10/2016. La chiave

Cara Margaret,

spero che tu e tua figlia Grace vi troviate

bene nella mia dimora.

Cornelius M.

Questa lettera venne spedita dallo zio Cornelius a Margaret. Era l’unico messaggio rimasto del defunto che le lasciò in eredità la sua casa. Quest’ultima sembrava un palazzo: aveva molti mobili antichi, la tappezzeria era un po’ rovinata e il pavimento era coperto da tappeti. Grace, una bambina di otto anni, era in salotto con la madre e osservava le grandi vetrate oscurate da lunghe tende color porpora, dalle quali penetrava una luce fioca che illuminava la stanza. Margaret spolverava il servizio da tè osservando i lunghi capelli biondi della figlia. <<Mamma, vado a esplorare il giardino!>> Disse Grace infilandosi il cappotto. <<Stai attenta>> Rispose la madre. Nel cortile, la luce filtrava attraverso le foglie illuminando il sentiero della dolce bambina che camminava osservando il cielo azzurro. Senza accorgersene, ella inciampò in una radice della grande quercia. Si ritrovò a terra con le mani sporche di fango. Quando alzò la testa vide una cassetta di legno grande quanto un pugno. Si inginocchiò per vederla meglio e la raccolse. Prima di aprirla la osservò a lungo: sembrava stata nascosta per molto tempo. Grace all’interno trovò una chiave. Era polverosa, così ci soffiò sopra e la strofinò con il bordo del cappotto. Quell’oggetto colo oro brillava alla luce del sole e la bambina notò una serie di numeri che sembrava un codice: 7341. Osservandola meglio notò anche una lettera accanto alla serie di numeri: “S”.

La sera cenò con Margaret senza raccontarle nulla. Mangiarono in silenzio con la tavola illuminata dal grande lampadario di cristallo. Il silenzio venne interrotto. <<Come era il giardino?>> Domandò la madre. <<Era spazioso, grande e gli alberi erano altissimi>> Rispose la figlia. <<Sono felice che ti piaccia il posto, rimarremo qui ancora qualche settimana per le vacanze natalizie e faremo un cenone con i parenti>>. La bambina esultò per la felicità. Mentre Margaret lavava i piatti e sparecchiava la tavola, Grace si sedette sul vecchio divano del salotto accanto alla cucina e prese dalla tasca dei pantaloni la chiave dorata. Non capiva il significato delle cifre e della lettera. Pensava, osservando la grande finestra davanti a sé. Il sole calava dietro agli alberi che ormai avevo perso tutte le foglie: l’inverno era alle porte. All’improvviso anche la casa si fece buia, a causa di un blackout. Grace era spaventata e sentì la madre urlare dalla cucina: <<Non avere paura, sto arrivando>>. Margaret arrivò a stento fino al divano e accese una candela. Grace aveva paura e il suo viso era pallido. Passarono alcuni minuti e la luce ritornò. <<Stai bene?>>. <<Sì>> Rispose la bambina.

Erano le nove di sera e Grace era sdraiata sul suo letto sotto le coperte. La madre spense la luce e le augurò la buonanotte. Però la figlia non dormì subito, ma analizzò ancora la chiave. Provò a sommare le cifre 7341. Il risultato era 15. Associò il numero alla data di morte dello zio Cornelius e la lettera “S” al mese: settembre. Non sapeva se era questo il vero significato del codice e finì per addormentarsi. La mattina si svegliò ancora con la chiave in mano. Si alzò di colpo sentendo un buon odorino e scese le scale per andare in cucina. Trovò Margaret che cucinava pancakes. Si sedettero e fecero colazione. Qualcuno bussò alla porta di ingresso. La madre andò ad aprire e si ritrovò davanti uno sconosciuto. <<Carità>> Disse quest’ultimo con un filo di voce. La donna rimase stupita, non sapeva cosa fare, chi fosse. Era uno straccione che chiedeva un po’ di cibo, così andò in cucina a prendere qualche panino.

Mentre lo metteva in una sacchetto, Grace si alzò dalla sedia e andò a vedere chi era. Rimase paralizzata alla vista dell’uomo. Notò sull’individuo una collana con una medaglietta. La bambina riuscì a leggere solo la prima parte: 7,3,4… Non fece in tempo a finire che arrivò la madre con il sacchetto di pane. Salutò e chiuse la porta. Grace le associò al numero inciso sulla chiave, così si affacciò alla finestra per vedere dove era diretto l’uomo. Non lo vide. Decise di uscire dalla porta di casa a osservare meglio. Era nel cortile quando una mano le tocco la spalla da dietro. Le mani di Grace iniziarono a sudare, le gambe le tremavano. Si voltò lentamente credendo di ritrovarsi davanti il barbone di prima, ma la figura che vide era quella della madre. Impaurita, la figlia la abbracciò. La madre non capiva cosa le era successo, così la prese in braccio e la portò in casa. Iniziò a nevicare durante il pomeriggio, Grace guardava sempre fuori dalla finestra: le piaceva osservare la neve cadere. Andò a prendere un foglio per disegnare ciò che vedeva in giardino. Si mise comoda sul divano e iniziò. Dipinse un albero dopo l’altro, i fiocchi di neve, poi il vialetto di casa, dove notò qualcosa di rosso. Sembrava sangue. Osservò meglio e riuscì a leggere: 1, S. la parte finale di ciò che non aveva letto sulla medaglietta dello sconosciuto. Chi lo aveva scritto? Se era stato lui, come sapeva che aveva letto la medaglietta? Come sapeva che le mancavano proprio gli ultimi due caratteri del codice da leggere? Nella testa di Grace iniziarono a nascere tantissime domande, di vario tipo, ma tutte riferite all’uomo sconosciuto. Non sapeva se parlarne alla madre, non sapeva se l’avrebbe creduta, non sapeva dare una risposta a tutto quello che stava accadendo, ma di una cosa era certa: tutti i fatti erano riferiti alla morte dello zio Cornelius. Ora che ci pensava, il barbone assomigliava allo zio defunto. Ma appunto era defunto, non poteva essere lui. Era sera, il buio regnava ovunque, la camera di Grace era l’unico luogo illuminato oltre alla cucina. Era sdraiata sul letto e guardava la chiave incuriosita e impaurita allo stesso tempo. Aveva deciso che ne avrebbe parlato alla madre l’indomani. Erano le otto di sera e Margaret chiamò la figlia a mangiare. Ci fu un blackout come la sera precedente, ma questa volta durò più di un’ora; infatti Grace e la madre rimasero abbracciate a parlare sul divano.

Quando tornò l’elettricità, Margaret cercò di calmare la figlia: era un po’impaurita dato che era successo anche la sera precedente alla stessa ora. Margaret diede la buonanotte alla figlia stampandogli un bacio sulla fronte. Se ne andò spegnendo la luce e socchiudendo la porta di legno. Quella sera Grace non riuscì ad addormentarsi a causa dello scricchiolare del legno: il parquet, i mobili, la porta, il letto… Era tutto in legno. Era quasi mezzanotte ed era ancora sveglia; quando si stava per addormentare sentì una voce provenire dalla cantina, che non era mai stata aperta. Non sapeva se andare a controllare, così andò nella stanza della madre. Il legno sotto i suoi piedi, a ogni passo, scricchiolava. Aprì la porta della stanza di Margaret, ma lei non c’era, così pensò che era lei che faceva rumore in cantina. Scese le scale e andò al piano terra. Quando provò ad aprire la porta dello scantinato, non riuscì: era chiusa a chiave. Subito le venne in mente la chiave d’oro. La estrasse dalla tasca del pigiama e aprì la porta. Non vedeva niente, era buio e non c’era l’interruttore della luce elettrica. Così Grace accese quella del corridoio che illuminò i primi gradini. Iniziò a scendere e la porta dietro di sé si chiuse di colpo. Lei si girò impaurita e, vedendo che non c’era più nulla da fare, scese tutti i gradini illuminati dalla luna che penetrava da una finestra piccolissima. Si guardò attorno e si fermò a fissare un antico quadro. Ad un tratto guardò fuori dalla finestrella e vide un uomo, anzi, quell’uomo. Osservò meglio l’immagine ferma davanti a lei. Iniziò a camminare verso Grace. La bambina, attenta, non vide nessun’impronta nella neve candida, così capì che era un riflesso. Era pietrificata, le mani, e tutto il corpo, tremavano e sudavano. Una mano le toccò la spalla e sentì una lama sfregarsi contro un’altra. Di lei non si seppe più niente.

4 thoughts on “10/2016. La chiave

  1. Il ritmo è un po’ troppo veloce, si fa fatica a “visualizzare” il racconto. La bambina per avere solo 8 anni deve essere un piccolo genio, fa associazioni e pensieri poco verosimili per la sua età.

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