71. L’uomo che sfidava il sole con lo sguardo

Genere: monologo

<<Tu verrai su con me, e verranno i tuoi amici che rubano la frutta, forse anche mio fratello Biagio, sebbene sia un po’ vigliacco, e faremo un esercito tutto sugli alberi e ridurremo alla ragione la terra e i suoi abitanti>>.
Me lo disse un giorno lo zio Armando, sfidando il sole con lo sguardo.
Armando Punti, che tutti credevano avere cinquantacinque anni da circa un ventennio, aveva fatto fortuna in Groenlandia come produttore di yogurt alle giuggiole e ora era tornato per alcuni importanti affari di cui non parlava con nessuno. Quando hai sedici anni, tua madre ha la voce di una cornacchia al citofono e tuo padre passa il suo tempo a guardare partite di biliardo in tv, un prozio che ti recita “Il barone rampante” a memoria e ti dice di aver visto un rinomato avvocato volare su un aeroplanino di carta e un albero di mele morire di solitudine è la persona migliore che tu possa incontrare. Beh, per me le storie che lo zio Armando mi raccontava mentre eravamo seduti sul dondolo di ferro battuto in giardino furono una vera e propria rivoluzione.
Il giorno in cui lui entrò nella mia vita era una domenica di luglio ed eravamo riuniti in quello che, più che un pranzo di famiglia, sembrava una guerra di logoramento, soprattutto perché eravamo costretti ad ascoltare i racconti scabrosi della bisnonna Maria Carlotta, conosciuta nel circuito del burlesque della terza età come Lady Charlotte: <<Tesori, non è il caso di raccontarvi cosa è successo in quel fienile ma, se ci ripenso, devo passare ancora lo strofin…>>. Arrivati a quel punto, ogni domenica, mia madre la interrompeva chiedendo imbarazzata e paonazza se qualcuno volesse un’altra porzione di lasagne. Quel giorno, in soccorso alla cornacchia al citofono, arrivò lo zio Armando.

Lo strambo vecchio, da uomo sensibile e intelligente qual era, capì subito che l’unica persona interessante e interessata era il ragazzino timido e minuto che lo fissava: io, Corrado.
Un giorno, l’avvocato che curava le questioni legali della sua ditta di yogurt impazzì. O, meglio, ritrovò la ragione: svegliatosi, si rese conto che aveva sempre sognato di fare l’aviatore e che passare la vita barcamenandosi tra una pratica e una causa non faceva per lui. Dopo aver preso coraggio, prese anche tutte le carte che riuscì a trovare e vi costruì un aeroplanino gigante. Appoggiò la sua creazione sul davanzale della finestra con la punta rivolta verso l’esterno, vi salì sopra e si spinse in avanti. <<Vedi, Corrado, trovarono quell’uomo sfracellato sul marciapiede, ma quell’attimo di libertà che lo portò alla morte fu l’unico della sua esistenza degno di essere vissuto. Un giorno anche tu ti sveglierai cantando, spiegherai le tue ali e volerai verso il cielo>>.
Nessuno mi aveva mai detto che avrei potuto cambiare la mia vita da un giorno all’altro, che avrei potuto volare.

Quando era in Groenlandia, davanti a casa sua c’era un prato enorme pieno di arbusti in cui lui decise di piantare un melo. Quell’albero, forse per superbia, forse per amore della propria natura, si rifiutò di mettere radici in un campo affollato da piante di così poco conto. Quando era sul punto di morire, privo di forze e di orgoglio, si rese conto dell’errore che aveva commesso: avrebbe potuto imparare a convivere con piante diverse da lui e donare frutti a chi l’aveva curato. <<La vera felicità, Corrado, è tale solo se condivisa. Non precluderti mai la possibilità di dare e ricevere, non sottovalutarti, ma non crederti nemmeno migliore degli altri.>>
Il nostro periodo insieme fu costellato di racconti più o meno verosimili e di riflessioni morali. Io cominciai a pensare che il mondo potesse darmi qualcosa di più, ma che per ottenere ciò che desideravo dovevo darmi da fare e non starmene con le mani in mano a crogiolarmi nella mia noia.

Una sera d’estate il telefono squillò e una voce abituata a essere fredda e distaccata disse a mia madre di recarsi velocemente al Parco del Centro.

Dissero che lo zio Armando aveva avuto un infarto mentre passeggiava sotto un elce.

Era passato un mese dal funerale quando, mentre ero seduto sotto lo stesso albero che aveva visto lo zio morire, un barbone mi si avvicinò e mi porse una scatola: <<Tu non mi conosci, ma ero un amico di tuo zio. Mi ha detto di darti questa>> e si mise accanto a me. Aprii la scatola: c’erano un disco di Janis Joplin, una copia de “Il barone rampante”, una videocassetta di “Into the Wild” e una lettera. Incuriosito, la lessi.

“Caro Corrado,

so che per te questo periodo passato insieme è stato molto importante, ma è ora che tu sappia la verità: non sono mai stato in Groenlandia e non so se lo yogurt alle giuggiole esista. Sono sempre stato qui, nascosto da abiti consumati e cartoni che mi facevano da letto, perché una parte di me voleva scappare da quegli zombie che sono i nostri parenti, ma un’altra

non ne aveva il coraggio. Non volevo mentirti, però sapevo che raccontarti storie era l’unico modo per salvarti: ti osservavo da tempo e vedevo nei tuoi occhi che avevi bisogno di una scossa, così ho abbandonato la mia vita da senza tetto e il mio compagno Guglielmo e sono tornato a casa. Sono sempre stato combattuto tra la voglia di libertà e il timore di osare, ho sempre avuto le valigie pronte, ma non mi sono mai svegliato in tempo per prendere il treno giusto. Corrado, tu sei una persona speciale e so che sarai capace di imparare dai miei errori: non aver paura di abbandonare il certo per esplorare, per crescere, per cogliere la bellezza di una vita non programmata. Fidati della tua fantasia. Dipingi, scrivi, balla, costruisci orologi a cucù, non so, ma fai qualcosa che ti aiuti a liberare il vortice che hai dentro.
Con affetto,

Armando”

 Per un attimo rimasi incredulo, facendo oscillare lo sguardo tra la lettera di mio zio e il suo amico, poi capii: quell’uomo arrivato all’improvviso mi aveva insegnato a vivere, a non accontentarmi di esistere, a non isolarmi per paura di essere solo.

<<Credo di poter partire ora…ora che ho capito chi sono, intendo>>, dissi, <<Lo credo anch’io: potresti andare in Groenlandia a verificare se hanno lo yogurt alle giuggiole>>, mi rispose Guglielmo.

Tra le risate, lo vidi: Armando guardò l’elce, pensò a” Il barone rampante” e alle lumache che lo avevano spinto alla libertà, alla canzone “Summertime” di Janis Joplin e all’intuizione finale del protagonista di “Into the Wild” e si accasciò a terra, sfidando il sole con lo sguardo.

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2 thoughts on “71. L’uomo che sfidava il sole con lo sguardo

  1. E’ veramente stupendo. E’ raro che qualcuno sappia unire un contenuto cosi’ bello ad una forma e un modo di scrivere cosi’ avvicente e toccante. Un capolavoro!!!

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