34/2016. Il sogno avverato

Non era stato facile, ma finalmente era lì, pronto a lanciare quel tiro che lo avrebbe consacrato definitivamente tra i migliori, tutti erano lì ad aspettare l’ennesima dimostrazione che veramente valeva. Finalmente il suo sogno stava arrivando al suo completo compimento, il suo sogno di bambino.

Paul era un bambino timido, schivo e gracile, era nato in una famiglia di periferia. Una madre ansiosa, sempre di corsa, faceva tutto di corsa, anche quando non c’era bisogno, sempre preoccupata per la sua salute, per la frutta e la verdura che Paul non mangiava e i troppi dolci. Suo padre, sempre allegro, scherzoso, a volte sembrava un ragazzino, come quella volta in cui giocando in corridoio con la palla avevano rotto il lampadario, ma quando si arrabbiava, allora la sua voce tonante lo intimidiva e non aveva il coraggio di spiaccicare nemmeno una parola; suo padre non aveva mai alzato un dito su di lui e sua sorella, ma la voce sola era sufficiente!

Poi c’era sua sorella, sempre così decisa e determinata, sapeva sempre quel che voleva o non voleva; lui la adorava. Anche lui sapeva ciò che voleva, ma non sempre lo diceva. A una cosa sola aveva sempre ambito, a diventare un giocatore di basket, era ancora piccolissimo quando vide alcuni ragazzi del quartiere giocare a quel gioco nel campetto davanti alla scuola; gli sembravano così grandi e ne fu estasiato. Da allora appena poteva correva a vederli giocare, cresceva, ed era sempre lì a guardarli, ma non aveva mai osato farsi avanti, i ragazzi erano cambiati e non erano più giganti, ma lui aveva paura di non essere all’altezza. Finché, come se gli avessero letto nel pensiero, in casa sua apparvero quel canestro e quel pallone da basket. Gli sembrava che il cielo fosse sceso ad abbracciarlo: era stupendo giocare in cortile con papà, finché un giorno gli arrivò tra le mani quell’avviso, una vera squadra; sì, poteva far parte di una vera squadra! Timidamente si era presentato e non aveva dovuto dimostrare niente, l’avevano accolto e basta, come lui altri ragazzini agitati ed euforici per la nuova avventura che stava iniziando.

L’allenatore, il loro “capitano”, dalle cui labbra pendevano, che li sapeva incitare con decisione e rispetto, con lui si sentivano importanti, li aveva subito messi sotto a farsi il fiato, a correre avanti e indietro, a saltare, a palleggiare. In quella palestra con i suoi compagni di squadra, gli sembrava di vivere in un altro mondo, il suo mondo, tutto il resto restava fuori, lontano. La prima uniforme della squadra con quanto orgoglio l’aveva indossata, quando entrava in campo si sentiva un gigante, come i ragazzi del campetto.

Allenarsi, resistere, affrontare le partite non fu certo come giocare in cortile, era faticoso e richiedeva impegno, ma lui non voleva mancare mai, avrebbe voluto andare anche con la febbre… ma sua madre non l’avrebbe mai permesso! I primi anni furono sconfitte a non finire; poi pian piano i ragazzi cominciarono ad essere così uniti che bastava uno sguardo, sembravano legati da un filo invisibile, coordinati, sincronizzati come un orologio svizzero. Una vittoria, due, tre, la squadra aveva suscitato l’attenzione dei coach delle grandi squadre. Un giorno ne vide uno sugli spalti e capì che era lì per lui. Gli dispiacque lasciare i suoi compagni, gli era sembrato di tradirli, ma loro erano felici per lui e festeggiarono alla grande.

Ora era lì in mezzo al campo, con una famosa squadra, non sentiva nulla intorno a sé, erano lui e la palla a spicchi, poi un tiro e il boato del pubblico. Il sogno era realtà…

Improvvisamente sentì in lontananza la voce di sua madre: – Paul, svegliati! Devi alzarti, e prepararti per andare a scuola. Aprì gli occhi e vide la sua stanza, la foto della sua squadra sul muro, si sentiva più carico che mai, sapeva che il suo sogno si sarebbe realizzato, prima o poi!

3 thoughts on “34/2016. Il sogno avverato

  1. Mi è piaciuto molto questo racconto perché nella sua semplicità contestuale è riuscito a trasmettere in modo diretto gli stati d’animo del protagonista coinvolgendomi emotivamente . Chi l’ha scritto è stato anche capace di creare la giusta curiosità che porta il lettore a leggere fino all’ultima parola .
    Complimenti !!!

  2. Eccellente capacità descrittiva che fa vivere in prima persona le emozioni e le aspirazioni del ragazzo e che non fanno presumere fino alla fine l’epilogo del racconto. Lodevole e coinvolgente.
    Ottimo lavoro.

  3. Racconto avvincente…lo scrittore ti porta rapidamente ad entrare in empatia con il personaggio fino a parcepirne la tensione emotiva e voler giungere con lui alla realizzazione del suo sogno…che poi è quello di molti di noi…complimenti!

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