52/2016. “L’Italie en rose”: per ogni paesaggio italiano una scena d’amore da raccontare

Non ode nulla se non il suono del suo stesso respiro profondo. Assapora l’aria fredda che le accarezza le palpebre e lascia che i suoi capelli siano trasportati dal vento. Non si è mai sentita così bene. “Bene” è la parola giusta per descrivere tutte le sue sensazioni in modo chiaro e conciso. Accarezza l’erba su cui è sdraiata e guarda su, rivolgendo lo sguardo al sole che al tramonto disegna sulle Dolomiti un profilo d’ombra sfasato rispetto a quello reale. Lo spettacolo toglie il fiato e anche quei lunghi sospiri che prende a pieno petto sembrano essere insufficienti. Si volta verso Luca e si sente completa, capisce che quelle emozioni a cui da sempre aveva aspirato sono finalmente anche sue. Le piace guardarlo mentre è immerso nei pensieri e fantasticare che ci sia anche lei tra quelli. Luca allunga la mano e con un dito segue nell’aria l’andamento delle montagne. “Sembri tu” le dice ridendo e lei, con un sorriso, rotola tra i fiori del campo.

La luna riflette nell’Adige la sua più bella cera: sembra d’oro. Le pennellate azzurre sull’acqua leggermente increspata dalla brezza serale, rendono la veduta un quadro impressionistico che solo da Ponte Scaligero si può ammirare. Il suono di un violino giunge fin sulle mura, inconsapevole di essere il dolce sottofondo di labbra che si sfiorano e di occhi che si chiudono. D’improvviso il suono del violino cessa, solo lo scorrere dell’acqua lungo l’argine giunge alle orecchie di due innamorati. Nel vuoto del nulla che i loro occhi chiusi ammirano ritrovano la felicità. Ma allo schiudersi delle palpebre lo spettacolo continua. La musica riprende sempre più festosa e le luci del borgo dalla strada colpiscono l’orizzonte. Verona appare un gioiello.

La vide per la prima volta immobile di fronte al Bacio di Hayez. Il suo sguardo era rapito dai dettagli del quadro, la mente corrucciata in chissà quali pensieri, le labbra semichiuse, le mani giunte. La vide così e insieme a lei vide la sua bellezza disarmante acuita dalla concentrazione dedicata all’opera e che chiaramente le si leggeva in volto. Talvolta accennava un leggero movimento della schiena come a imitare la protagonista del quadro avvolta in un attimo di tenera passione. Giulia sognava a occhi aperti e le dita le si contraevano come per trattenere anche lei l’amante. I colori del quadro, così intensamente sentiti, la investivano di luce e lui ne era attratto come le zanzare d’estate. Concordò con se stesso che quel quadro sarebbe stato il pretesto più originale per dare inizio a una storia d’amore, uno di quegli inizi che non si può non raccontare.

E’ la volta di Firenze con i suoi spazi aperti sotto cieli limpidi di primavera. Le rondini cantano sopra Palazzo Vecchio e il sole colpisce le sculture rivelando sempre qualcosa di nuovo. A Firenze l’amore non ha progetti, se non quello di lasciare a bocca aperta. Qui si scoprono visi ridenti condividere momenti di vita indelebili. Qui i baci sanno di storia e non passa giorno che un nuovo “ti amo” sia pronunciato sotto questo cielo. La frenesia della quotidianità procede con una fluidità frustrante tipica del paesaggio cittadino, ma qui l’amore non ha orecchi per ascoltarne il frastuono, né occhi per esserne distratto.

Sofia cammina tra le rovine del Foro romano guardandosi attorno ogni volta come fosse la prima, eppure è la quarantasettesima, o giù di lì. Nonostante la lontananza storica che la separa da quegli edifici, essi la coinvolgono nella loro essenza rendendola partecipe del passato. Immagina di essere donna nell’antica Roma, innamorata follemente di un principe al quale però non può che aspirare. Lo sogna camminare tra le vie della città, bello di sfarzo e inavvicinabile. Sofia attende un poco in un angolo, silenziosa, ascolta. Non riesce a cogliere altro che il battito del proprio cuore che le esplode insistentemente nel petto, non sa porre a tacere le vertigini che gridano nel suo stomaco. D’improvviso un suono nuovo. E’ il passo di lui che avanza dalla via accanto. Il cuore tace e con quello anche il respiro. La donna appoggia la schiena diritta sull’unico muro freddo che la divide dal principe e fantastica mille e mille notti insieme a lui.

I suoi sussurri si confondevano con quelli delle onde e lei amava ascoltarli a occhi chiusi. L’immensità del mare di Palermo si distendeva davanti ai due con una sola promessa: l’infinito. Seduti sulla battigia si scambiavano sguardi della profondità del mare e il sole al tramonto li faceva brillare picchiando sulla pelle bagnata. La felicità li accomunava in un unico fresco sorriso che Palermo aveva appena conosciuto ma che si sarebbe radicato in essa, pronto a vivere con la vivacità di un bozzolo appena schiuso.Un amore, il loro, che aveva attraversato il mare arrivando sin qui dalla Libia; un amore più forte delle difficoltà che si sarebbero presentate sulla loro nuova vita e che permetteva a entrambi di vedere “in rosa” oltre il drammatico cobalto delle profondità dell’abisso.

2 thoughts on “52/2016. “L’Italie en rose”: per ogni paesaggio italiano una scena d’amore da raccontare

  1. Premetto di non averli letti tutti, ma tra quelli che ho selezionato in base al titolo questo insieme di racconti è decisamente quello che preferisco! È scritto molto bene, è scorrevole e coinvolgente. Specialmente mi è piaciuto il brano sul bacio di Hayez! Complimenti!

  2. Testi bellissimi che rappresentano scene d’amore molto vere. Nel leggerli mi ci sono immedesimata perfettamente

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