28/2016. L’incubo non potrebbe essere più vero

Esco di  casa e, senza alcun motivo, qualcosa dentro me, mi urla di scappare. Allora corro, corro così forte che i miei piedi sembrano sfiorare l’asfalto. In lontananza vedo una persona appostarsi sul mio cammino: non la conosco, eppure lei conosce il mio nome: “Ciao Leo! Perché corri? Siamo in orario per il treno”, dice, “Hai studiato per l’esame di oggi?”. Resto paralizzato, quale esame? Chi è costui? Perché sa il mio nome? Tutte queste domande senza risposta iniziano a suscitare in me un senso di panico, accompagnato da un pizzico di smarrimento.

Seguo il mio nuovo amico, perchè mi rendo conto di essere nel totale oblio riguardo al posto in cui mi trovo. Entriamo in una stazione ferroviaria a dir poco trasandata: muri e vagoni ricoperti di graffiti, chewing-gum appiccicate e fossilizzate sull’asfalto, panchine disgustose. Noto ancheche in ogni angolo riparato dal vento e meno frequentato dalla folla di persone che, credo, abbiano perso la capacità di alzare la testa dai loro cellulari, ci sono ammassi di coperte: solo dopo alcuni istanti, noto che sotto quei cumuli sporchi ci sono degli uomini che cercano di ripararsi dal freddo e di elemosinare qualche spicciolo. Come mai questi uomini sono in queste condizioni? Non c’è nessuno che si prende cura di loro?

Scesi daltreno, io e il mio amico camminiamo per una decina di minuti tra le vie principali di questa città trafficata. E’ un luogo che pullula di ragazzi, ma anche di persone che esibiscono il loro talento per strada. Ci sono un paio di giocolieri che collaborano alla stessa esibizione, un pittore che ritrae i volti di alcune persone e, infine, un uomo. Quest’ultimo, impugnando una chitarra collegata ad un amplificatore, sta arrangiando alcune delle canzoni che andavano in voga un paio di anni fa. Appena inizia a cantare ‘No woman no cry’, mi paralizzo al suono della sua fantastica voce accompagnata dalla chitarra. Mi stupisco molto che un cantante del genere, con questo talento travolgente, non si trovi in questo momento in uno studio di registrazione, ma su una strada, in mezzo a persone sorde che sentono.

Al termine deltragitto, scopro di essere arrivato all’università dove studio Lettere da ormai tre anni. La mattinata procede alquanto veloce: infatti, verso le 14:30 siamo giá di ritorno verso casa. Durante il trascorrere della giornata sono riuscito a capire che il mio amico si chiama Jahed: è nato qui ma i suoi genitori si sono trasferiti in questa nuova città nei primi anni novanta. Sento vibrare il telefono, una certa Chiara mi sta chiamando :”Ciao amore!”. Fantastico!Non ricordavo nemmeno di avere una fidanzata.”Stasera vieni al Loto?”. Non sapendo che cosa rispondere, le dico che ci sarò.

Sul treno di ritorno verso casa, vedo che un gruppo di ragazzini, con qualche anno meno di me, inizia a fissarci. Parlano a voce più alta, riesco soltanto a sentire delle parole confuse: quei due, marocchino, universitari, soli. Un campanello d’allarme inizia a risuonarmi in testa. Dobbiamo andarcene. Nello stesso momento in cui questo pensiero mi balena nella mente, due di loro si alzano e vengono verso di noi. Sono ragazzetti ben piazzati e mi incutono un pò di terrore, a dire il vero. Dietro di loro si alzano gli altri e li seguono nella nostra direzione.

Il ragazzoche presumo essere il capo banda si piazza davanti a noi e, con aria di sfida, ci chiede se siamo degli studenti universitari. Jahed non parla, allora dico io che lo siamo. Con finta aria di stupore il ragazzo ci dice :”Ma il tuo amico è muto per caso?”. Jahed accenna un “no” con la testa, il bullo prosegue :”Beh, significa che non hai voglia di parlare, ma i marocchini non dovrebbero lavorare anziché studiare? Siete troppo stupidi persino per rispondere ad una semplice domanda”. Sento l’adrenalina scorrermi nelle vene alla vista del mio amico che, con la testa china, non risponde, e non dà alcun segno di vita. Vorrei reagire per difenderlo, ma osservando i bulli capisco che, oltre ad essere superiori di numero, lo sono anche in prestanza fisica. Decido di non reagire e di stare in silenzio, perché, probabilmente questa é la cosa migliore per entrambi. I ragazzi, stufi di essere ignorati se ne vanno, non risparmiandosi di urtare con i fianchi Jahed ogni volta che lo superano.

Dopo che se ne sono andati, leggendo il mio sguardo interrogativo, Jahed mi dice che quasi ogni volta che incontra un gruppo di teppisti, rivive sempre la stessa scena. Inizio ad odiare questo posto e me ne voglio andare. È da stamattina che giro in questa città che non conosco con l’angoscia in gola: troppe domande in testa, e troppa rabbia nel cuore.

Arriviamo al punto in cui ci siamo incontrati stamattina ed io torno a quella che credo sia casa mia. Con stupore vedo che le chiavi che ho nello zaino combaciano con la serratura ed entro in un monolocale freddo, buio e vuoto. Ma dov’è la mia famiglia? E se fosse successo qualcosa? Cerco nell’ appartamento ogni singolo indizio capace di darmi qualche risposta, ma non trovo né la console di mio fratello attaccata alla televisione, né le pantofole che mio padre lascia sempre sotto il calorifero, e nemmeno il grembiuleche mia mamma lascia appeso in cucina. Forse non vivono con me. Dopo essermi dato una rinfrescata e aver cercato dove si trova il Loto, accendo la TV tanto per ammazzare il tempo che mi separa dall’ora dell’appuntamento con Chiara. Inizia un notiziario: comunica che una donna, della quale non dicono il nome, é stata ritrovata morta in un canale di Napoli dopo essere stata presumibilmente stuprata e strangolata. Fermi tutti, mi trovo in Italia, ma come sono arrivato fin qui?.  Successivamente viene trasmesso un servizio in cui è inquadrata una serie di gabbie anguste nelle quali sono stipati dozzine di cuccioli di cane, che vengono trasportati illegalmente nei cofani delle auto. Si parla anche di un’altra donna, a cui l’ex marito ha fregiato il volto con dell’acido e ha giustificato quell’atto dicendo che voleva che si vergognasse nell’uscire di casa: quello era il modo più veloce per ottenere ciò.

Ma questi individui sono animali o bestie? Non mi capacito ancora di ciò che ho sentito: questo paese mi piace sempre meno. Non è possibile vivere costantemente con il terrore di essere uccisi anche per strada, davanti agli occhi di decine di civili; non può essere vero che l’uomo si sia ridotto a compiere gesti così animaleschi solo per difendere la propria virilità o soltanto per rispondere ai propri istinti. Ma le forze dell’ordine, quegli uomini in divisa che ci dovrebbero assicurare protezione, dove sono? Perché non agiscono? Sarà mai fatta giustizia per queste vittime di violenze? O anche solo per coloro che vengono minacciati o insultati su trasporti pubblici? Troppe domande, e troppe risposte non date.

Mi accorgo però che sono le 21.00: l’ora dell’appuntamento. Impostato il GPS, mi reco in macchina al luogo del ritrovo. Con stupore scopro che il Loto é una discoteca e che c’è giá molta gente in coda che attende di entrare. Incontro Chiara, che scopro essere una bella ragazza bionda, fasciata in un vestitino nero piuttosto succinto, lo stesso le sue amiche. Dopo un’ora di attesa, finalmente entriamo in questa immensa discoteca, affollata di giovani. La musica assordante e l’alcol di un paio di drink che mi scorre nelle vene mi rendono la testa più pesante: fatico a capire cosa succede intorno a me. Voltandomi vedo che un ragazzo si sta avvicinando un po’ troppo a Chiara e nel momento esatto in cui mi avvicino e gli dico di allontanarsi, lui mi sferra un pugno che mi manda a terra.

Apro gli occhi: mi trovo in un letto, no, nel mio letto. Dopo essermi alzato, mi guardo intorno, questa è casa mia! Vado in cucina e trovo tutta la mia famiglia che sta facendo colazione seduta a tavola. Era solo un sogno. Finalmente mi sono svegliato da quell’incubo e sono di nuovo nella mia amata Inghilterra, con la certezza di non voler mai visitare l’Italia.

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