Il controllo dei pannelli di comando era andato anche questa mattina a buon fine, una sistemata alle impostazioni su rotta, velocità e forze esterne e la Orbital era pronta ad eseguire l’avvicinamento al sistema planetario di Luxor, la gigante azzurra intorno alla quale orbita Gea.
Spento il motore a curvatura spazio-temporale, i moduli Energy e Survival iniziano, come pianificato, a dispiegare i pannelli solari: prima le due grandi “ali” anteriori, poi quelle più piccole posteriori e infine quelle restanti. I fotoni della ormai vicina stella cominciarono a colpire i pannelli e la nave spaziale sembrò quasi prendere fuoco; i metalli riflettevano molta di quella luce. Gli effetti gravitazionali dell’altro sistema di movimento erano ora scomparsi e i corpi luminosi non sembravano più quegli strani archi distorti dall’ immenso pozzo di gravità.
A 900 Unità Astronomiche iniziava l’avvicinamento alla nuova Terra con un’orbita ellittica spirale sul piano equatoriale della stella. A 350 l’orbita diventava molto più eccentrica per riuscire successivamente a intersecare e a mettersi in quella del pianeta prescelto, a 10 U.A. da Luxor.
Ora Gea era ben visibile davanti alla gigante azzurra: il grande sistema di anelli risplendeva quasi come un secondo piccolo astro. Orbital era a soli 900000 chilometri dal pianeta: si distinguevano benissimo le terre emerse dagli oceani e tra gli anelli si intravedono tre piccoli satelliti pastore. Kim, James e Louis concentrati più che mai controllano i parametri orbitali e preparano la Orbital all’ ingresso nell’ atmosfera aliena. Gli astronauti e gli scienziati delle precedenti missioni inviano con precisione le coordinate della pista di atterraggio situata in una zona peninsulare pianeggiante a poca distanza dal sito.
Con i pannelli ritratti e la struttura dell’astronave posta in assetto aerodinamico inizia la fase di rientro. La Orbital compie due giri completi intorno al pianeta prima di toccare il suolo. Arriva sulla pista con i carrelli d’ atterraggio che attutiscono il colpo e con un paracadute posto sul retro per decelerare. L’ atterraggio è avvenuto con successo!
Gli astronauti vengono assistiti da una equipe incaricata di aiutarli dopo lo sbarco. Scendono grazie a delle scale retrattili e si voltano a guardare ciò che è stata la loro casa per circa 10 mesi. Rimasero stupiti nel vedere la somiglianza di quel pianeta alla Terra: le uniche grandi differenze erano il colore celeste della stella e la vegetazione esotica confinata in zone dove l’uomo non è ancora arrivato. Centri di ricerca erano già sparsi ovunque e accanto ad essi trivelle usate per
L’ ARRIVO
estrarre minerali da analizzare dalla crosta del pianeta. Edifici bianchi troneggiavano sulle colline circostanti e una cupola piena di animali terrestri era accanto. Da alcune di queste costruzioni
fuoriusciva una sostanza gassosa, probabilmente inquinante: ciò che è successo sulla Terra, su Marte, accadrà anche su questo pianeta situato in un sistema con una stella stupenda e altri 6 pianeti a 52000 Anni Luce da dove l’umanità è nata?
Il destino dell’uomo sembra essere quello di esplorare, di scoprire, di inventare nuove cose, ma ovunque passa non può non lasciare dietro di sé la sua indelebile e inconfondibile impronta. A ogni colonizzazione succede inevitabilmente un abbandono del pianeta, non più adatto a sostenere la vita della specie umana. Ciò avverrà probabilmente per sempre, per ogni volta che il desiderio di esplorare ci spingerà sempre più lontani, in luoghi tutt’ ora sconosciuti…