76. Quand’è casa nostra?

Genere: psicologico

È incredibile. Quanti generi d’abbigliamento, quanti di acconciature, insomma, quanti gusti: sembrano esserci idee di estetica inconciliabili tra loro oppure una sola che ha perso la sua identità, che sembra essersi posta pure lei al servizio di quelli che la pensano, allargando a loro piacere i suoi confini.

Nel guardarsi attorno Marco inclinava sempre il capo verso sinistra e sorrideva: quest’atteggiamento lo aveva sempre aiutato a riflettere, a cercare di comprendere gli altri, di cogliere i germogli che hanno portato gli altri a essere così e a ricercarli in sé stesso; Marco vorrebbe trovare un modello da imitare, un esempio da seguire, che dia senso alle cose e permetta un rapporto e una comunicazione con gli altri più immediati e costruttivi. Tanti dubbi gli affollavano la mente, c’era qualcosa che gli sfuggiva: lui che voleva essere quasi conformista, non passivamente ma in modo costruttivo e creativo insieme, era smarrito.

Giacomo, invece, spesso si meravigliava quando sentiva qualche personaggio televisivo, o compagno di classe, reclamare più libertà, molti più diritti; e pensava tra sé: “Anzitutto a chi li reclama? a sé stesso! E poi mai l’uomo nella storia della sua civiltà ne ha avuta tanta. Sembra quasi che questa libertà, per cui si è tanto lottato per raggiungerla e garantirla, si nutra insaziabilmente di sé stessa divenendo tanto eccessiva da essere oppressiva. E poi non era mai riuscito a capire come funzionassero e chi avesse imposte quelle gigantesche macchine dell’economia e della democrazia, da cui molti restavano soffocati, e che parevano incoscienti della vita reale e pratica, quasi assurte a divinità essenzialmente apodittiche.

Viveva fuori della città, Giacomo, ma anche fuori del suo paese, in una cascina, i suoi nonni erano contadini e spesso dava loro una mano.

Era ottobre, da poco era iniziata la scuola e la professoressa Sgattoni era appena entrata.

– Pagina 79: Emile Zola, Prefazione de Il romanzo sperimentale: “Si entrerà in un secolo in cui l’uomo, divenuto onnipotente, avrà soggiogato la natura utilizzandone le leggi per fare regnare su questa terra tutta la giustizia e la libertà possibili”.

- Ma è terrificante!, si trovò a dire Marco non appena suonò la campanella dell’intervallo.

- E se si avverasse, che cosa potrebbe accadere?, chiese Giacomo.

Marco e Giacomo erano da poco compagni di classe, e pensieri simili li avevano finora sempre tenuti per sé, ma su questo non erano proprio riusciti a tacere. Intanto, sentito che discutevano, Luca si avvicinò dicendo: – Io credo che succederà prima o poi. Pensate: l’uomo spiegherà tutto, avrà raggiunto la verità, e dunque la felicità.

Marco e Giacomo si scambiarono tra loro uno sguardo di meraviglia commista a terrore, e subito lo trasferirono su Luca, ma fatto più bieco. Giacomo, tratto un lungo sospiro, cercò di non aggredirlo, ma di trovare spiegazioni razionali, tuttavia arrancava:

- Ma è proprio quest’ultimo punto a non convincermi: tutti a conoscenza di tutto, non ci sarebbe più nulla da scoprire, la sola volontà di potenza animerebbe gli uomini, ormai superbi, e sarebbe il caos!

- Secondo me non potrà mai succedere che si conosca la mente umana tanto quanto un ciottolo della strada. Se accadesse l’uomo perderebbe la sua natura!

Giacomo era arrivato. Era stato invitato da Marco a impiegare quel pomeriggio in un modo inusuale, ma, Marco lo aveva promesso, senza dubbio interessante. Non appena suonò il campanello, in un battibaleno Marco corse giù per le scale e gli aprì. Lo accolse entusiasta dell’idea che aveva avuta per quel pomeriggio, che quasi si dimenticò prendergli la giacca e invitarlo ad accomodarsi e a seguirlo. Ma a questi gesti, tanto, non era avvezzo: nella sua famiglia sarebbero stati considerati vizi, ognuno doveva sapersi destreggiare da solo fin da piccolo.

Anche Luca era arrivato, non era certo stato quello scambio di idee divergenti  a dividerli.

- La mia vecchia nonna ha un garage stracolmo di cianfrusaglie e lì, ne sono certo, hanno trovato spazio tutti quegli oggetti che fisicamente o esteticamente non entravano più in casa, nella vita che vuol apparire sempre rinnovata.

Aveva un pesante mazzo di chiavi in mano e due pesanti porte dovevano oltrepassare. Nell’anticamera si notavano spostamenti recenti, ma, a mano a mano che ci si allontanava dalla porta, uno strato sempre più spesso di polvere velava la superficie delle cose. Poco lontano, sul secondo ripiano di uno scaffale, era una valigia di cartone verde: morivano dalla voglia di sapere cosa nascondesse al suo interno. La luce della lampadina, appesa per un filo solo, era fioca e creava dinamici giochi di riflessi. La aprirono. Conteneva a sua volta una scatoletta di metallo. La aprirono. C’erano delle lettere, ma, sopra tutte, un biglietto ingiallito e sgualcito:

 

O puro e arcano e forte sentimento

ché da me ti diparti e in soccorso

non mi giungi sì ch’io nulla pavento?

 

Al fellon defesso ab Astolfo è occorso,

come chi senz’occhi e cor, per spavento,

di fuggir; da tal morbo io son morso.

 

Cosa lasciar Parigi per Angelica disdegnando il real consenso?

Ardore, Coraggio, t’invoco; senza te di proseguir come penso?

Provar altri nobili sentimenti senza te io posso,

ma a che giova serbarli per sé, mai condividerli e mostrarli?

 

A far crescere il rimorso e a non capir da che son mosso!

 

Era incedibile. Non era granché, ma per loro molto più che affascinante. Non era firmato, ma doveva essere senz’altro del nonno che non aveva mai conosciuto. Aveva frequentato solo le scuole medie, per gran tempo aveva potuto vantarsi di questa fortuna, e la poesia poteva dirsi una creazione eccezionale.

- Andare a scuola era una gran fortuna fino a non molto tempo fa, e chi ci andava lo faceva con impegno e serietà; appena a casa mostravano tutto ciò che avevano appreso e lo mettevano in pratica nelle piccole cose, così che potessero trarne benefici lui e altri. E tutto non era affatto automatico, ma anzi molto creativo.

- Sì, è davvero ammirabile, ammise Luca.

Giacomo allora trasse fuori dalla tasca una fotografia. Era la sua famiglia: tutto era semplice nei vestiti e sulla tavola, ma si notava che ciascuno aveva dato il meglio di sé, sulla tavola e anche nel mettersi in posa. “Tutte le regole erano ben più ferree  – disse Giacomo – ma i miei nonni provano sempre nostalgia nei confronti di quei tempi! Forse per la certezza più diffusa, oltre alla speranza che qui si legge nei loro occhi, che sapeva vincere ogni difficoltà. Tuttavia anche i miei nonni sospettano un po’ delle nuove tecnologie che usiamo, ma le apprezzano e li incuriosiscono.”.

Marco li accompagnò per un tratto fuori casa, avrebbero preso l’autobus.

Era ottobre. E Marco seguitava a guardare il grigiore del cielo, l’umidità fine e le foglie cadute, consapevole che nella natura fa tutto parte di un ciclo che si ripete ogni anno, mentre per l’umanità -chissà?- forse pure per lei si avvicendano timori e tremori più o meno ciclicamente, ma, se così fosse, di certo era nato in un tempo che non gli si addiceva, che non lo comprendeva. Poteva essere sé stesso solo rifiutando certo progresso tecnico, quello che allontana dalla vita pratica, che astrae dal mondo, alienandoci, e dilacerando la morale.

Giacomo, invece, tenendo lo sguardo fisso sui suoi piedi e poco più avanti, pensava tra sé: “Rimpiango un po’ il passato, però … no, non ha senso essere pessimisti, perché il pessimismo porta infine al nichilismo, e cioè a non attribuire più a nulla alcun senso. Dunque, poiché non voglio vivere intriso di bile nera, ma vicino alla felicità, cercherò proprio di distinguermi facendomi portatore dei valori che continuano a tenere unita la mia famiglia, che sembrano dimenticati e chissà che qualcuno apprezzi il mio stile di vita.

Luca, pur interessato e affascinato dalla storia, era fiero del presente e fiducioso e, con la testa alta, guardava lontano lungo la strada.

Alla pensilina i tre si salutarono complicemente e si divisero tornando ciascuno a casa propria.

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2 thoughts on “76. Quand’è casa nostra?

  1. Bella l’idea di tre ragazzi e di tre punti di vista differenti riguardo al presente ! Al lettore la scelta di identificarsi indifferentemente in uno dei tre ! Fa riflettere…

  2. Racconto impegnativo e intellettuale fa senz’altro riflettere chissa’forse e’ casa nostra proprio quando siamo solo noi stessi…..

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