84. 2113

Ginger aprì gli occhi. Era stranissimo non sentire nemmeno la lieve sensazione dell’aria fresca sul viso. Guardando in alto, il cielo limpido sembrava quello di sempre, ma, prestando attenzione, si vedeva una sorta di luccicante velatura, uno strato quasi invisibile. Era la cupola di vetro, che la proteggeva dall’esterno.

Quando aveva accettato di fare parte del programma di scoperta del futuro, non aveva immaginato che avrebbe trovato un mondo così profondamente cambiato. Con la sua cieca fiducia, aveva creduto che, con il tempo, sarebbe migliorato. Invece, gli uomini erano semplicemente diventati più bravi a difendersi dal mostro in cui lo avevano trasformato.

Era un bel parco, quello in cui si trovava. Le panchine non erano rovinate. Non potevano esserlo, non sentivano mai nemmeno il lieve scalfire del vento, né subivano i capricci della pioggia. Alcuni bambini giocavano. Nonostante fosse inverno, indossavano abiti leggeri e comodi. Tutto era riscaldato, sotto quella cupola di vetro.

La città era fatta di cupole di vetro enormi che inglobavano gli edifici. Erano collegate tra loro da gallerie e passaggi, sempre protetti. C’erano delle porte per uscire, ma dovevano essere usate solo in estremi casi di emergenze. L’aria esterna, inquinata, era meno salutare di quella artificiale che era creata nel loro mondo sterile e protetto, difeso dalla natura.

Erano belle e nuove le strutture che l’uomo aveva creato per vivere durante il periodo della pulizia dell’aria. Ginger, quando era stata risvegliata, si era trasferita in un bilocale ordinato, estremamente curato, accogliente. Ma era rimasta incredula quando le avevano spiegato che, per ragioni di sicurezza, non sarebbe potuta uscire a prendere aria o a visitare la sua città, per notarne i cambiamenti. Nessuno ne soffriva, poiché quasi tutti erano nati già in quelle condizioni. Era un mondo lussuoso e protetto. Le malattie si erano drasticamente ridotte, anche se sembrava che l’uomo stesse decidendo di estraniarsi dal suo stesso mondo. Fatto che a Ginger, che veniva da cento anni prima, sembrava assurdo.

Non riusciva a sentirsi a casa. Jamie, il suo ragazzo, quando le aveva detto addio aveva previsto che sarebbe successo. -Tu sei nata qui-, aveva detto, -e non puoi credere davvero che tra cento anni ti sentirai ancora parte del mondo. Non sarà come trasferirsi, ma come cambiare pianeta. Non la troverai, un’altra casa-.

Jamie aveva avuto ragione e lei non lo aveva ascoltato. Lui le mancava tanto. Eppure non si pentiva della sua scelta. Aveva deciso di offrirsi per testare un liquido che, iniettato, paralizzava il corpo, lasciandolo esattamente nelle stesse condizioni, fino a quando non era somministrato un antidoto. Ginger aveva pensato a Giulietta. Il suo sarebbe stato un sonno simile, solo molto più lungo. Ma, al suo risveglio, Jamie sarebbe stato lontano. Lui l’aveva lasciata andare. Aveva detto che sarebbe stato felice per lei, anche se non condivideva le sue idee. Ginger era felice di avercela fatta. Era certa che si sarebbe abituata al nuovo mondo.

Non si era ancora fatta degli amici. Si era svegliata da un paio di settimane, tuttavia non era sola. I medici e gli organizzatori erano incredibilmente gentili. L’animo coraggioso, forte e indipendente di Ginger non si era spento.

Non era la prima volta che Ginger si trasferiva. A dieci anni, dall’orfanotrofio si era spostata in un collegio femminile. Poi, a quattordici anni, era stata adottata da una famiglia splendida. I suoi genitori l’avevano accolta e amata. Era stata loro immensamente grata, soprattutto quando le avevano detto che, pur di vederla felice, avrebbero approvato ogni sua scelta.

Lei non aveva avvertito lo scorrere del tempo, ma si rendeva conto che era passato, vedendo una società così diversa. Nei pochi momenti in cui si concedeva di ricordare, le sembrava assurdo credere che i suoi genitori e Jamie erano invecchiati e poi morti. Forse Jamie era diventare uno scrittore, si era sposato, aveva avuto dei figli, dei nipoti. Ginger sperava che non avesse sofferto. Gli voleva molto bene.

 

2113

 

Cento anni prima, quando ancora non aveva deciso di voler vivere nel futuro, c’era un posto che amava particolarmente. Da piccola, nei giorni più belli della sua infanzia, quelli delle gite al mare, andava sempre a sedersi ai piedi del faro. Pensava alla sua vera madre, si guardava le mani e si chiedeva se somigliavano almeno un po’ alle sue. Poi guardava il cielo e si chiedeva quanti altri tramonti sarebbero scesi su quel mare luccicante prima che lei trovasse una famiglia. Quel luogo, dove poteva respirare il profumo della salsedine e stare sola per qualche ora, era l’unico in cui si fosse mai sentita davvero a casa. Senza camere, mobili, sedie. Era la sua casa, un luogo autentico.

Il mare distava una ventina di chilometri dalla città, dunque solo uno spazio relativamente breve la separava dalla sua casa, ma lei non ci poteva andare. Tra di loro c’erano strade e campi dove nessuno camminava da molto tempo e un’aria irrespirabile. Si diceva anche che il colore del mare fosse cambiato, reso violaceo da una strana sfumatura.

Ginger si alzò dalla panchina e decise di tornare all’appartamento. Per la strada comprò del tè, un pacchetto di zucchero e un filone di pane. Si fermò poi ad ammirare alcuni dei bellissimi abiti che andavano di moda in quel secolo. Non mancava nulla. Se non avesse conosciuto il suo tempo, probabilmente lo avrebbe trovato un mondo stupendo. E come poteva anche solo sperare di far capire ad un bambino nato nel 2113 la sensazione di vivere il mare?

Prima di svoltare verso il suo alloggio, si accorse di un piccolissimo negozio. L’insegna diceva “Fotografie d’epoca”. A Ginger erano sempre piaciute le foto in bianco e nero degli anni Cinquanta, dunque decise di entrare. Rimase sorpresa quando scoprì che nel piccolissimo negozio lo spazio era quasi interamente occupato da una scala a chiocciola. Scese e, con suo enorme, stupore, si trovò in una stanza sotterranea enorme, ben illuminata. Alle pareti erano appese moltissime fotografie. Un uomo anziano, in un angolo, sorrideva alle persone che le osservavano. Solo in quel momento, Ginger si rese conto che non avrebbe trovato fotografie degli anni Cinquanta. Le fotografie appese al muro venivano dal suo tempo, quello in cui lei era nata.

Un’immagine catturò la sua attenzione. Ginger quasi corse per andare a vederla. Era una fotografia che rappresentava un tramonto, uno splendido tramonto in riva al mare, in riva al suo mare, capeggiato da un faro, il suo faro. Rimase a fissare la fotografia per molto tempo, anche se a lei parve un istante.

-Le piace così tanto, signorina?-.

La voce dell’uomo anziano la fece trasalire. Si rese conto di essere rimasta l’unica persona nel negozio.

-Conosco questo posto- mormorò Ginger, -ci vado spesso… cioè, ci andavo-.

L’uomo la guardò incuriosito. –Lei viene dal passato?-.

Ginger rispose annuendo.

-Senta, signorina, allora mi permetta di regalargliela-.

-No, la prego. La posso comprare-.

L’uomo staccò la fotografia dalla parete ed iniziò ad avvolgerla con della carta. –No, vede, io sono un grande appassionato del passato. Mio nonno mi raccontava sempre del mondo all’esterno. Per me le persone come lei sono un tesoro. Mi permetta di farle un regalo-.

Ginger, una volta tornata all’alloggio, appese la fotografia sulla parete di fronte al suo letto. Non riuscì a trattenersi e scoppiò in lacrime. Tuttavia si rese conto di essere davvero felice, fiduciosa, per la prima volta da quando si era svegliata. Con quel ricordo presente accanto a lei, poteva ancora sentirsi a casa, poteva edificare una casa a partire da quella bella fotografia. Il suo mondo non era sparito, si era semplicemente modificato. Decise che da quel momento avrebbe aspettato di poter uscire per andare al faro. Intanto, avrebbe avuto con sé una parte del suo luogo più bello e adorato, quello che sentiva di calore, vita e amore. In quel momento, riuscì persino a sentire il suono della risata di Jamie.

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