02/2016. Una favola ma non proprio

Lo smartphone tra le mani. Una sequenza senza fine di scatti: mamma e papà, mare, compagni di scuola, monti, mia sorella con i cugini, feste,  gli amici del mare, dell’oratorio.  All’improvviso non una foto comune ma il “selfie” della mia vita.

Marco è un ragazzo di 15 anni, svolge una vita normale che si potrebbe  definire monotona. Nonostante ciò, ha tanti progetti di vita, progetti condivisi con molti coetanei. Spesso non si pensa che quello che per qualcuno è scontato, per altre persone non lo è. Ci si considera al sicuro da guerre, carestie e catastrofi naturali senza pensare che tutto ciò può accadere anche qui. Eppure ormai quotidianamente sulle coste italiane arrivano sempre più giovani che scappano dalla fame e dalla morte.

 

In Siria era una calda giornata quando una barca diretta in Italia stava salpando, visi felici, colmi di aspettative ammucchiati sull’imbarcazione. C’erano molti bambini ed uno in particolare chiedeva a suo padre di raccontargli del paese della speranza verso cui erano diretti, quell’Italia “isola che non c’è”. Il papà, non sapendo cosa dire, decise di raccontargli una storia che descriveva l’Italia come il paese della luce, sperando che il figlio la potesse vedere come tale.

“C’era una volta un re che regnava su tutti i regni del mondo. Egli viveva in un grande castello tra le nuvole. Era molto ricco, aveva una corona di diamanti, anelli d’oro, macchine  potenti e schiere di servitori. Un giorno decise di andare a vedere cosa succedeva nei suoi regni. Per prima toccò all’America. Il re fu compiaciuto di quello che vide: una bellissima civiltà di persone all’apparenza felici ma, guardando  in profondità, sottomesse alle cattiverie, malavita, pena di morte, droghe, guerre, ingiustizie ….. Il re, deluso, se ne andò in Cina, un paese povero, poche persone vi stavano bene, tutti lavoravano senza  ricevere un giusto salario. In Cina il re vide la corruzione, traffici illeciti e mercati illegali. Qui la popolazione viveva in baracche e capanne,  pochi avevano una casa solida. Visto ciò il re si spostò in Russia, un  paese simile a molti altri:  pieno di edifici trionfali, grandi, maestosi e riccamente decorati. Ad un certo punto,  però, il re notò le centrali nucleari e le bombe che lo fecero arrabbiare tanto da spingerlo ad andarsene. Il re, allora, visitò la Siria: il nostro paese. Qui vide quello che non avrebbe mai voluto: l’inferno. Uomini che uccidono per degli ideali religiosi senza fondamento. Il re vide guerre, attentati, bambini bruciati vivi, uomini che vengono spediti in ogni parte del mondo per farsi esplodere al fine di uccidere il  maggior numero di persone. Uomini che si ritengono l’unica stirpe eletta in grado di vivere. Il re, veduto ciò, cominciò a piangere. Egli notò allora che tante barche piene di gente, stanca di soffrire come noi, partivano per un paese bello e ricco di speranze. Il re allora decise di visitare quel paese e ne rimase affascinato:  tanto lavoro, tante persone  all’opera per la costruzione del futuro della loro patria, una storia millenaria e una cultura ospitale. Vide la natura, la felicità, la pace, così tutta l’amarezza incontrata nel resto del mondo sparì.”

Il padre stava per concludere la storia quando il bambino lo interruppe chiedendogli se lui era mai stato in Italia. Il papà negò con il capo e il bimbo, che nel frattempo continuava ad immaginare quel paese fantastico, disse che voleva essere libero,  giocare, vivere la sua vita come da sempre aveva sognato. Il padre, ben consapevole che tutto ciò che aveva raccontato al figlioletto era falso, lo accarezzò in viso regalandogli queste parole magiche: “Ti voglio bene”. Il bimbo abbracciò il padre forte forte, si addormentò. Quella notte sognò di essere il re, lo stesso di cui aveva sentito parlare in quell’ultima mezz’ora. Il sogno era ambientato in Italia. Il bimbo passeggiava in mezzo a tante altre persone che lo salutavano, lo accarezzavano e gli volevano bene. Andava per i campi a giocare con le spighe di grano alte più di lui. Andava nelle piazze a giocare a pallone con i suoi amici. Infine tornava a casa dove un buon pasto caldo, una coperta e un letto erano sempre pronti per lui. Quella stessa notte, sfortunatamente, la barca si ritrovò in una tempesta a pochi chilometri dalla costa e  si capovolse. Molta paura e sgomento invasero le facce dei “passeggeri”. Tutti cercavano una via di fuga da quella che ormai stava per diventare la loro tomba ma pochi ci riuscirono. Le persone che rimasero dentro la barca furono molte, tra queste il padre ed il figlio che si abbracciarono per l’ultima volta.

Marco ha ancora tra le mani lo smartphone, quell’immagine davanti agli occhi: ha capito che non c’è  più tempo da perdere. Tutto si dà per scontato: il cibo, la famiglia, la casa e spesso anche la vita stessa. Per molti queste cose  rappresentano una consuetudine e raramente ci si rende conto che per molti altri, innocenti come quel bimbo, sono una favola ma non proprio. La dura favola per riuscire a racimolare un tozzo di pane, per strappare un giorno in più di vita.

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