53/2016. Un caffè storico

I rintocchi delle campane di Venezia scandiscono i minuti che scorrono fugaci. Oggi è un giorno di festa.

I colori del carnevale conferiscono un’atmosfera magica, vestendo la città di un abito sfarzoso, pulito dal grigiore della quotidianità.

Dame e cavalieri danzano sulle note effimere di liuti e chitarre e i riflessi dell’acqua scagliano bagliori lucenti sui gioielli delle nobildonne riccamente agghindate.

Dalle vetrate del caffè Florian, Carlo Goldoni ammira i movimenti leggiadri, sorseggiando una tazza del caffè più rinomato di Venezia. L’aroma dell’espresso si diffonde nel locale, inebriando i sensi dei clienti.

Mentre il caffettiere è intento a macinare i chicchi di caffè, Goldoni ne scruta i movimenti esperti e, spinto dalla curiosità di scoprire i segreti delle varie miscele, si avvicina: sente le narici inondarsi del profumo amaro e speziato tipico. Si chiede chi abbia scoperto questa bevanda che in breve tempo è diventata tanto amata e ricercata.

Il caffettiere sembra leggergli nella mente e inizia a parlare, senza distogliere lo sguardo dai chicchi disposti sul bancone quasi in fila indiana: «c’è una leggenda; narra di un giovane pastore al pascolo con il suo gregge: le pecore, dopo una lunga giornata di cammino, non mostravano segni di stanchezza e, anche dopo il tramonto, erravano belando nel campo dove si erano stanziate per la notte. Il pastore scoprì che la causa della loro insonnia erano alcune piante di cui le pecore si erano cibate. Curioso, il giovane decise di provarle, ma ritenendole troppo amare le mise in infusione nell’acqua calda. Scoprì così la bevanda del caffè e i suoi utilizzi».

Il caffettiere sospende per un attimo la macinatura e per la prima volta solleva gli occhi sull’uomo che ha davanti. «Piacere di conoscerla, sono Ridolfo, caffettiere».  «Piacere mio, Carlo Goldoni, scrittore».

Improvvisamente la porta del caffè si apre e vi entra una giovane donna dalla carnagione chiara e i lineamenti dolci. Si siede solitaria a un tavolino sul fondo del salone e con un elegante movimento del braccio scioglie i capelli, che le ricadono ondulati sulle spalle incorniciandole il viso, un volto angelico e semplicemente perfetto, degno di essere ritratto dal più grande degli artisti. La sua postura, i movimenti della bocca, i gesti delle mani, lo sguardo fatato e sognatore celano la grazia e la magia che solo una ballerina può portare nel cuore.

«Raffinata, elegante, ordinerà sicuramente una miscela dolce. Cannella, come il suo profumo».

Ridolfo guarda l’uomo che ha di fronte, pensa che gli scrittori debbano essere fantasiosi, «vorrà una miscela dall’aroma deciso e intenso, come le sue poesie».

Goldoni lo guarda stupito: «Come lo sa?». «È il mio mestiere, io scrivo la storia del caffè».

2 thoughts on “53/2016. Un caffè storico

  1. Lo stile mi pare un po’ artificioso, le scelte lessicali rischiano di passare per forzature. Avrei dato più spazio a un linguaggio realistico.

  2. Secondo me invece lo stile ridondante e lezioso funziona, fa entrare in un ambiente un po’ stucchevole come immagino fosse quello veneziano dell’epoca. Solo che il finale è tronco e inconcluso: Peccato perché l’idea è molto interessante

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