09/2016. Un soffio di vento osserva

Ciao a tutti, mi presento, sono un alito di vento.

È da secoli che percorro questi cieli, che osservo gli animali e le persone rabbrividire, a volte sorridere, al mio passaggio.

Osservo piegarsi i fili d’erba, e i lupi ululare alla luna; osservo le onde del mare che s’infrangono sugli scogli e i sorrisi degli sconosciuti incontrarsi sui tram.

Ho girato tutto il mondo, volteggiando fra le nubi, sotto i caldi raggi del sole.

Ho visto uomini pieni di peli scendere dagli alberi, li ho visti vivere nelle grotte, costruire tende, cacciare animali per procurarsi da mangiare.

Li ho visti diventare grandi, acquisire coscienza di sé.

Li ho visti raggrupparsi, creare grandi società, imperi addirittura.

Li ho visti evolversi, ma diventare sempre più violenti. Con le tecnologie che avevano creato, hanno iniziato a costruire armi, armature. Le pietre sono diventate spade, poi pistole.

Hanno cominciato ad uccidersi.

Tanto volte, ho visto del sangue spargersi inutilmente, ho visto la sofferenza di molti scaturirsi dal capriccio di pochi.

Ho visto beduini arrancare nella sabbia del deserto, uomini sudare sotto il sole cocente, e altri avanzare tremanti nel gelo di un manto nevoso.

Ho viaggiato, in tutti gli angoli della terra: ho volteggiato tra i flutti delle cascate del Niagara, fra i ciottoli smussati dei vecchi borghi olandesi. Sono stato tra i merli della muraglia cinese, ho sorvolato il Rio delle Amazzoni e sono sgusciato tra le assi di vecchie case abbandonate.

Eppure, nel mio girovagare, nel mio fluttuare senza sosta, c’è un posto dove sono sempre tornato.

Un posto di cui mi sono innamorato, e che ho iniziato a chiamare casa.

E così, secolo dopo secolo, ho visto nascere l’Italia.

Ho visto plasmarsi uno degli imperi più grandi della storia e l’ho visto disgregarsi, ho visto popoli divisi, dominati da culture straniere. Poi li ho visti riunirsi, ho visto Garibaldi convincere i Mille e lanciarsi con loro in un’impresa che poteva sembrare impossibile, ma che ha reso un’unica nazione questa meravigliosa penisola.

Ho visto la neonata Italia sottostare a governi diversi, l’ho vista comandata da politici senza scrupoli e da uomini di valore. L’ho vista entrare in guerra, schierata dove non ci si sarebbe aspettati, l’ho vista vincere, e comportarsi come una bambina capricciosa, che più fa l’offesa, meno guadagna.

L’ho vista abituarsi alla pace, dividersi in schieramenti sempre più distinti; ho visto il divario tra ricchi e poveri, ho visto le squadre d’azione iniziare ad agire.

Ho visto un uomo prendere il potere, l’ho visto convincere le folle di essere tutto ciò che avrebbero mai potuto desiderare.

Ho visto masse entusiaste, un’Italia nuova, riformata. Un’Italia che si lancia gioiosa in un’altra guerra, un’altra carneficina, che l’ha spinta sempre più giù, fino a che non è rinata grazie al coraggio e alla forza dei giovani.

Ho visto, fatta l’Italia, farsi gli italiani.

Li ho visti crescere, unificarsi, commerciare ed inventare. Li ho visti diventare consapevoli del mondo che li circondava: ho visto Leonardo dipingere i magnetici occhi della Gioconda, Botticelli dare vita alla sua Venere e Giotto disegnare un cerchio perfetto.

Ho visto Foscolo cantare di Parini nei Sepolcri, Dante ammirare Beatrice e scrivere di lei, Leopardi perdersi nell’ammirazione dell’infinito.

Ho visto Laura leggere le poesie di Petrarca, Ariosto narrare dell’intelligente Angelica, Manzoni venerare la ferma fede di Lucia.

Ho visto uomini e donne, ciascuno speciale a modo suo, e ciascuno ha lasciato un’ombra del suo profumo in me.

Ho visto uomini manifestare per i propri diritti, li ho visti ottenere salari migliori, orari ridotti. Li ho visti smussare le differenze, abbattere i muri fra le classi e collezionare successi, indipendentemente da quale fosse il loro cognome.

Ho visto donne lottare per ciò che ritenevano giusto, le ho viste ottenere riconoscimenti, le ho viste votare per la democrazia; le ho viste divorziare, crearsi una carriera, impegnarsi al massimo per essere considerate alla pari, per sconfiggere i pregiudizi.

Ho visto donne diventare ministri, ragazzi costruirsi un nome dal nulla.

Ho visto persone, persone vere.

Ho visto queste persone spingere verso il cambiamento, le ho viste credere in qualcosa fino a farsi male, ho visto persone minacciate, ammazzate, per le loro idee.

Ma ne ho viste altre prendere il loro posto, altre avere una fiducia nel mondo, nel futuro, cosi grande da sacrificare parte di sé stessi, per dare un contributo.

Ogni anno tornavo qui, e guardavo, osservavo. Ogni anno vedevo qualcosa di diverso, qualcosa di nuovo, ogni anno imparavo. Le mie lezioni erano le loro vittorie e i loro errori.

E così, dopo il capodanno trascorso nell’altro emisfero, trascinando debolmente i granelli di sabbia su una battigia Australiana, anche in questo 2016 sono tornato.

Appena arrivato, sono stato sommerso da una tempesta di emozioni.

Passavo tra le gonne di due ragazze infreddolite, quando le ho sentite raccontare di un uomo che sosteneva la secessione. La secessione? Dopo tutto quello che era stato fatto perché nascesse un’Italia unita, veramente qualcuno poteva desiderare una divisione? A quelle parole, persino io mi sono congelato un secondo.

Per non rovinarmi la giornata, ho deciso di ignorare ciò che avevo sentito e volarmene un po’ più in là.

Mentre facevo lo slalom tra le finestre del Colosseo, ho sentito il rumore di una folla così, seguendolo, mi sono ritrovato in piazza San Giovanni. Ondeggiando tra striscioni e bandiere sventolanti ho visto uomini e bambini manifestare a favore della famiglia e ho sorriso, ricordando tutte le lotte per il progresso, pensando a tutti i diritti ottenuti in quegli anni.

Leggendo qualche scritta qua e là, però, mi sono subito stranito. I cartelli non chiedevano uguaglianza, sostegno, ma proclamavano differenze, rinnegavano diritti.

Improvvisamente mi sono sentito ripiombare nel mezzo del Medioevo, tra gli isterismi della caccia alle streghe ed il deleterio fervore delle crociate.

Sono volato via impaurito, fino a rifugiarmi in un ufficio giornalistico. Stavo entrando  e uscendo dalle bocchette di un calorifero quando ho sentito due donne parlare dell’aumento del tasso di violenza domestica, e di un caso in cui una ragazza era stata ritenuta responsabile del suo stesso stupro. Mentre scivolavo via sparpagliando fogli negli uffici, ho letto storie di uomini picchiati perché provenienti da paesi diversi, di persone annegate nei barconi perché volevano sfuggire alla guerra, di uomini che si erano costruiti appartamenti con soldi destinati a chi ne aveva bisogno.

Tante, troppe, brutte notizie.

Ho iniziato a soffiare, a soffiare forte, e sto soffiando ancora. Soffio la mia rabbia, la rabbia per le ingiustizie, per le disuguaglianze, soffio la mia rabbia e sbatto, scuoto, m’impiglio.

Trascino per strada il cappello di una bambina, agito le fronde di un albero, scaglio a terra i frutti maturi, ribalto l’ombrello ad un ragazzo, strappo una bandiera ad un suo amico.

Improvvisamente, me ne accorgo. Nella mia furia ho volato inconsapevolmente fino ad una gigantesca manifestazione. La città è piena di ragazzi che cantano, ballano e ridono.

È piena di giovani che inneggiano all’uguaglianza, di persone alla ricerca di un mondo migliore.

È piena di speranza.

2 thoughts on “09/2016. Un soffio di vento osserva

  1. Interessante il registro, forse un po’ squilibrato nei pesi (è come diviso in tre momenti: c’è un’introduzione molto (troppo?) lunga, in cui si passa da viste sul mondo a viste sull’Italia; poi la critica (corta, non troppo articolata); poi la chiusa ottimista. Comunque bravo/a :-)

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