori, solo là fuori!”

Voltai lo sguardo verso i fulmini; capii che quelle saette non potevano ferire.

Perciò trepidò il cuore nel riconoscere la mitezza e il calore di quei raggi di sole che scaldavano le mattine della scorsa primavera.

“E’ già passata, ma li scalderanno ancora, ancora, per sempre!”

 

Uscii immediatamente; il vento tiepido e piacevole vola e danza attorno a me: lo sento sulle gambe pesanti, sul busto annichilito,sulle braccia stanche.

Corro; riscopro il mio incredibile vigore. Corro, libera, leggera; il volto illuminato dalla gioia deliziosa. Profumi sfumati e pieni di allegria riempiono i miei sensi, ancora vivi, rinati. Il quarzo e l’amaryllis, l’ametista e la mimosa, il topazio e la zinnia, dentro il verde rigoglioso dei prati serpeggianti e tra le acque limpide della fontana zampillante. Magia della primavera: è rifiorita la vita!

Stavo scoprendo che quella natura con i suoi colori mi aveva sempre circondata, tale e quale; ma i miei occhi nocciola ora brillavano di una luce nuova, fantastica. Soltanto in quel giardino, il mio giardino avrei potuto ritrovare la speranza! Ero felice, ma quando i miei occhi si posavano sui coriandoli delle aiuole e sulle perline variopinte delle siepi di cespugli, solcati dalla luce di miele del sole e rinfrescati dalla brezza gentile, e percepivano una bellezza troppo perfetta, quasi innaturale, lo ero troppo. Ecco perché i miei occhi d’impulso si allontanavano e ricercavano qualcosa di diverso, di più vero: in alto tra i rami, sorridevano sinceri tra piccole ammaccature fiori di pesco.

Quando li intravidi dal mezzo del giardino fu la loro bellezza d’insieme, radiosa nel loro delicato rosa, che mi colpì. Poi, osservati più da vicino, nonostante le loro imperfezioni, ci fu qualcosa di indefinito che mi spinse ad apprezzarli davvero.

Ne tagliai alcuni rametti,tornai a Casa; aprii le finestre e la porta d’entrata: presto la luce del sole, lì dentro avrebbe squarciato le tenebre e ogni cosa avrebbe ritrovato sé stessa.

Posi i fiori di pesco in un vaso di vetro azzurro con dell’acqua e lo adagiai sul mobile, già ripulito con cura dell’antica polvere.

Quei fiori erano così morbidi e graziosi dipinti di un fantastico rosa pastello.

Subito capii che i miei occhi erano estasiati per la loro soavità, che era come se vivesse soltanto perché il rosa pastello li accarezzava, coccolava e proteggeva con delicatezza nei loro difetti. C’erano i fiori di pesco: Il suo sguardo misterioso, ammaliante, energico nel velluto degli occhi faceva germogliare grazie a un tepore emozionante i miei profondi territori aridi. Eravamo impacciati: c’era la volontà ma ancor più la preoccupazione che gli occhi dell’uno vivessero per un attimo, breve ma intenso in quelli dell’altro; il suo sguardo spinto da una timida ritrosia e da un timore sereno cercava talvolta di fuggire il mio, sincero, desideroso di trattenere, di vivere e di scoprire quegli occhi nella loro affascinante essenza. Per la prima volta avevo trovato una meravigliosa soavità che viveva proprio in quei suoi piccolissimi difetti, senza i quali la sua sconvolgente bellezza non sarebbe stata così preziosa.

“Io ci crederò sempre: la mia speranza non potrà mai morire!” pronunciai con forte melodia. Sfiorai dolcemente i fiori di pesco e mentre ripresi a rivedere nella mente i ricordi della primavera passata, con un sorriso lieto sulle labbra tiepide, quel loro profumo di fragola, vaniglia e lavanda, mi inebriava.

E’ come se lì, accanto alla fotografia di lui, dentro una cornice dorata, il rosa dei fiori di pesco, dipingesse quei miei soavi ricordi, e dunque anche le mie attuali intenzioni, altrettanto soavi;perché soltanto il Rosa è il colore di una profumata, genuina, emozionante amicizia.

Votami

One thought on “51. Speranza rosa

Rispondi a Annamaria Bonomi Annulla risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>