18/2016. Il diario di Cristoforo Colombo

Palos, 3 agosto 1492: siamo partiti alla volta delle indie; un anno fa questo viaggio rimaneva solo un sogno, ma adesso è realtà!

Le perplessità che ci avevano assillato e che ci assillano tutt’ora sono molte: magari ci sono dei mostri marini o, ancor peggio, se i miei studi non fossero corretti e la terra fosse un “piano” …non siamo pessimisti! È impossibile che i miei abili cartografi abbiano sbagliato i conti!

Questi e altri dubbi rendevano le decisioni molto difficili: chiesi ai reali Portoghesi un finanziamento ma questi me lo negarono. Dopo circa due settimane di viaggio giunsi in Spagna, nella sua bellissima capitale: giganteschi palazzi, enormi monumenti, cupole d’oro…

La casualità mi portò a trovarmi davanti a un maestoso castello dotato di fossato, torri di guardia impreziosite da guglie.

Una volta entrato, le guardie mi accompagnarono lungo un corridoio, al termine del quale un portone interrompeva il passaggio: all’interno vi era una grandissima sala, ornata con sculture d’oro e preziosi dipinti.

Dal portone si estendeva lungo tutta la navata centrale uno sgargiante tappeto rosso alla fine del quale delle scalinate introducevano al trono, anch’esso dipinto d’oro. Al di sopra, la regina: ricordo ancora i suoi lineamenti gentili, gli occhi azzurri come il cielo limpido e i lunghissimi capelli biondi ornati da una corona incastonata da pietre preziose. Il suo vestito era di una seta morbidissima valorizzato anch’esso da pietre preziose.

Io, misero com’ero, m’inchinai al suo cospetto chiedendo:

“Mia bellissima regina, sono qui per chiederVi un aiuto per il viaggio che vorrei compiere verso le misteriose Indie…viaggerei verso ovest per ricongiungermi all’est.”

E la regina Isabella ribatté:

“In questo momento la nostra corte non possiede fondi monetari; giovane, tornatene a casa: se riusciremo a racimolare denaro forse lo potremo investire in questo strano viaggio. Questo periodo, poi, è difficile anche per noi: stiamo combattendo per farci rendere Granada dagli Arabi. Voglio comunque avere la certezza che il viaggio si possa compiere.”

A queste parole la bellissima regina ordinò alle guardie di accompagnarmi al di fuori della reggia.

Dopo circa dieci mesi fui richiamato a corte dove mi riferirono i nomi delle tre imbarcazioni donatemi (la Nina, la Pinta e la Santa Maria), raccomandandomi di utilizzarle per il mio viaggio.

Ci vollero circa due mesi per organizzare le provviste e l’equipaggio: settanta persone erano divise nelle tre imbarcazioni, la cucina che era posta sotto-copertae strabordava di leccornie di ogni genere, sufficienti (secondo i calcoli) per il viaggio; non mancavano strumenti come la bussola, il quadrante e l’astrolabio.

Adesso siamo diretti verso le Indie…spero che nessun inconveniente interrompa la spedizione.

16 settembre 1492; siamo in mare aperto da ben quarantaquattro giorni e non c’è alcun segno di vita attorno a noi tranne che i corsari. Oggi all’alba si è avvicinata una nave, con grandi bandiere nere sulle quali vi era disegnato un teschio bianco su sfondo nero.

Essendo impossibile aumentare la velocità delle imbarcazioni, siamo stati attaccati: circa trenta dei nostri uomini sono morti e una decina sono rimasti prigionieri. C’è stata un’elevata perdita di viveri e di acqua; le nostre due navi, la Nina e la Pinta, sono state incendiate. La Santa Maria, la caravella su cui viaggiavo io, è rimasta, per fortuna, incolume.

 12 ottobre 1492, mezzanotte; finalmente abbiamo un segno che ci dà la certezza che la terra è vicina.

Sono le due di notte e si scorge una luce proveniente da terra, probabilmente è fuoco!

L’equipaggio, tre giorni fa, ha mostrato un tentativo di ammutinamento, dovuto allo scarseggiare dei viveri e per la diffusione di malattie: volevano tornare in patria, ma riuscii a raggirarli dicendo che se non avessimo toccato terra entro tre giorni, avrei esaudito il loro desiderio.

Adesso siamo finalmente sulla terra ferma. Ci accolgono uomini con lance, ma inabili ad usarle; vivono in un ambiente povero, semplice, in capanne dai tetti di paglia, tra bestie feroci e malattie contagiose. Sono molto generosi e per niente maliziosi: ogni oggetto che gli si chiede, che sia prezioso o meno, sono disposti a regalarlo.

Le Indie me le immaginavo più ricche, mi accontento comunque della soddisfazione di aver compiuto un bellissimo viaggio e di essere riuscito a sbarcare sulla terra. A Genova, la mia città natale, questo avvenimento sarà memorabilmente un pregio.

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