Versailles, 4 ottobre 1789
“Non capisco, il popolo si lamenta per la mancanza di pane e sostiene di avere fame. Se non hanno più pane che mangino brioches” esclamò sdegnata la regina, “che ne pensa Jeanette?”
Jeanette si trovava in una camera della reggia di Versailles al cospetto della regina, la quale stava commentando gli ultimi avvenimenti di Parigi, secondo una sua personalissima interpretazione. In piedi, una cameriera stava apparecchiando una tavola con dolci elaborati e composizioni di frutta.
Sentando quella frase, Jeanette sommessamente rispose: “La saggezza di Sua Maestà è provvidenziale.”
Nel frattempo, guardò di sottecchi la cameriera alla quale stavano visibilmente tremendo le mani. Era stupita da come l’arroganza e la superbia potessero rendere sciocca una persona. Non poteva contraddire la monarca, quindi si era limitata a una risposta sarcastica convinta che Maria Antonietta non avrebbe capito.
“Comunque, devo discutere con lei di una questione urgente” esclamò Maria Antonietta e con un gesto allontanò la cameriera, che fece un breve inchino e uscì dalla sala.
“Bene” continuò la regina “L’ho chiamata con una certa urgenza perché, come ben sa, ci sono stati dei disordini in città e ho saputo da alcune fonti che degli agitatori vogliono organizzare, con la plebaglia, dei tumulti. Ho un compito da affidare a una persona di fiducia. Lei è la più adatta.”
“Comandate Maestà” disse Jeanette. “Che cosa desiderate che faccia?”
“Deve essere la mia informatrice. Dovrà introdursi in una riunione dei ribelli e ascoltare, poi mi riferirà tutto. So con certezza che ve ne sarà una alla taverna “du Roi”, nella mattinata di domani. Lei è perfetta per questo incarico, anche per le sue origini.”
Jeanette capì immediatamente a cosa si riferiva. Il fatto che lei fosse figlia di una contessa e di un borghese non le aveva mai reso facile la vita a corte. Era riuscita a fatica a diventare una delle dame più fedeli della regina, speranzosa di migliorare la sua condizione che si trovava nel limbo fra la nobiltà e il popolo.
“Sono al suo servizio.”
Maria Antonietta batté le mani e replicò: “Conto su di te e non fallire. La rivolta non deve diventare una rivoluzione.”
Jeanette fece un segno d’assenso e la nobile prese un calice di vino dal tavolo cinguettando: “Questo vino è veramente delizioso.”
Versailles, 5 ottobre 1789
Jeanette si trovava nel quartiere più povero della città. Doveva raggiungere la taverna “du Roi”. Indossava abiti modesti da popolana e un foulard che le copriva il capo. Quando si era guardata allo specchio, aveva capito di essere irriconoscibile. Ora, doveva solo introdursi nella riunione e ascoltare. Nessuno avrebbe sospettato di lei, dal momento che l’attenzione del popolo era concentrata sulla mancanza del pane e sull’aumento del prezzo della farina.
Ormai, era arrivata di fronte alla taverna. Entrò facendosi largo fra i capannelli di persone che occupavano l’ingresso. L’interno era gremito di donne che riempivano tutto lo spazio disponibile. Alcune erano in piedi, altre sedute, altre parlavano concitate e altre si guardavano intorno aspettando il discorso che avrebbe aperto la riunione. Jeanette individuò un posto per terra vicino a due donne, una delle quali teneva in braccio un neonato.
Si sedette e poco dopo una donna bassa e non più giovane urlò: “Ci siamo riunite qui per discutere di quello che sta accadendo. Trovare del pane è impossibile e la fame ci sta uccidendo. Al re e alla consorte non gliene importa nulla.”
Un urlo di sdegnò di levò dal pubblico.
“Anzi, la nostra regina, quella straniera, quell’austriaca sostiene che la colpa è nostra. Siccome non troviamo il pane, dobbiamo sfamarci con le brioches.”
L’oratrice fece una pausa che consentì alla folla di esprimere la propria rabbia. Jeanette s’irrigidì sentendo la frase che aveva udito solo un giorno prima.
“Solo ieri, mia sorella che lavora come cameriera a Versailles ha sentito pronunciare queste parole dall’austriaca. Io non riconosco quella donna come mia regina e voi?”
“No!” proruppe la platea.
Jeanette non poteva che concordare con loro, ma aveva bisogno di ottenere altre informazioni. L’occasione si presentò quando una delle donne a fianco a lei, quella più anziana mormorò: “Maledetta austriaca.”
“I regnati dovrebbero aiutare il popolo” concordò Jeanette.
La donna la guardò e continuò: “Eppure loro non hanno mai fatto nulla. Per questo ci siamo radunate. Dobbiamo lottare per garantire ai nostri figli un futuro e una vita degna di essere vissuta. Io sono Cécile, lei” disse indicando la donna con il bambino “è mia cognata Anne e la piccola è Victoire.”
“Io sono Jeanette” disse stringendole mano e mentì con disinvoltura “sono venuta qui per il pane.”
“Anche noi. Non sappiamo più cosa fare. Mio marito e mio figlio sono andati a cercare del pane ma non sono più tornati e noi rischiamo di morire di fame.”
“Siamo tutti morsi dalla fame” sussurrò Jeanette mentre udiva i lamenti irati, con cui venivano additati gli eccessi e l’arroganza della nobiltà e il pavoneggiare del clero, in netto contrasto con le insofferenze del popolo affamato. Impressionata dagli avvenimenti, comprese il dramma che il popolo stava vivendo. Avvertiva la gravità delle circostanze che avrebbero portato alla rivoluzione. A un certo punto, l’oratrice strillò: “Non siamo in grado di nutrire i nostri figli in quanto madri. Che cosa dobbiamo fare?”
Jeanette gridò: “Dobbiamo marciare verso Versailles.”
Un rumoreggiare d’assenso si diffuse e nessuno si curò di scoprire chi avesse pronunciato l’ardita provocazione.
“Ribelliamoci!”
“Verso Versailles!”
“La rivolta del pane!”
“Pane e dignità!”
La folla si precipitò fuori e Jeanette si defilò allontanandosi da quell’assembramento. Da lontano, guardò il corteo inferocito procedere e capì che non avrebbe potuto partecipare alla rivoluzione direttamente, ma solo nell’ombra. La sua strada era segnata.
Versailles, 17 ottobre 1793
Gli anni erano passati. La rivoluzione aveva vinto. Jeanette aveva fatto il doppiogioco allo stesso tempo per Maria Antonietta e per gli insorti. Ora, si trovava vicino alla reggia di Versailles. Il suo sguardo era rivolto verso quell’emblema che tragicamente aveva cambiato la storia. Poi, sarebbe partita per il Nuovo Mondo, aveva bisogno di allontanarsi dalla Francia e iniziare una nuova vita.
“Meschina! Traditrice!”
Jeanette si voltò e fissò l’uomo che si trovò davanti a sé. Riconobbe il Duca d’Angers, un nobile frequentatore della corte di Maria Antonietta. In seguito alla proclamazione della Repubblica, non aveva saputo più nulla di lui. Egli appariva molto diverso dall’ultima volta che l’aveva incontrato: il volto era scarno, i capelli lunghi e i vestiti laceri.
“Per colpa tua vivo nel terrore. La mia famiglia è morta e se mi trovano, uccideranno anche me. La regina Maria Antonietta è stata ghigliottinata. Hai sacrificato tutti noi solo per salvare te stessa.”
“La rivoluzione era inevitabile” ribatté impassibile la donna.
“Come puoi dirlo?”
Jeanette gli lanciò uno sguardo carico di disprezzo e disse: “Tutta la rivoluzione è nata dalla mancanza di pane. Il pane ha cambiato la storia aprendo una nuova era. Voi, con i vostri privilegi, avete negato il pane e affamato il popolo. Avete negato la vita. Avete commesso un’atrocità che vi è stata fatale. Vi meritate la funesta sorte che vi ha colpito.”
Senza dire altro, si allontanò e lasciò solo l’uomo rassegnato al suo destino.