22. L’uomo

Genere: Monologo

Ho vestito nuove vesti. Ho portato in molti luoghi i miei occhi,sempre quelli, sempre due, sempre pochi.

Ma la mia storia non è storia di vittorie, vorrei solo poter parlare con voce sicura.

Quando chiudi la porta della tua casa, e sai che non tornerai presto,forse nemmeno tornerai…

Non è andata così,no. Non posso davvero dire di aver avuto una casa, sarebbe una grande menzogna e non posso permettermela,perché non voglio raccontare a qualcuno,anche se so che qualcuno ascolterà, voglio solo parlare a me stesso e fare della mia storia come una favola per bambini.

E ai bambini si mente,certo, ma solo se serve e se la menzogna costruisce una verità a portata di mano.

Ma dobbiamo cominciare,cuore mio, anche se la voce non è ancora sicura.

Diremo quindi,c’era una volta.

C’era una volta il freddo. Primo ricordo dell’infanzia, compagno fedele della mia pelle.

Ho ancora davanti agli occhi il fumo che usciva dalla bocca,ad ogni parola, che sembrava se la portasse via il dannatissimo vento. Non ho mai imprecato contro il freddo,questo va detto ad onor del vero. Ma imprecavo spesso verso coloro che avevano un tetto,non per invidia, ma per compassione nei loro confronti.

Ho dimenticato presto il significato della parola tetto, fui gettato nel mondo quando ormai ero considerato un ragazzo capace di affrontare la vita.

Sono figlio del nulla e tetto e patria sono per me parole vuote, e più mi sono sforzato di riempirle, più ho trovato del tutto insignificanti e il riempirle e il crederle importanti.

 

Mi sentivo come quei personaggi dei romanzi,allevati nelle foreste,da generosi animali, e costretti ad un tratto a tornare nella civiltà.

Non so dire come resistetti agli stenti,il corpo forte resse per abitudine, rinvigorito talvolta da qualche persona che cercava di volere bene ad un senza nome.

Ricordo la figura di un piccolo venditore,onesto,buono di cuore, che cercava di mettere nel mio stomaco qualcosa di caldo,un po’ di cibo che mi garantisse la sopravvivenza. Non ho mai chiesto a nessuno di provvedere a me,in nessun modo. L’unico mio nutrimento era viaggiare,ed iniziai appena ne intuii il valore e la bellezza.

Me ne andavo per le strade, fantasma discreto, osservavo i volti delle persone e non provavo nulla.

Quando le persone camminavano davanti a me e io guardavo le strade,sentivo solo freddo in inverno, solo polvere quando il sole tornava a battere caldo.

Poi,un giorno come tanti altri, i miei occhi cambiarono,per la prima volta. E credo che da quel momento siano sempre cambiati,pur rimanendo sempre quelli,sempre due,sempre pochi.

Mi accorsi che gli uomini non si assomigliavano, che non era vero quello che sentivo per le strade,che alla fine sono tutti uguali,stesse debolezze stessi pregi ecc ecc..

Mi vergogno ad ammetterlo.

Le cose non mutarono per colpa mia.

Fu colpa di uno sguardo,ma non era mio. Mi sentii un uomo,perché una persona mi aveva guardato,anche per più di un secondo,non di sfuggita come sempre.

In questa fiaba,quello fu un momento importante. Capii che essere uomini è una scommessa per essere diversi,per essere migliori,forse.

Imparai ad osservarvi,voi uomini. Prima d’allora non mi ero mai sentito parte dei vostri corpi,quei corpi che non avevo mai sfiorato,se non raramente nell’infanzia,e mi chiedo se avrei dovuto.

Non giudicatemi un debole,nemmeno un emarginato,vi prego.

E non pensate che persone come me possano esistere solo in qualche libro,con non poca dose di immaginazione.

Sono un diverso,e sono solo.

Ma la solitudine, e direi pure il silenzio, mi hanno permesso di maturare per voi un’emozione. Qualcuno la chiamerebbe amore,probabilmente. E posso farmi andare bene questa definizione, purché sia chiaro che prima di amarvi sono rimasto una vita intera a interrogarmi,stupefatto e talvolta furioso, su quello che siete.

Da quel giorno riuscii ad osservare con interesse e profondità, senza perdere tutto quel mondo immenso che sta sotto la carne delle persone,sotto le montagne dell’esistenza.

Amavo immaginare le storie degli uomini, sentire la fratellanza intima che mi lega a ciascuno di voi; seguire i vostri sguardi,percepire sul volto i minimi cambiamenti prodotti dalle sensazioni,amiche del cuore. E,non vogliate ridere di questi miei vaneggiamenti, mi piaceva immaginare che quel volto non fosse altro che la scultura di un artista che ha il suo laboratorio nelle profondità di ognuno.

Ricercavo l’essenza e la spontaneità, quel primo impulso al fondo dell’uomo che è l’uomo.

Ma voi vi state dimenticando di questo impulso.

Le vostre città si stanno affollando di persone che guardate con occhi distratti,quando va bene, con occhi di superiorità,con occhi di diversità,con occhi lontani,quando va come ormai ho imparato a comprendere che vada.

Gente diversa,sì,come me. Ho passato alcune notti in compagnia di questi amici, si accendeva un debole fuoco, si parlava sfregando le mani.

Un senegalese di mezza età una volta mi disse che aveva paura, degli uomini, perché non li riconosceva più. Che si stava abituando a pensare sempre il peggio delle persone che incontrava,ma che sperava di non diventare mai come loro.

Io,che non sono mai arrivato ad odiare la nostra specie tanto da averne paura, gli dissi che però aveva ragione,l’uomo stava riuscendo a cancellare se stesso,senza accorgersi.

Io non ho mai smesso di viaggiare, ho avuto la fortuna di incontrare migliaia di ombre di uomini sempre in cerca di una patria,ma anche solo di una casa dove stare. Queste anime che entrano qualche volta nelle vostre vite e nella mia,e poi spariscono,come se non fossero mai esistiti.

E permettetemi di dire che siamo tutti un po’ in viaggio,anche nei piccoli tratti, ma pochi di noi si accorgono del viaggio di tanti altri come noi.

Riconoscersi non è calpestarsi.

Viaggiare non è lo sfogo di un’ambizione, ma la nostra vita che ci chiede dei piedi,delle gambe su cui camminare.

Non mi sono imposto di viaggiare,girovago,per tutta la vita. Ma ho maturato la convinzione che questa sia l’unica cosa che mi resta e che molti di voi dovrebbero riscoprire in ogni singolo muscolo.

Un giorno mi imbattei in una donna cieca. Vi prego di scusare il disordine dei miei ricordi,so bene che fiaba peggiore non potrebbe scriversi.

Passai qualche mese con lei,mi piaceva parlarle perché sapevo che non poteva disprezzarmi per quello che sembravo. Anche ella,come me, camminava da una vita,ma non aveva mai visto nulla. Le chiesi gentilmente se fosse riuscita a riempire di senso il suo viaggiare,anche se priva della vista, ed ella mi rispose che se non fosse stata cieca non avrebbe mai girovagato per le strade degli uomini.

Rimasi perplesso.

Pensai a lungo.

Forse ad un certo punto capii.

Ella credeva di essere nata diversa,come darle torto. Ella aveva deciso di vivere per ascoltare,annusare,toccare in ogni dove la diversità che ci accomuna.

Le chiesi conferma. Mi disse sottovoce che inizialmente aveva provato con tutta se stessa a sentirsi come gli altri,ma più cercava e meno riusciva.

Per questo aveva capito che la diversità non stava solo nei suoi occhi,ma stava in ognuna di quelle voci che udiva per le strade.

Come ho detto,viaggiammo assieme per qualche mese.

La tenevo sottobraccio, le raccontavo quello che vedevo,ma sembrava che sapesse già tutto, ancor prima che aprissi bocca. Non le domandai mai se davvero lo sapeva.

Nel mio sentiero ho incontrato molte altre persone,ma non posso ricordarle tutte. I loro visi son ben presenti alla mia memoria,ma il mio cuore non vuole scomodarli troppo da dove stanno. Negli ultimi anni le persone invisibili come me sono fiorite dalla terra dell’indifferenza che voi uomini mostrate per coloro che viaggiano con una pelle diversa dalla vostra,con vestiti che non son i vostri, eppur battiamo con i piedi la stessa terra.

Colla differenza che noi la conosciamo meglio,intendo noi che viviamo sotto il cielo,sempre.

Non voglio fare della mia storia un’esortazione per risvegliare la vostra umanità. Ma come tutte le favole,anche la mia ha una morale.

Votami

2 thoughts on “22. L’uomo

  1. A tratti forse troppo riflessivo e quasi filosofico ma senz’altro piacevole alla lettura. Un nuovo modo di vedere e intendere il viaggio.

  2. Ciao!:) mi è piaciuto molto il tuo testo. Complimenti! Se il lettore non è troppo pigro, emerge senz’altro un raconto ricco di spunti interessanti senza mai risultare pesante. Bravo! In bocca al lupo per le tue prossime scritture!

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>