52. Il vecchio senza nome

Genere: realistico

Il vecchio arrancò faticosamente fino a quella panchina di pietra che agognava da ore e si accasciò esausto. Gli anni cominciavano a farsi sentire e le membra un tempo scattanti erano lente ed intorpidite. Il sole di mezzogiorno brillava e scaldava quel sentiero senza alberi rendendo il clima afoso e insopportabile. L’uomo ispezionò la sua sacca, cercando di trovare qualcosa da mangiare e rimediò due pezzi di pane secco e una borraccia d’acqua mezza vuota. “È ora di tornare in paese” pensò. Di sicuro avrebbe trovato qualche buona donna compassionevole disposta a dargli un po’ di provviste. Tutti lo conoscevano come il ‘vagabondo’. In realtà Giorgio un nome ce l’aveva, ma ormai non importava più nemmeno a lui. Aveva viaggiato tutta la vita per inseguire ora un sogno, ora un altro, aveva vissuto sempre il presente senza mai preoccuparsi del futuro, che era arrivato così all’improvviso insieme alla sua vecchiaia e alla sua povertà.  Aveva visto più luoghi di tutti gli abitanti del villaggio in cui era nato, era passato in mezzo a terribili guai, come quando si era perso nella foresta per giorni e si era dovuto cibare dei frutti che trovava sugli alberi, ma anche ad incontrollabili amori e speranze, che spesso non era riuscito a realizzare. Non aveva mai avuto una casa perché il mondo era la sua casa, nulla aveva segreti per lui. Ormai però si limitava a passeggiare nei dintorni del paese, facendosi aiutare dalle stesse persone che per tutta la vita l’avevano guardato con un misto di curiosità e di diffidenza. Molti gli proponevano un alloggio o si offrivano di ospitarlo, ma il vecchio aveva sempre rifiutato. Rinunciare alla sua libertà significava rinunciare a tutta la sua vita, che era stata un viaggio senza fine. Nei momenti di lucidità si chiedeva che senso avesse viaggiare ormai. Un viaggio senza una meta è come una stanza chiusa a chiave. Ci si sforza di entrare per curiosità ma non si può sapere se al di là della porta c’è il più grande tesoro del mondo o se non c’è nulla. Ecco l’impressione che aveva il vecchio era di aver lottato tutta la vita per aprire una porta, ma ora che era finalmente entrato nella stanza non era del tutto sicuro di aver trovato qualcosa. Si assopì sulla panchina sotto il sole, sognando la sua giovinezza.

 

“Dici che è sveglio?”

“Mm, non saprei. È stato parecchio al sole e l’età è quella che è. Provo a chiamare l’infermiera.”

Giorgio aprì gli occhi a fatica, illuminato da una luce troppo bianca per essere quella del sole e sdraiato su un letto troppo comodo per essere uno dei soliti fienili. Sentiva un odore acre di plastica e di lenzuola e l’orizzonte era delimitato da spoglie pareti bianche. Con sorpresa si accorse di un visino curioso a pochi centimetri dal suo letto, che lo osservava. Un bambino con grandi occhi spalancati si alzava sulle punte per poterlo guardare meglio.

“Ciao” gli disse. “Finalmente ti sei svegliato. Sai da quanto dormi? Ti ho trovato io, lo sai? La mamma mi ha detto che sono stato bravo perché stavi male, ma che non devo toccarti perché chissà che malattie hai preso dormendo sempre per terra. Ma davvero dormi per terra? Io non credo che sia tanto comodo, però una volta un mio amico mi ha detto che … “

Con uno strattone una donna tirò via il bambino dal letto del vecchio dandogli uno schiaffo e con una voce roca e sgradevole lo rimproverò: “Sei uno stupido disobbediente. Cosa ti avevo detto?”.

In un tempo che gli sembrò di pochi secondi il vecchio si ritrovò di nuovo solo e provò ad alzarsi. Un capogiro improvviso lo obbligò a sdraiarsi di nuovo, nel momento in cui entrava un’infermiera piuttosto distaccata ed insignificante a controllare come stava. Dopo di lei entrò nella stanza un giovane medico che lo visitò frettolosamente senza nemmeno chiedergli il suo nome. Forse anche lui lo conosceva come il vecchio ‘vagabondo’.

Giorgio voleva assolutamente andarsene di lì ma non trovava più le forze. Si sentiva prigioniero del suo stesso corpo, che non gli permetteva più di inseguire i suoi desideri. Chiuso in quel piccolo ospedale silenzioso si sentiva persino solo, cosa che non gli era mai capitata in tutta la vita: era sempre stato uno spirito libero, indipendente da tutto e da tutti, ma ora, in quelle condizioni, si rendeva conto di non avere nessuno su cui contare davvero. Ripensò a quel piccolo ed esuberante bambino, l’unico che gli aveva rivolto qualche parola da quando l’avevano rinchiuso lì dentro. Giorgio non aveva mai voluto una moglie, tantomeno dei figli. Aveva sempre visto tutto come un vincolo alla sua voglia di conoscere e di esplorare. Una donna era stata importante nella sua vita, ma appena si era accorto che provava nostalgia per lei nei suoi viaggi, se ne staccò per paura di dover rinunciare alla sua libertà.

“Signore! Signore!”

Una vocetta squillante svegliò Giorgio.

“Si sta annoiando? Le ho portato dei libri e qualche dolcetto, non so come si mangi qui, ma non credo molto bene! Io mi chiamo Federico e lei? Tra poco la dimetteranno perché si è trattata solo di una solazione credo. Non so bene cosa voglia dire ma di sicuro non è nulla di grave …”

“Un’insolazione, eh? Mai presa un’insolazione in ben settant’anni di viaggi. Pensa te se dovevo prenderla proprio ieri. Io sono Giorgio, comunque. Non preoccuparti troppo, ne ho passate di peggiori di questa …”

“Ad esempio, signore?”

Il vecchio guardò il bambino che aspettava trepidante la sua risposta, spostando il peso da un piede all’altro, e iniziò a raccontargli meravigliose avventure in mille luoghi diversi, in boschi, laghi, villaggi lontani e campagne. Il piccolo lo ascoltò per ore e andò a casa con gli occhi pieni di novità e la mente piena di sogni, ripromettendosi che da grande avrebbe viaggiato anche lui per il mondo.

Nei giorni successivi il bambino andò a trovare di nuovo il vecchio, che si riprendeva molto in fretta. Parlavano tutti i pomeriggi negli orari di visita, mentre la mamma pensava che il figlio fosse a fare i compiti dai vicini. Per lo più il bambino ascoltava incantato i discorsi del vecchio, che aveva alle spalle tante esperienze, facendo le domande più strane e impensabili. Un giorno gli chiese: “Ma signore, lei ha mai visto il mare?” Il vecchio disse di sì, che l’aveva visto tante volte. E il bambino rispose:”E ha mai trovato il tappo per svuotarlo? Sa perché un mio amico mi ha detto che suo papà un giorno l’ha aperto e rischiava di risucchiare tutta l’acqua. Da grande andrò di certo a cercarlo.”

Poche settimane dopo Giorgio venne dimesso, per la gioia dell’infermiera che preferiva starsene seduta a leggere il giornale piuttosto di assistere i pazienti. Era tornato abbastanza in forma da poter ripartire per un po’ di tempo, per tornare nella sua solitudine, ma c’era una nuova esigenza che lo frenava. Aveva voglia di raccontare le sue avventure, senza più viverne altre, magari seduto su un divano nella sua casa, con qualcuno che avesse voglia di ascoltarlo. Per la prima volta nella sua vita sentì il bisogno di avere un punto di riferimento, senza affidarsi sempre a sé stesso e all’ignoto. In più ora aveva trovato un nuovo piccolo amico, che aveva voglia di ascoltarlo e di fargli compagnia proprio come un nipotino.

Giorgio decise di stabilirsi nel villaggio e accettò una piccola casetta da un suo lontano parente  poco dopo essere uscito dall’ospedale.  Diventò un simpatico vecchietto che cercava di recuperare i tanti anni vissuti in solitudine. Federico, invece, una volta diventando grande partì per un viaggio, promettendogli di ritornare.

Una sera qualcuno suonò al campanello della sua casa. Giorgio andò ad aprire pensando di trovare il vicino o magari la gentile signora che gli portava la spesa. Aprì la porta e si trovò davanti un bel giovane, con grandi occhi curiosi, che non erano cambiati negli anni, che gli disse: “Buongiorno, signore”.

Il vecchio e il giovane parlarono fino a notte fonda, mischiando le esperienze di due generazioni, parlando di viaggi, di addii, di case e di nostalgie, uniti da un’amicizia senza età.

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5 thoughts on “52. Il vecchio senza nome

  1. Rem tene, verba sequentur
    Catone
    (prima di tutto)Tieni fermo il concetto(l’idea), le parole lo seguiranno.
    Il tuo racconto è molto ben strutturato, a mio parere sei riuscita a renderlo molto realistico. Mi è piaciuto molto leggerlo, complimenti!

  2. Bel racconto, con dialogo, amicizia e complicità tra le due età estreme della vita incantevoli. Concreto, scorrevole e ben articolato. Mi piace. Brava!

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