Genere: Poema epico

Di guerre è il canto, dolce sentenza

di sangue è il mondo, anima mia

per cui la storia e l’esperienza

del triste viaggio e la sua via,

su questo foglio lascian il segno

per ricordar chiunque tu sia.

L’uman desio che sembrò degno

nel naufragar nell’aurea morte

senza lasciar di lui né amor né pegno.

Andros è l’uomo che si finse forte

nel ritornar all’umil dimora

pensando ancor alla mesta sorte

che tanto brama, tanto divora.

Ed ecco il mar, tumultuoso al vento

ed ecco il dubbio, in lui dimora

se ritornar dalla sua cara a stento

oppur morir nel sazio orgoglio

che tanto, prima, di lui fu il vanto.

E come quando l’albero spoglio

spinge la rondine a volar assorta

nel ricercar il candor di luglio

così m’appar la tana morta

da cui fuggir egli s’intese.

O, dolce compar da lui distorta

che gaia il cor pronta gli tese

per riscaldar con dolci carezze

il suo corpo stanco, in quel triste mese.

E il biancheggiar velato, delle sue fattezze

or splende in quella tersa spuma

che tanto brilla al suon di venti e brezze

alla memoria di quel camin che fuma

ancora, ripien d’aroma e dei

riflessi ardenti sulla sua fulva chioma.

E gli occhi e il suon di lei,

che in cuor suo nasconda

ambiti, di follia son rei

e scalpita impetuosa l’onda

ad impedir di ritornar

come quell’oscura fronda

che tanto rende il tuo passar

così ritroso e impervio

per la via tra casa e il mar.

Giunto ormai al fatale bivio

da cui nessuno può scappar indarno

e anche lui, ormai, ne è ligio

liberar l’uman desio che eterno

conduce spietato all’ignoto oblio

o abbandonarsi al grembo materno

il suo cullar, il suo dondolio.

Ed il tormento a lui, nel tormentar

del mar, risuona come un pio

richiamo al dolce tempo e al suo passar

tra quelle onde, così fatali e belle

che tanto danno all’odio quanto all’amor

che move il sole e l’altre stelle.

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