Questa è la storia di Camilla, Camilla è una mela, precisamente una mela verde e aspra, una mela nata tra il fresco delle montagne trentine e cresciuta illuminata dai raggi del sole di un finale d’estate italiano. Camilla era davvero bella, era una mela speciale. Sin da piccola spiccava tra le altre mele per il suo colore sgargiante e quel picciolo così fine ed elegante. Era nata dall’amore fugace di una mela verde e una mela gialla, un amore durato giusto il tempo dell’estate finché il vecchio e conservatore padre della mela verde non lo scoprì e cacciò la mela gialla dal frutteto perché straniera e diversa da tutte le mele verdi che abitavano il campo. Fu molto dura per la mamma di Camilla perdere il suo amante ma fu felice di dare alla luce quella piccola creatura così carina che le avrebbe ricordato per sempre quell’amore così bello e così puro che non ebbe fortuna. Camilla è cresciuta in un piccolo frutteto, sull’albero che appartiene alla sua famiglia da generazioni. Le cure amorevoli della nonna, le regole del nonno, la dolcezza della mamma e i suoi racconti sulla bella estate passata con il papà di Camilla l’hanno fatta crescere serena e tranquilla ma con un solo desiderio: quello di esplorare il mondo. Si sentiva stretta in quel frutteto, le piacevano le montagne, gli alberi, il cielo, il sole, la luna, le stelle e anche il piacevole effetto delle gocce di pioggia che sfioravano la sua pelle verde come dolci carezze ma aveva bisogno di scoprire cos’altro ci fosse nel mondo. E fu così che un giorno Camilla aveva deciso di partire. Una notte si era staccata dall’albero con l’aiuto del suo amico Picchio e si era lasciata rotolare sull’erba umida di rugiada sotto la staccionata che delimitava il frutteto. Non aveva guardato indietro nemmeno un attimo per la paura di non essere abbastanza coraggiosa da intraprendere la sua nuova avventura. Quella notte aveva viaggiato a lungo al chiaro di luna con una lieve malinconia ad accompagnarla. La malinconia, la fedele compagna di tutti i viaggiatori che con il tempo forse diminuisce o, almeno, così era stato per Camilla che dopo qualche giorno aveva cominciato a non pensare più così spesso alla sua famiglia. Era rotolata già su molti sentieri e aveva incontrato tanti nuovi amici: una formica che le aveva procurato del cibo, un grillo che aveva cantato per lei vedendola triste e preoccupata una mattina, una rondine che l’aveva aiutata ad attraversare il fiume, un gruppo di lamponi che l’avevano aiutata a ripararsi per la notte nascondendola dietro le loro foglie e delle fragole che avevano percorso con lei un tratto di strada allietandole il viaggio. Camilla però, ora, era arrivata in un luogo grigio rumoroso e aveva cominciato a rotolare su una strana superficie ruvida che le provocava solletico. Inoltre continuava a starnutire per il fastidioso odore che la avvolgeva, faceva fatica a vedere per la nebbia e non riusciva a chiedere a nessuno dove si trovasse. A poco a poco si era resa conto che quella probabilmente era la città. Il nonno gliene aveva parlato spesso, anche delle strade così diverse dall’erba morbida e fresca che erano abituati a vedere. Camilla era un po’ preoccupata, avanzando sulla strada continuava a rischiare di essere investita o schiacciata dai piedi di quelle che probabilmente erano persone o peggio ancora dalle macchine. Ecco, le macchine, Camilla le stava ammirando, il nonno le aveva spiegato che erano come le macchine agricole del frutteto ma che andavano molto più veloci, Camilla era immobile, ammaliata dal tuono dei motori e persa nei suoi pensieri quando improvvisamente si sentì toccare, provò una sensazione di vuoto d’aria, ebbe paura, qualcosa la stava stringendo, non riusciva più a muoversi, cominciò a urlare ma il rumore delle macchine era troppo forte per la sua vocina da mela. Finalmente la presa era diventata più dolce, Camilla era riuscita a girarsi, e si vide riflessa negli occhi grandi e azzurri di un bambino. Non aveva avuto nemmeno il tempo di rendersene conto che questo l’aveva lanciata in aria, Camilla ebbe paura, pensava di sfracellarsi a terra e invece qualcuno la prese al volo! Un altro bambino. E poi un altro. Era diventata il gioco dei tre bambini che se la lanciarono un bel po’ di volte prima di lasciarla cadere malamente a terra. Camilla aveva la nausea e vari ematomi causati dalla caduta, in più era stanca e si pentiva della scelta di lasciare il frutteto. Le mancava la sua vita tranquilla circondata dai suoi affetti. Le mancavano però anche i suoi amici, quelli vecchi e quelli nuovi che aveva incontrato lungo la strada. Aveva deciso di dormire un po’ per riprendersi e pensare a come tornare indietro. Non le era passata la voglia di esplorare ma era rimasta sorpresa dalla città, tutti al frutteto erano curiosi di vederla ma nessuno avrebbe intrapreso un simile viaggio e per di più da soli verso qualcosa di sconosciuto. Camilla era stata davvero coraggiosa ma ora era consapevole che la città non era un luogo adatto per una piccola mela verde come lei. Stava sognando quando improvvisamente sentì dolore. Qualcuno l’aveva nuovamente raccolta e la stringeva in mano, una mano grande e fredda che la stava portando verso qualcosa di ignoto, Camilla non sapeva a cosa pensare, cercava di divincolarsi dalla presa ma era troppo debole. A un certo punto venne messa sotto un getto di acqua gelida, si sentiva soffocare, l’acqua la colpiva forte, non riusciva a vedere e a respirare. Non le era mai successa una cosa del genere. Pensava di morire.
Finalmente tutto si fermò. La mano la scosse forte, Camilla si sentì come ubriaca ma non ebbe nemmeno il tempo di riaprire gli occhi, o meglio, forse li aveva aperti ma aveva visto tutto nero. Il dolore fu forte, penetrante, ma durò giusto il tempo del primo morso.
Camilla ora avrà tutto il tempo che vuole per immaginarsi il mondo, lo sognerà bello, pulito, tranquillo e, soprattutto, senza uomini.
stupendo!
Bel racconto simpatico Alessia! !! Le mele. ..la mia passione. ….