80. Tempo di tornare

Genere: romanzo

Era sempre così il giorno del ritorno a casa.

Jenn non aveva mai paura. Ogni sua giornata ruotava attorno al frenetico traffico della città e tra il fumo delle auto il corso dei suoi pensieri sembrava perdersi.

Ora però era diverso: si trattava di tornare a casa e ogni volta tutto sembrava cospirare contro di lei. Il freddo, il buio e questa volta anche la nebbia; quando era bambina, non la si vedeva mai, non lì. Ora invece la disorientava, non riconosceva più nulla, ma forse era solo per via della stanchezza che si faceva sempre più acuta; le sembrava di non poter andare avanti, ma sapeva di non poter indugiare. E cosi si stava distraendo di nuovo quando vide una luce improvvisa. La strada era stretta e se non ricordava male lì accanto sprofondava in un fossato, ma doveva fermarsi per non sbandare, travolta dal bagliore. Rifletté e si accorse di aver dimenticato persino quella che per tanto era stata la sua unica guida, il faro che dal molo illuminava il lago dall’altra sponda fino a lì. Si chiese come avesse potuto scordarsene e così, tutto ad un tratto parvero riaffiorare dei ricordi a farle ritrovare dei cocci della sua anima infantile, sepolti nel profondo, sommersi dagli incubi quotidiani.

Ripreso il controllo, rimise la macchina sulla carreggiata e svoltò a sinistra. Percorrendo il ponte sul fiume Tay si sentiva già più a casa, come quella volta in cui suo padre dopo averla vista là, impaurita, con lo sguardo perso, le era corso incontro. Sembravano secoli ed erano solo sedici anni, ma questa volta lui non era lì ad aspettarla. Si fece coraggio e proseguì; mancavano solo pochi isolati e sarebbe arrivata al vialetto di casa sua. Di lì a poco accostò e ancor prima di scendere lo vide: Ron era lì, sulla soglia di casa, con Riven accucciato ai suoi piedi. Tutto sembrava normale, come quelle volte in cui tornava tardi dalle serate per locali, e immancabilmente trovava suo fratello lì sulla porta ad aspettarla, tanto protettivo e attento a lei, da non riuscire mai a prender sonno prima del suo rientro. Entrando in casa però non trovò la madre ad attenderla in cucina per la solita ramanzina e nemmeno il padre che sonnecchiava sul divano. Rimpianse quei tempi, quelle litigate che duravano ore; ma seppe che ora toccava a lei lottare e il nemico da affrontare non era più lo scoppio di rabbia dei genitori o il pericolo della punizione, ma la presenza di una sorta di fantasma che aleggiava sull’intera casa, ormai triste e silenziosa.

Senza nemmeno accorgersene si ritrovò nel salotto a osservare le fiamme del camino che mandando scintille da ogni parte manteneva quell’aspetto di casa come focolare unito, o almeno in apparenza.

“Jenn, stai bene? Iniziavo a preoccuparmi.”

Ron aveva gli occhi di un verde chiaro tanto da sembrare quasi un tutt’uno con l’iride mentre i capelli erano più lunghi del solito; ma a stupirla era la barba, incolta, che il fratello aveva sempre odiato e ora come non mai le comunicava un senso assurdo di trascuratezza, facendola sentire in colpa per la sua lunga assenza.

“Sto bene” gli rispose sforzandosi di sorridere.

“Sciocchezze. Hai l’aria stremata. Sali a riposarti, almeno un’oretta, Jenn, ti prego.”

A differenza della casa il cui aspetto sembrava sempre uguale, pur avendo al contempo un’atmosfera così diversa, Ron seppur più sciupato all’apparenza, era sempre lo stesso, protettivo e altruista, persino troppo in alcuni casi. E lei sapeva di non poter resistere ancora a lungo, aveva davvero bisogno di un letto e ancora non si sentiva pronta per affrontare ogni genere di discorso con il fratello.

Obbedì volentieri e istintivamente tornò nella sua vecchia camera al piano di sopra, dove non sembrava cambiato nulla. Persino la polvere non era così alta come pensava.

Svegliatasi, fuori splendeva già il sole; evidentemente aveva dormito più dell’ora prevista.

Sentì il bisogno improvviso di riveder il padre, ora che non era più lì a scostarle le tende per far entrare la luce del primo mattino.

Ormai sapeva di non poter più rimandare quell’incontro. Si fece coraggio e con delicatezza abbassò la maniglia della porta. Ci mise un po’ prima di abituarsi al buio e alla sensazione di chiuso che aleggiava nella stanza. Poi vide il letto e lì disteso, soffocato dalle coperte pesanti nonostante il caldo primaverile, suo padre, immobile, proprio lui che non riusciva mai a stare fermo.

Ora però non le parlava né sorrideva per incoraggiarla ad avvicinarsi a lui. La dottoressa Davies le aveva parlato di un ictus, che lo aveva lasciato in coma. Le speranze che si risvegliasse erano poche, ma nonostante tutto lui aveva sempre detto di voler restare a casa propria fino alla fine e così era. Si accostò al letto, ma ancora non riusciva a guardare il padre. O meglio lo guardava, ma non lo riconosceva: il suo viso era scavato, il corpo magro, le labbra secche e gli occhi, sempre allegri e vivaci, ora chiusi. Si fece coraggio e si sedette sulla poltrona lì accanto, dopo uno sforzo immenso, e come una scarica elettrica la fulminarono i ricordi.

“Che fai lì sopra? Scendi immediatamente!”

Jenn sorrise tra sé al ricordo della voce imperiosa della madre e rivide quella poltrona nuova, ricoperta dalla stoffa blu a fiori, ora scolorita e logora, dove la madre passava ore lavorando a maglia con i suoi ferri, anche quando ormai non aveva più nemmeno la forza di alzarsi. Lei allora era troppo piccola perché avvertisse l’incombenza della morte e non avrebbe mai potuto riconoscerne i segnali. Un tumore se l’era portata via dopo mesi di chemioterapie, ricoveri e sofferenze. Allora credeva davvero fosse partita per un viaggio con degli angioletti e quasi la invidiava, ma ora sentiva terribilmente la sua mancanza.

E ritrovarsi lì con il padre in fin di vita, le sembrava così strano e quasi impossibile. Non riusciva a crederci. Non poteva essere. Le venne voglia di recuperare tutto il tempo perso lontano da casa, ma non poteva far altro che stringergli la mano e appoggiando l’orecchio al suo petto sentire il suo battito regolare. Era frustrante esser lì e non poter far nulla, si sentiva del tutto inutile. E a differenza di Ron non riusciva nemmeno a pregare; aveva perso la fede in Dio molto tempo prima e non avrebbe ricominciato di certo ora a credere. Frugando nella libreria per investire il suo tempo s’imbatté in un album di foto. Sotto ogni immagine erano appuntati luoghi e date degli scatti, come a voler conservare per sempre il ricordo, come se i suoi genitori avessero saputo che un giorno loro non sarebbero stati lì a raccontare. Si accorse che qualcosa era scivolato a terra…

“Bambini, oggi è una giornata speciale: la mamma e il papà festeggiano il loro matrimonio e così abbiam pensato a una gita fuori città.”

Era la voce della madre, di nuovo, dolce mielosa e palesemente infantile nel rivolgersi ai figli. Jenn ricordava di non essere stata troppo entusiasta all’idea di dover rinunciare a una giornata di giochi per un capriccio della madre. Quando aveva visto il mare però, era rimasta a bocca aperta, era la prima volta. Non pensava potesse esistere qualcosa di così sconfinato infinito misterioso e spettacolare al tempo stesso.
Lei, Ron, il padre e la madre, si erano tuffati insieme in quell’abisso blu ed erano rimasti senza pensieri a giocare a palla sulla spiaggia rincorrendo Riven mentre recuperava l’osso tra alghe e conchiglie. Ricordava quel momento come uno dei più felici in tutta la sua infanzia.

Ora la nostalgia la lacerava e desiderò con tutta la sua forza che il padre in quel momento si risvegliasse e le dicesse: “Piccola mia, qualsiasi cosa succeda, io ci sono. Non aver paura.”

Ad un tratto scorse due occhi azzurri che la fissavano. Suo padre era lì con lei ed era sveglio. Era vivo. Non sapeva perché e nemmeno fino a quando lo sarebbe stato, ma non era più disposta a perdersi nulla. Il suo viaggio non finiva lì, ma aveva bisogno di fare una fermata. E quello era il posto giusto e il momento giusto per ritrovare se stessa.

Votami

One thought on “80. Tempo di tornare

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>