74. Fantasie clandestine

“Sono braccia morte che pesano sulle nostre spalle”

James Schwarzenbach, membro del Consiglio Nazionale svizzero, riferendosi ai figli di immigrati italiani stagionali. 1970 circa.

 

Luca in Svizzera si annoiava da settimane ormai, ma appena tentava di lamentarsi, la mamma veniva verso di lui e gli sussurrava quello che era diventato un ritornello usuale:- Silenzio piccolo mio. La polizia qui è cattiva coi bimbi che parlano tanto – Dopodiché gli sorrideva e tornava alle sue faccende. E Luca ritornava a guardare il soffitto scrostato o a giocare con una spugna umidiccia. Questo faceva per ore e per giorni.

D’estate ,se non altro, aveva il permesso di buttare gli occhi grigi fuori dalla pesante tapparella, sollevata di qualche centimetro, beandosi di osservare la gente che rientrava nei tristi caseggiati, o i bambini che giocavano e schiamazzavano nella loro lingua. La visione che più incantava Luca però era quella del cielo, costantemente plumbeo di fumi di fabbriche, ma sterminato e irraggiungibile.

Il 25 agosto una sorpresa inaspettata turbò l’opprimente monotonia di quella vita passiva. Luca svegliandosi lo vide lì sulla sedia sgangherata, di un rosso così vivo da non sembrare appartenere al mondo che conosceva: un libro. Lo studiò e lo soppesò ma, sebbene quell’oggetto lo ammaliasse e lo stregasse, il bambino si disse che non doveva aprirlo fino all’arrivo dei suoi genitori, per assaporare tutti insieme le meraviglie celate al suo interno.

Alle 19.30 la mamma fu di ritorno, seguita una mezzoretta dopo dal papà. I tre si misero a sedere a tavola, ma nessuno accennava al libro, tanto che Luca cominciò a credere che quell’oggetto non fosse niente di importante, di speciale.

-Allora?- sussurrò improvvisamente il papà –vogliamo dare un’occhiata al tuo regalo?-

A quelle parole il bambino esplose in un sorriso quasi estatico, capendo che quel libro era davvero tutto per sé, e commosso annuì con la testa.

Il papà allora lo prese in braccio e lo adagiò sul letto e qui, dopo aver pronunciato con ilare solennità il titolo “Giulio Verne. I viaggi più belli”, cominciò il primo racconto. Bisbigliando.

Luca ascoltò tutta la storia “20.000 leghe sotto i mari” come se non esistesse altro al mondo, tra risate e spaventi, ansie e sorprese. Quando il padre terminò la narrazione egli si mise sotto le coperte eccitato e col sorriso in volto, chiuse gli occhi e si addormentò in fretta.

Quando li riaprì stentò a credere a ciò che aveva dinanzi: era sospeso in un oceano immenso e luccicante, alghe verdi brillanti ondeggiavano sotto di lui, e tutto intorno banchi di pesci argentei come stelle danzavano al ritmo dei lenti flutti. Luca nuotava con velocità e leggerezza lasciando dietro di sé una scia di spumose bollicine, attirato dal bagliore lunare emanato da una perla di dimensioni colossali.

Affascinato e spaesato, si ritrovò in breve a schivare con adrenalinica frenesia i maestosi assalti dei tentacoli di un calamaro gigante. Fu fuggendo da questo che finì risucchiato in un gorgo di dimensioni poderose.

Il cuore gli batteva all’impazzata mentre si lasciava trascinare in quel girotondo abissale,sempre più etereo, più indefinito. Infine tutto perse consistenza e Luca aprì gli occhi stupefatti.

Egli non sapeva spiegarsi in che modo quel magico libro gli avesse permesso di vedere e vivere le meraviglie di quella notte, ma sapeva che era la cosa più bella che gli fosse mai capitata e non vedeva l’ora di ascoltare una nuova avventura.

Fortunatamente quel giorno la mamma non lavorava, e acconsentì a intrattenere il figlio con la seconda storia, “Viaggio al centro della Terra”.

Il piccolo ascoltò con grande trasporto anche quel secondo racconto e anzi, persino la madre sembrava sinceramente coinvolta nella vicenda narrata.

A un tratto la sua voce fievole, ma carica del pathos di una delle ultime scene, si interruppe.

Luca vide il volto di sua madre tendere le orecchie e osservò il suo volto passare dalla sorpresa all’angoscia, mentre udiva suo padre che saliva le scale a qualche metro dalla porta e diceva a voce insolitamente alta: -Ma si figuri padre! Siamo lieti di una sua visita, anche se Ferragosto è passato da un po’… Anzi, che colpo di fortuna averla incrociata qua sulle scale per caso ora che tornavo dal…-

La porta si aprì per ricevere il parroco, ma a quel punto Luca era già stato nascosto nell’armadio della camera da letto.

Al bambino era già capitato di doversi nascondere lì durante i primi giorni di permanenza clandestina  quando capitava che un poliziotto passasse a far visita ai nuovi arrivati per assicurarsi che tutto fosse in regola. Se questi chiudeva un occhio per la presenza illegittima della madre, che lavorava tanto quanto il padre, non avrebbe certamente fatto altrettanto per il pargolo, per ora inutile all’economia elvetica.

Prigioniero dell’oscurità dell’armadio, Luca, senza un perché, si mise a camminare e più avanzava più il legno marcio dell’armadio lasciava spazio alla roccia viva e a cristalli purpurei, mentre l’aria si faceva sempre più umida e frizzante.

Luca era consapevole di essersi ritrovato di nuovo in un mondo fantastico e fu preso da un’immensa contentezza, ma questa volta si pose l’obiettivo di vedere ed esplorare quante più meraviglie possibili nel breve tempo a sua disposizione. Si mise così a correre finché giunse alle rive di un mare piatto e screziato.

Saltellò inconsistente sulla sua superficie e dopo un po’ deviò verso la costa, dove si inoltrò stupefatto in una foresta di funghi a cappello alti svariate decine di metri, avvolti in una pallida aurea di violacea fosforescenza. Salì con agilità sulla sommità di uno di essi e il panorama che da lì gli si stagliò all’orizzonte lo lasciò esterrefatto: con uno sguardo abbracciò un mondo intero popolato di creature incredibili, i maestosi dinosauri di cui parlava il libro. Li vide lì, di un’imponenza spaventosa, che lottavano all’ultimo sangue a pochi palmi di distanza da lui, magnificamente vividi e palpabili. Dopotutto forse quel mondo non era interamente frutto della sua immaginazione…

Fu mentre faceva questa sciocca considerazione che il cappello fungino che lo reggeva prese irrimediabilmente a tornare freddo legno, mentre lo spettacolo che aveva davanti riacquistò in fretta le sembianze degli sciatti capi d’abbigliamento dei suoi genitori.

Un secondo dopo le ante dell’armadio si aprirono scricchiolando e Luca si ritrovò sollevato in braccio alla mamma. Un vuoto di delusione lo pervase nel constatare che il mondo alle spalle di sua madre era tornato a essere quello di uno squallido monolocale.

Se mai un’assoluta certezza sfiorò la mente di quel bambino, fu questa: quelle quattro grigie mura non gli bastavano più, non dopo le cose che aveva visto.

Una mattina Luca si alzò di buon ora, si avviò verso la finestra e sollevò la tapparella fino in cima, con decisione. Una folata di aria fresca lo investì, spaventandolo e provocandogli una risata nervosa.

Timidamente il bambino alzò gli occhi al cielo, con la bocca aperta. Quando li riabbassò vide la sua casa che rapidamente si allontanava e rimpiccioliva. All’interno del proiettile che lo stava scagliando nel cosmo a grande velocità, il petto di Luca si gonfiava di aria pura e rinvigorente.

Bucò il bianco pannoso delle nuvole, il pungente celeste dell’atmosfera e finì nel nero dello spazio sconfinato.

Tutto rallentò, mentre il diafano volto della luna incantava il piccolo, e le stelle comete si rincorrevano. E più di tutto, il caldo sole dava completezza alla sua vita.

Quando la mamma tornò a casa per preparare il pranzo, qualche ora dopo, non riuscì a trattenere un grido di terrore nel vedere suo figlio seduto in pieno giorno sul davanzale della finestra spalancata, con le gambe a penzoloni e gli occhi fissi e sbarrati. Corse e lo strappò dalla sua fantasia.

Guardando in basso nel cortile, vide con orrore che si era formato un capannello di persone e tra quelle si stavano facendo largo a passo spedito due agenti di polizia.

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7 thoughts on “74. Fantasie clandestine

  1. Testo fantasioso ma non sempre interessante, quasi puerile in alcuni passaggi, privo di uno scheletro ma tuttavia dal finale sorprendente e ben costruito.

    • Il commento soprastante è stato inserito per (infelice, lo ammetto) celia.
      Chiedo scusa per la mancanza di serietà dimostrata.
      Reputo in realtà il racconto molto ben costruito, scorrevole e dalle incantevoli descrizioni.
      Devo ammettere anzi che, nel corso della lettura, quasi si spera che non vi sia il limite di “racconto breve” nella competizione, limite che sfortunatamente costringe l’autore o autrice a troncare violentemente e forse anche un po’ innaturalmente la sua storia, ma che al contrario sia possibile leggere un romanzo vero e proprio sulle fantasie del povero Luca, sì, ma anche, più approfonditamente, sulla condizione dei clandestini italiani del secolo scorso, per approfondire da un punto di vista decisamente inconsueto un tema che ancora oggi –con diversi protagonisti, in luoghi differenti– è quantomai attuale.

      • Non è obbligatorio scrivere commenti positivi, quindi non c’è necessità di scusarsi se si fanno delle critiche, purché educate, ai testi.

  2. Il viaggio più compiuto di sempre (proprio per questo il più bello in assoluto).. Complimenti a chi mi ha fatto viaggiare e soprattutto sognare di nuovo in sole 8000 battute (Rudi sei grande!)

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