24/2016. Tutti contro noi

Non era la prima volta che capitava…

Erano le 17:00 di mercoledì pomeriggio quando, io e Jack attendavamo da due ore l’entrata nell’ambulatorio per farci visitare.

Ad un certo punto Jack domandò: “Mamma, quando tocca a noi?”. Eravamo abituati, io e Jack, alle attese, ne eravamo assuefatti: facevamo lunghe attese per l’ autobus che pareva non arrivare mai; attese per ottenere i documenti in piedi in uffici freddi e monotoni.La sua domanda, perciò, mi colpì, significava che questa volta Jack era davvero stanco.

“ Presto, abbi ancora un po’ di pazienza piccolo” dissi sospirando.

“Ma è da tre ore che siamo qui in attesa della visita del medico, mamma”.

”Non è colpa mia,c’è tanta altra gente che aspetta come noi” risposi cercando di convincerlo.

In quell’istante la porta dello studio si aprì e ne uscì una persona in camice bianco.

“Avanti, signori Bianchi!” la sua voce risuonò nella stanza. Due ragazzi italiani si fecero avanti, con fare scontroso.

A questo punto Jack, ormai stanco, intervenne a gran voce: ”E’ il nostro turno, ne sono sicuro, i due ragazzi sono arrivati mezz’ora dopo di noi!”.

“No, tocca a loro perché hanno preso un appuntamento” ribatte’ il medico convinto.

Una signora con tono acido intervenne, contro di noi, dicendo che se avevano preso l’ appuntamento allora avevano per forza ragione loro. Tutte le persone nella sala si schierarono dalla parte della signora dandole ragione.

Arrivati a questo punto,io chiesi spiegazioni al dottore, sotto lo sguardo fisso dei due ragazzi che continuarono a fissarmi e ribattevano qualunque cosa dicessi.

Il dottore sorpreso, rimase immobile per alcuni minuti poi andò a visitare i due ragazzi; nel frattempo in quella piccola sala d’attesa si era formato un clima di imbarazzo per me e mio figlio Jack al punto che tutti iniziarono a parlare male di noi.

Finito di visitare i due ragazzi il dottore uscì dal suo studio e chiamò un altro paziente.

Allora io e Jack, arrabbiati per la troppa attesa, andammo dal dottore e gli chiedemmoil perché non ci avesse ancora visitato e allora il medico, imbarazzato per la situazione,  ci disse che non si aspettava una scena di questo tipo e che non aveva affatto intenzione di curare gente di colore.

Dopo questa risposta io e Jack uscimmo dall’edificio e ce ne andammo molto delusi dal comportamento del dottore.

La gente seduta lì, in sala d’attesa, capì cosa si prova ad essere discriminati e a sentirsi diversi.

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