38/2015. Lavash e amore…

Osservo Anush lanciare in aria l’impasto e modellarlo con un ovale, che lancia poi a mia madre, che lo appiattisce e lo stende contro le calde pareti del tonir, il forno di terracotta tipico di quei paesini rurali della mia terra, l’Armenia, cuocerlo per un minuto e poi accatastarlo insieme agli altri pezzi cotti prima.

- Ari jan, ari stech[1]- mi chiama mia madre, tendendomi un pezzo di quel pane che aveva preparato per la prima volta con Anush, mia sorella più grande. Non esitai un attimo, non solo perché ero curioso di assaggiare il pane preparato da mia sorella, ma anche perché è  sempre bellissimo provare il lavash appena sfornato, sentir sciogliere quella sfoglia così sottile in bocca: alto pochi millimetri  e lungo quasi un metro, è il pane più buono che io abbia provato.

- Allora, com’è?- chiede Anush, curiosa di sapere come sia uscito quel pane che ha preparato per la prima volta.

- Buonissimo, anche se con un po’ di formaggio e del basterma[2] sarebbe ancora meglio-

- Grazie Hayk jan- mi sorride compiaciuta.

- È presto, lo sai. Mangeremo più tardi- esclama allo stesso tempo mia madre.

- Lo so, lo so..- rispondo mogio.

È un bel ricordo, penso con nostalgia.. le montagne, quel lago immenso, l’aria, mi manca tutto di quei luoghi..

Torno alla realtà un po’ spaesato quando Lilit mi chiama, vedendomi fermo sulla soglia ad ammirare un quadro, perso nei miei pensieri.

-Ciao piccolina- le sorrido guardandola e prendendola in braccio quando mi corre incontro.

- Cosa guardavi papà?- chiede, guardando a sua volta il dipinto.

- Questo è un paesaggio del paese dove sono nato, Lilit. In primo piano, qui, c’è il monastero di Khor Virap. Vedi quella montagna? È il monte Ararat, è la montagna sulla quale, secondo la leggenda, si è fermata l’Arca di Noè; ti ricordi la storia?-

- Sì!- dice orgogliosa.

- Sei bellissima quando fai la faccia contrita, sai? Assomigli tanto a tua madre… -

- Perché devi parlare di lei proprio oggi?- urla Tamara alzandosi dal tavolo della cucina, e correndo in camera sua.

Appoggio la piccola a terra e mentre mi tolgo la giacca, sistemandola lentamente sull’appendiabiti, mi cade l’occhio sul calendario.

Vado in cucina con Lilit ed è lì che scorgo Anush sistemare la tazza di thè e il piattino con la fetta di torta, intatta, lasciata sul tavolo, in tutta fretta, da Tamara. Vedendola le sorrido, e lei ricambia.

- Com’è andata al lavoro?- chiede.

- Bene, oggi avevo solo un appuntamento, tranquillo. Qui com’è andata?-

- Chiedi a Lilit, oggi abbiamo fatto la torta insieme-

- Davvero? Ma che brava!- esclamo, sorridendo alla mia figlia più piccola.

- Sì, la zia mi ha fatto mescolare lo zucchero e le uova, è stato bello, me lo faceva fare sempre anche la mamma!-

- Sono contento che tu ti sia divertita. – le dico, allegro. – Vado a farmi una doccia ora- aggiungo, rivolto a mia sorella.

- Certo, fai pure. Vuoi che mi fermi a preparare la cena?- mi domanda, comprensiva del mio stato d’animo.

- Grazie-

Busso alla stanza di Tamara, ma ignora i miei colpi.

Sotto l’acqua calda della doccia finalmente mi sfogo. Penso a Tamara, vuole fare la ragazza adulta e matura, ma ha solo quattordici anni, è ancora piccola; d’altronde era molto legata a sua madre, vederla morire per lei è stato terribile, quasi come per me. Oggi sono quattro mesi che Sara è morta, ricordo afflitto. Mia moglie mi manca moltissimo, pensare a lei mi fa soffrire come il primo giorno dopo la sua scomparsa.

Per l’ennesima volta l’acqua rinfresca il mio volto, e si confonde con le lacrime che scendono in continuazione, da più di un anno.
Come si fa a essere forti quando tua moglie ti lascia per sempre, affidandoti due figlie che le assomigliano in modo straordinario, sia fisicamente che nell’atteggiamento?

‘Come faccio a essere forte senza di te, amore mio? La mia forza eri tu, io non posso crescere due figlie da solo, non senza la mia Principessa. Mi manchi ogni giorno, il letto è vuoto senza di te, non posso più passare ore ad ammirarti dormire, né vederti giocare con le bimbe.. è uno strazio non averti più accanto a me, almeno fisicamente. Eri l’angelo venuto a salvarmi dal caos verso cui stavo andando, ripenso al nostro primo incontro in continuazione, a come ci siamo subito avvicinati, e, infine, al nostro matrimonio, perfetto e bellissimo: saperti mia, averti accanto per sempre.’, penso, indirizzando quel pensiero a mia moglie, ovunque lei sia, mentre lacrime copiose mi scorrono sulle guance non rasate.

Dopo la morte di Sara mia sorella viene spesso qui a casa a tenere la bambine: non la potrei ringraziare mai abbastanza per l’aiuto che mi sta dando in questo momento, ma in fondo è proprio questo il bello di avere dei fratelli o delle sorelle.

La cena trascorre lenta mentre Anush e Lilit parlano e Tamara gioca col cibo, ma mangiando poco di quello che ha nel piatto. Sono preoccupato per lei, ma non ho la forza di dirle qualcosa, era legata a Sara, e anche lei, come lo dimostra, soffre ancora molto per la sua morte. La sua rabbia e la perdita di appetito mi preoccupano, ma è il suo modo di affrontare il dolore, devo sopportarlo.

Inghiotto meccanicamente i bocconi, senza neanche pensare a ciò che sto mangiando, ma a un certo punto un aroma mi blocca.

- Anush, ma questo è pilaf [3]! Erano anni che non lo provavo!-

- L’abbiamo cucinato insieme, ti piace? L’ho scelto io- mi dice Lilit.

- Lilit ha visto il libro di ricette e ha voluto cucinare qualcosa di armeno: mancandoti molto il tuo Paese e non potendoci tornare per un po’ , almeno oggi potresti mangiare come se fossi lì!- spiega Anush.

Non riesco a trattenere il sorriso e l’emozione, la piccola Lilit è ,ogni giorno che passa, più simile a sua madre.

- Tam, vieni a fare i biscotti con noi? Stiamo creando tante facce buffe, vuoi farle con noi?-

- No-

- Dai sorellona..-

- Che seccatura, va bene-

- Toma jan[4], piano con le parole.

- Scusa zia- replica la ragazza, per niente pentita.

“In fondo, è divertente”, pensa la maggiore delle sorelle, “e Lilit si diverte a cucinare, è proprio bello vederla sorridere, chissà se anche a papà piace vederci felici, io non lo sono spesso, forse lo fa stare male”. Il pensiero la intristisce ancora di più, finché non si trova la vista annebbiata da una nuvoletta di farina che Lilit le ha lanciato sul viso.

- Ehi, mocciosa, te la faccio pagare ora- dichiara, prendendo a sua volta una manciata di farina.

- Mocciosa a me?- ribatte la piccola, mostrando la lingua.

Ha inizio un’epica battaglia a colpi di farina fra le sorelle, mentre Anush cerca di fermarle.

- Pronta?- esclamano a un certo punto le sorelle, intendendosi con lo sguardo e attaccando insieme la zia, ridendo.

Entrando in casa sento delle risate, e guardando in cucina scopro che arrivano da mia sorella e da entrambe le mie figlie. – Ah, le mie tre donne cucinano i biscotti- sorrido, – sono proprio belle, ma anche infarinate- aggiungo ridendo.

- Lilit, papà è troppo pulito, non credi?- esclama Tamara.

- All’attacco!- esclama anche la piccola.

All’improvviso mi ritrovo tutto infarinato a cercare di fare il solletico alla mie figlie, che scappano per prendere altra farina dal tavolo.

Più tardi, quella sera a cena, resto sconvolto quando Tamara afferma che cucinare è divertente e la vedo mangiare quasi tutto quello che ha nel piatto.

Dopo quasi una settimana, una sera tardi, sento bussare alla porta della camera da letto, ed entrano le mie figlie.

- Possiamo dormire con te?- chiede la più piccola.

- Ti va di raccontarci come hai conosciuto la mamma?- chiede subito dopo la più grande.

- Certo! È una storia lunga però, e parla di coraggio, cibo e amore..-

- Cibo e amore sono collegati, vero papà?- chiede Lilit.

- È proprio così, piccola. Per cucinare bene devi metterci molto amore e divertirti, questi due sono gli ingredienti principali di ogni ricetta!-



[1] -Vieni tesoro, vieni qui- in armeno

[2] Filetto di manzo affumicato e speziato, tipico della cucina armena

[3]  Tipico riso dolce armeno con frutta secca e mele

[4] Tamara, tesoro. Toma è diminutivo di Tamara, come il precedente Tam

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