54/2016. Messaggio dall’abisso

Come è bello il mondo da quassù. Il buio della notte è illuminato da flebili luci. Le percezioni mi giungono amplificate: più intenso il profumo che viene dai cespugli di rosmarino e vividi i colori… quasi brillanti alla luce di una falce di luna.

Sotto di me, giardini variopinti e macchie di un verde, dove più chiaro, dove scuro e impenetrabile.

La velocità del pensiero è un’esperienza assolutamente nuova.

Tanta distanza in una manciata di secondi… ma non c’è tempo di fermarsi.

Ancora un paio di ore di silenzio e di penombra. Poi si leverà il sole…

Il tempo non è più un mio problema. Lo so per certo.

Sono a Roma, città di ricordi, di monumenti, di cultura e incontri.

I canaletti e le stradine, in alcuni punti, rievocano nella mia mente scorci suggestivi veneziani.

Ho un ricordo intenso di Venezia, la dolce città dal profumo salmastro.

Fino a qualche giorno fa non ero così consapevole del mio grande attaccamento all’Italia; mi passano davanti immagini di città, edifici, strade e monumenti: quelle più note e quelle più nascoste.

Ricordo il fascino antico del Colosseo, la sua imponenza, per non parlare del duomo di Milano; è ancora vivo il ricordo della galleria degli Uffizi a Firenze, la prima tappa di un viaggio che feci anni fa insieme a Maria, mia moglie. Quanti ricordi, quale profonda serenità.

Suoni e voci sembrano confondersi. Da questa distanza distinguo una voce maschile. Di che parla? Certo, di politica o di calcio.

“I problemi del nostro Paese non saranno mai risolti… La politica è diventata un mestiere molto redditizio…”

Da una finestra aperta, una tv ancora accesa mostra l’ennesima tragedia del mare: l’orrore diventato realtà.

Corpi senza vita sono ripescati a Lampedusa; povere persone che cercavano solo salvezza per la propria famiglia.

Passo oltre. Sentite ora? In quella piazza, sulla destra, quanti ragazzi! Parlano di calcio, di chi ha vinto la partita; scherzano tra loro con leggerezza; fanno il tifo per squadre diverse.

Sanno apprezzare la piacevolezza di uno sport senza sfociare in atti di violenza, come avviene sempre più spesso negli stadi.

Tuttavia io sono lontano anni luce anche dalle principali passioni italiche, che erano anche le mie passioni.

Tutto è lontano per chi ha varcato il limite.

Qui i rumori del mondo mi giungono in sordina, eppure ogni cosa è assolutamente reale.

Che bella gioventù… ora quei ragazzi parlano di scuola, del loro futuro; cosa potranno fare?

Posso dir loro che mio figlio da un anno è a New York; laureato in Medicina, sta cercando una cura per il cancro. I giovani ricercatori non hanno vita facile nel nostro Paese, ma sono sicuro che lì potrà avere molte più possibilità. Ho sentito la sua mancanza.

Ho una sua foto proprio qui, nel taschino, vorrei mostrarla a tutti, ma non sembra mi prestino attenzione…

Che succede? Uno sparo! Mi avvicino per vedere meglio… tutti corrono, si nascondono e non guardano. Arriva la Polizia. Non sembra finire bene.

Ebbene sì, anche a Roma accadono omicidi.

Rifletto sugli ultimi fatti di cronaca. La giustizia è spesso ostacolata dai ritardi di processi infiniti e da una serpeggiante corruzione.

Non resta che pregare. La gente ripone le proprie speranze in Dio.

Cammino lentamente, ma copro distanze enormi. Vorrei davvero parlare con qualcuno di tutto questo, ma mi sento strano, come se non fossi più io e mi chiedo cosa mi sia successo. Per le strade, tra i lampioni, la freschezza del Lungotevere è piacevole. Il Ponentino, quasi fosse una carezza, mi dona sollievo. Si avvicinano due poliziotti di quartiere. Finalmente qualcuno con cui parlare… “Cosa è successo poco fa? Chi ha sparato?” Non capisco… sembrano non vedermi e passano oltre senza rispondermi.

Cresce l’ansia, mentre mi aggiro tra le vie di Ostia antica… un bagliore attira la mia attenzione: tra le foglie secche mi chino a raccogliere una strana pietra. Sembra un diamante oppure un pezzo di vetro dai riflessi cangianti. Stranamente mi sento sollevato.

Ricordo l’incontro con mia moglie Maria. La incontrai proprio qui, mentre disegnava ascoltando la musica di Verdi. Che artista stupendo! Quanta storia, quanta cultura nel mio Paese! Era un’appassionata pittrice, adorava gli affreschi di Michelangelo e per lei ho visitato ogni museo possibile. Ora è riuscita a coronare il suo sogno: è diventata una restauratrice. Mi manca, mi sento solo senza lei che è sempre in giro per l’Italia, e senza mio figlio.

Penso sia ora di tornare a casa, si è fatto tardi. Apro la porta e… Che sorpresa! Mia moglie e mio figlio sono qui! Hanno ascoltato le mie parole. Sono venuti a trovarmi, a salvarmi dall’amarezza! I miei problemi si risolveranno ora che sono con loro.

C’è qualcosa che non va. Perché non ridete? Perché piangono? Mi si gela il sangue: al centro della stanza una salma… sono io.

Era questa la sensazione di vuoto che pesava dentro di me nel camminare nelle stradine romane.

Un mese fa ho perso il mio lavoro, facevo l’operaio in una fabbrica. Volevo ristrutturare casa per quando sarebbero tornati. Nonostante la stanchezza, trovavo la felicità nei miei sogni, quando di sera crollavo sul divano e vedevo il loro volto felice. Al mattino mi svegliavo di buon’ora. I brontolii dello stomaco mi ricordavano di non essere abituato a saltare la cena. Al lavoro mi aspettavano ore faticose. Il mio capo aveva accumulato debiti insolvibili e ha deciso di chiudere la ditta lasciandoci al nostro destino. Trovare un nuovo

lavoro in Italia di questi tempi è difficile, ma non ho voluto chiedere aiuto.

Dopo mesi di rinunce e di vagabondaggio per le strade della mia bellissima città, non ho trovato alcuna soluzione se non quella di porre fine a questa agonia… subito dopo il freddo notturno mi ha avvolto e non ero più a casa…

“Buongiorno, tesoro, svegliati, c’è una telefonata per te!”

È mia moglie Maria! Apro gli occhi disorientato. Allora era stato tutto un sogno! Guardo incredulo mia moglie e mio figlio.

“Buongiorno Sig. Agazzi, ci aveva contattato per quel posto di lavoro… sarebbe disposto a… porti tutta la documentazione.”

Ritorno in camera. Ad un tratto qualcosa attira la mia attenzione.

Guardo con ansia sul comodino: non c’è più il contenitore della sostanza letale, ma, quasi nascosto dalle trine di cotone, mi accorgo di un bagliore già visto e mi si ferma il respiro… nella mia mano una piccola pietra dai riflessi cangianti brillava di una strana e meravigliosa luce.

Una luce di speranza si è accesa, per me, per mia moglie, per mio figlio. Non potevo gettare via la mia vita. Ho scelto di andare avanti.

L’ho fatto per la mia famiglia, per riconquistare la felicità d’un tempo, l’entusiasmo e la voglia di fare.

Perché si, Noi italiani, seppur goffi e spesso spaesati, non ci arrendiamo mai: costruiamo il nostro futuro, il nostro destino, passo passo, cadendo, rialzandoci caparbiamente e affrontando i periodi più tenebrosi.

2 thoughts on “54/2016. Messaggio dall’abisso

  1. Bello, interessante anche il doppio finale. Forse un po’ esornativa la conclusione, che sembra voler spiegare un racconto che invece si spiega benissimo da sé.

  2. Un racconto particolare e curioso che si contraddistingue per le riflessioni del protagonista, che è descritto con una raffinata introspezione psicologica. La conclusione del racconto propone un atteggiamento di speranza rispetto alle circostanze attuali. 10 e lode!

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