30/2015. Sapore di Isle-sur-la-Sorgue

Si era trasferito da poco, già all’età di vent’anni era stato in grado di partire e di non tornare più. Prima era un operaio, lavorava in una ditta che produceva mobili a Norimberga, guadagnava il giusto per condurre una vita sufficientemente agiata, ma non gli bastava. Ogni sera, quando andava a coricarsi, pensava a tutte quelle persone che potevano trascorrere la propria vita restando semplicemente spettatori, ai quali bastava solamente osservare quello che capitava intorno a loro senza preoccuparsi del perché. Era stanco di dover correre ogni giorno a quella ditta dall’odore soffocante di segatura bagnata. Non si può comunque dire che Steve Koch fosse un uomo ambizioso, ma il suo unico desiderio era di poter assaporare appieno la vita, senza affaticarsi troppo. Tutto questo rimase un’utopia  fino a quando non riuscì ad andarsene, lasciandosi tutto alle spalle. Andò a vivere in Provenza, nel sud della Francia. Abitava in un piccolo appartamento affacciato su uno dei canali della cittadina di Isle-Sur-La-Sorgue e lavorava come cameriere nel ristorante sotto casa. Alle sette e quaranta usciva di casa e prima di entrare nel ristorante trascorreva “i suoi venti minuti” a passeggiare lungo i vialetti del borgo, gironzolava ammirando ogni genere di cose: i café che accoglievano la gente con i loro banconi colmi di sfiziosità, i colori dei  mazzi di fiori dei venditori ambulanti, i meravigliosi ponti che collegavano i due viali separati dal canale di Sorgue.  Quello che contava di  più  per Koch non era tanto la vista delle cose, ma il loro significato, quello che ogni oggetto riusciva a trasmettere tramite la vista, l’olfatto, il gusto. Sì, lui guardava ogni oggetto come se fosse d’importanza vitale per l’atmosfera che si creava nell’ambiente, e quel che più adorava erano le sensazioni che solo i cibi riuscivano a trasmettergli. Ogni giorno, appena entrava nel ristorante, sentiva l’odore robusto di chicchi di caffè appena macinati e quello di stoviglie al limone, scendeva nel seminterrato per infilarsi la sua divisa e risaliva subito nella sala vicino al bancone per osservare i clienti e percepire ogni singolo profumo.

Il “Rose de Provence” era un ristorante frequentato principalmente da persone di alto rango sociale, oppure semplici ereditieri di grosse fortune, insomma gente che non faticava a guadagnarsi la “pagnotta”. Verso le sei di sera, quando il sole cominciava il suo viaggio verso ponente e il crepuscolo regalava ai palazzi del borgo sfumature color pesca, al tavolo degli aperitivi vicino alla vetrina che affacciava sulla veranda del locale, si sedeva sempre una ragazza elegante e riservata, Johanna Bergmann. Figlia di un membro del partito nazional socialista tedesco, amava trascorrere sola i primi mesi dell’anno nella sua villa ad Avignone, ma passava la maggior parte delle sue giornate a passeggiare tra un café e l’altro nel centro del borgo. Steve Koch la serviva personalmente ogni giorno. Lei vestiva sempre abiti di raso e pizzo e appena entrava nel ristorante, Steve sentiva il suo profumo, un profumo fresco e delicato, adorava la sua estrema eleganza e semplicità. Le portava sempre il dolce della casa, il “Fondant au Chocolat”, accompagnato da un tè aromatizzato alla menta e il loro profumo rispecchiava perfettamente il suo modo di porsi: pareva forte e intelligente, ma allo stesso tempo timida e misteriosa. Ogni sera Koch rimaneva incantato ad ammirarla tra un ordine e l’altro, col pensiero fisso che un giorno sarebbe riuscito a portarla a cena fuori, fuori da quel ristorante per offrirle altri sapori, altri odori.

Una domenica Steve uscì dal ristorante più presto del solito, perché il “Rose”, come lo chiamavano i dipendenti, aveva chiuso prima per dare la possibilità a tutti di ammirare il grande mercato di Isle-Sur-La-Sorgue,  che si svolgeva in parte proprio sotto casa di Steve.  Lui ne approfittò per evadere un po’ dalla routine quotidiana. Erano le due, il sole batteva sul legno delle bancarelle del mercato e Koch cominciò a girovagare per le vie. Vide bancarelle colme di deliziosi capolavori dolciari, crème caramel dal profumo dolce e stuzzicante e macarons  freschi e leggeri; altre  mettevano in bella mostra raffinato pane con le olive accompagnato da formaggi cremosi o baguette calde e fragranti. Koch percepiva un’atmosfera calorosa e invitante, era come se fosse stato catapultato in un luogo senza preoccupazioni, in cui l’unico bisogno era guardare e ammirare, come aveva sempre desiderato. All’angolo di un incrocio trovò un banchetto in mezzo ad una via angusta e si avvicinò per capire cosa esponesse. Trovò una folla di curiosi che si accalcavano  e non capiva, si fece largo tra la gente e scoprì il perché di quell’ammasso di uomini e donne: un venditore ambulante aveva appena aperto un’asta su oggetti di vario valore, tra cui, un magnifico anello. Steve non ci pensò due volte e in pochi rilanci riuscì ad aggiudicarsi quel meraviglioso cimelio, era un piccolo anello di platino con davanti una pietra particolare chiamata “Fruit de Coeur”, frutto del cuore.

Koch ritornò sul viale principale e prese la direzione che lo avrebbe condotto a casa, teneva il suo piccolo tesoro nella tasca della giacca e camminava fiero. Era ormai il tardo pomeriggio e alcune bancarelle cominciavano a ritirare la propria merce per far spazio all’apertura dei locali serali, mentre pian piano la cittadina assumeva un intenso odore di pasta fresca e farina, di pesce appena pescato e di verdure appena colte. Prima di rincasare si fermò davanti ad una bottega che vendeva il miglior vino della Provenza, sentiva da fuori l’aspro profumo di uva e di fondo di bottiglia e ne fu affascinato. Entrò e venne travolto alla vista della quantità di botti e damigiane accumulate in quello spazio angusto, e buio. Il proprietario gli consegnò una bottiglia di buon rosé e Steve uscì, raggiunse il porticato sotto casa sua e si appoggiò ad una colonna ammirando il canale buio, riflettendo sul suo passato… Un ragazzo insoddisfatto della sua vita in Germania, proveniente da una società chiusa e corrotta dal potere, pronto a tutto pur di cambiare, coglie l’occasione e si trasferisce in Francia, ha un buon lavoro, sfrutta la sua dote meglio che può e si sente finalmente felice. Osservò la bottiglia che aveva in mano: proveniva da un luogo maltenuto e grezzo, eppure era così preziosa,  il vino  attendeva il palato giusto cui affidarsi come Steve attendeva il suo. Steve era un buon rosé. Ma chi sarebbe stato il suo cliente giusto?

Si sentì un tonfo e Koch si girò di scatto, vide una figura accovacciata per terra qualche colonna più in là, si avvicinò velocemente, appoggiò la bottiglia a terra e la vide. Lei, la ragazza che tanto aveva osservato e tanto desiderato ora l’aveva a pochi passi, la guardò negli occhi e non poté fare a meno di sentire il suo profumo, così fresco in una notte così secca. La aiutò ad alzarsi e non gli servirono parole, gli bastava guardarla per capire quanto fosse stato incredibilmente fortunato ad aver solo sfiorato quel bocciolo raro. Lei sembrava nella stessa situazione , incondizionatamente persa nel suo sguardo, non gli lasciava la mano. Koch sfilò dalla tasca il suo prezioso tesoro, le porse l’anello e Johanna, come fosse la cosa più naturale del mondo, gli sorrise. Smisero di fissarsi e, pian piano, lei cercò di smorzare quel sorriso che non le lasciava il viso, si allontanò e sparì tra il buio del borgo di notte. Koch salì le scale e entrò in casa, era incantato. Si tolse la giaccia e appoggiò la bottiglia di rosé al tavolo della cucina. Mentre fissava la città dalle vetrate, fece un lungo sospiro e stappò la bottiglia, l’aroma frizzante gli raggiunse i polmoni e si sentì felice, straordinariamente felice.  Aveva capito finalmente chi era il suo cliente.

9 thoughts on “30/2015. Sapore di Isle-sur-la-Sorgue

  1. Testo ben scritto. Scorrevole. Romantico, vero, reale.. una stesura che racconta e si rivolge al dissapore sociale di questi giorni.

  2. condensato di colori e di profumi che tanto hanno il sapore della primavera. un sogno leggero come la brezza di mare; intenso come l’atto della natura che sta per compiersi. brava

  3. Il testo è interessante, tuttavia si avverte la natura acerba della scrittice (credo sia una ragazza), le tempistiche in cui la storia viene narrata che non sembrano congruenti e indicherei di utilizzare sempre o il nome o il cognome per il protagonista.
    Molto piacevole sia il finale che la capacità di dettaglio delle sfumature legati agli aromi ed alla città.

  4. Poche righe per descrivere efficacemente il passaggio dal senso di disagio di uno stile di vita non pienamente accettato, al nuovo stile leggero e spensierato.
    Notevole la capacità di descrivere le caratteristiche del luogo.
    Un bel finale che racconta in poche righe l’illusione di una nuova vita da condividere con l’amore del momento, la delusione forse, ma comunque la consapevolezza di poter ancora gioire della propria scelta di vivere in quella cittadina, sapientemente raccontata all’inizio.

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