61/2016. Il degenero

Il periodo adolescenziale,attraversato da tanti miei amici e da me medesima,è caratterizzato da innumerevoli piaghe,può essere paragonato ad un crogiolo in cui si ritrovano tutti i problemi e le gioie di giovani di diverse estrazioni sociali,culture e religioni.Essendo io una ragazza nera ed immigrata,ma soprattutto patriottica ed innamorata del mio continente di provenienza,mi crea un certo malessere il fatto che moltissimi ragazzi africani in Italia vivano in un deterioramento che essi stessi alimentano.Cerco perennemente di analizzare la “cosa” da un punto di vista metodico,quasi eziologico,ma le conclusioni sono spesso indegne di essere chiamate tali,e soprattutto amare.Abbiamo un’età compresa tra i 13 e i 25 anni,gran parte di noi arriva in Italia nell’età adolescenziale.Gli adulti che ci educano sono,a volte,illetterati sbagliano a trasmettere un anti-valore,quello della rassegnazione e della mancanza di ambizione.Dopo le scuole medie i neo-adolescenti extracomunitari si trovano a dover scegliere una nuova scuola:i corsi professionali liquidabili in tre anni sono i più gettonati,quelli in cinque anni ancora di meno e per i licei si riscontra una percentuale marginale.Lo spirito comune a tutti è quello di ultimare presto gli studi,trovare un lavoro e abbandonare il nucleo famigliare in cui sono inseriti;non vi è possibilità o spazio per sentirsi italiani.Contribuiamo a mantenerci precari,non abbiamo in testa di integrarci a tal punto da svolgere gli stessi mestieri degli italiani,i nostri genitori non credono che i propri figli possano diventare dottori,avvocati,insegnanti,banchieri.Sembriamo alla ricerca della nostra identità,non vogliamo assomigliare ai genitori,ma inconsciamente ci dirigiamo verso la loro stessa meta,è il concetto della trasmissione intergenerazionale delle attitudini sociali,sogniamo poco(i maschi vogliono essere calciatori,le femmine modelle).Proviamo a tutto senza ritegno,senza contegno,il fumo,il sesso,la droga,l’amore privo di valori,il divertimento sfrenato.Ci creiamo un mondo nostro,inaccessibile ai genitori e agli italiani,operiamo un distacco tra noi e noi,ci facciamo influenzare,ci lasciamo guidare dal nulla,siamo senza élite rappresentativa,siamo perduti tra i nostri valori e i nostri demoni,sappiamo cogliere e incrementare il peggio del nostro essere multiculturali.Amiamo la musica,la nostra autentica musica,il nostro ritmo travolgente,i nostri movimenti,le nostre danze;pertanto a gruppetti,in ogni città,formiamo degli staff e affittiamo delle sale,ricreiamo un’atmosfera da discoteca e adattiamo gli orari alle nostre esigenze,i prezzi sono anch’essi adatti al nostro potere d’acquisto che è misero;in queste discoteche improvvisate e sotterranee,non si controlla l’età,basta avere i soldi per l’entrata:in tal modo,tredicenni vengono a contatto con ventenni ed è l’inizio di un altro degenero,quello delle scelte immorali(rapporti saltuari tra bambini inesperti e adulti consci,ma noncuranti e dediti solo al divertimento).Il nostro mondo è fatto anche da ciò che comunemente chiamiamo”swag”,vale a dire lo stile,il gusto nel vestirsi:per le femmine,pantaloni stretti,magliette corte e minigonne o vestiti attillati e tacchi,tutto quanto per svelare le nostre forme;per i maschi magliette larghe,pantaloni corti e calze sotto o calzini lunghi e scarpe di marca.Per mantenere questo stile,ci prestiamo gli indumenti,spesso siamo disposti a rubare per dorare la nostra apparenza.Di fronte a questo disastro,mi sento impotente.Sono fortunata perché ho avuto dei genitori che ben presto mi hanno insegnato a credere in me stessa.Tuttavia,sento di appartenere a due mondi diversi,ma non mi immedesimo in alcuno dei due:nel mondo dei neri mi capiscono in pochi,nel mondo dei bianchi,mi sento apprezzata intellettualmente,ma so che non è il mio mondo,ho saputo cogliere il meglio delle due culture che si intrecciano in me,e ancora non credo di sapermi situare da qualche parte.Occorre una Giovine Italia dei neri,abbiamo bisogno di modelli da seguire,necessitiamo di giovani neri acculturati in grado di dimostrarci che valiamo davvero.E io credo nel valore della filosofia,della letteratura,sono fermamente convinta che la cultura sia un buon deterrente e che possa mutare la storia,e intimamente so che succederà.In realtà,non possediamo nulla,ma ancor peggio è il fatto che non sappiamo cogliere il bene maggiore che ci viene offerto:la cultura!È la cultura da noi rigettata che costituisce l’identità nazionale e che forgia lo spirito di italianità.I ragazzi come me sono degli ibridi,impossibilitati nell’assimilare a fondo un solo tipo di valori.La mancanza di identità causa degenero,che,a sua volta,crea una condizione di subalternità o di inferiorità intellettuale dei ragazzi immigrati rispetto ai loro coetanei.Ma io non lo voglio accettare, non posso.Mi sento come una giovane mamma che ha vissuto due gravidanze dalle quali è nato un primo figlio che si chiama Burkina nato nel 1997,l’ho consapevolmente e volutamente scelto;la seconda figlia si chiama Italia ed è nata nel 2008,non l’ho voluta e non l’ho scelta,ma l’ho accolta e ho imparato ad amarla.Burkina ha passato undici anni in Africa e quando è arrivato in Europa,la famiglia si è allargata e ha accolto la sorella Italia.Egli era abituato a correre in giro a piedi nudi con i suoi amici e fabbricava giocattoli di fango da far essiccare al sole.Sono stati gli undici anni più belli della sua intera esistenza,ricorda che già dai sei anni tutti i bambini dovevano imparare l’inno a memoria ed ogni mattina in tutte le scuole un bambino,a turno,procedeva ad issare la bandiera mentre si intonava l’inno.Aveva l’uniforme e gli piaceva moltissimo,si sentiva un bambino speciale con l’uniforme anche se, appunto, erano “uniformati”.Amava le favole in dialetto del nonno,andare al mercato con le zie e gustare tutti i frutti che gli regalavano le venditrici,amava la cucina squisita della mamma,una cucina sempre colorita e dai profumi inebrianti,guardare le trasmissioni comiche e rideva senza capire,rideva per ragioni sue,rideva perché stava bene in quella culla così sicura.Tuttavia,dopo 11 anni Burkina si ritrovò catapultato in un altro continente,lasciando dietro di se famiglia e ricordi.Da mamma,ho dovuto adeguarmi a nuovi alimenti,nuovi mezzi di cucina,nuove ricette,nuovi sapori:ho dovuto svezzare il nostro palato abituato alla sapidità africana.Burkina era isolato,privo di punti di riferimento e gli mancava la sua vita di prima.Ogni mattina mentre andava a scuola,intonava il suo inno per non tradire la patria e poi col passare degli anni ha scordato le parole e si è vergognato profondamente.Non aveva più l’uniforme,ma i suoi compagni si. Era l’uniforme della nazionalità,erano uniformati dal loro essere italiani e lui sapeva che non avrebbe potuto indossare quell’uniforme perché sarebbe sempre stato diverso.L’insegnante di storia diceva che essere italiani significasse condividere un territorio,una storia,un progetto,ma gli serviva una definizione più ampia da seguire meccanicamente.Per sua sorella,la risposta era semplice:”Significa essere innanzitutto nata in Italia e possedere la cittadinanza italiana, cioè avere nei confronti dello stato particolari diritti e doveri,questo dal punto di vista burocratico e civile.Invece,moralmente significa parlare l’italiano come madrelingua,rispettare e amare la tradizione”.Ora,i coetanei di Burkina si apprestano a votare,e lui non potrà votare perché non ha la cittadinanza.Italia ha quasi 8 anni e deve aspettare ancora due anni per richiedere la sua carta di cittadinanza.È così che dialogano le mie due identità culturali:inizialmente non si capivano,ma col tempo si sono accettati.Ora si prestano addirittura i giocattoli,ideano progetti in cui ognuno apporta la propria esperienza.E io,come una madre gelosa dei propri figli,sono fiera di averli.

3 thoughts on “61/2016. Il degenero

  1. È come se fossero due racconti distinti, la prima parte e la seconda. L’idea della doppia gravidanza è interessante, starebbe in piedi da sola e credo condurrebbe a un originale risultato.

  2. Vero. Comunque è un testo molto intenso, quasi urlato. L’ho letto tutto molto volentieri e questo è già un pregevole risultato. Brava, Burkina-Italia! Spero tu venga premiata.

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