45/2016. Il fiore nel deserto

“Che cosa pensa un fiore in mezzo al deserto?” è la domanda che mi pongo una mattina come tante guardandomi allo specchio mentre termino di lavarmi i denti. Scuoto la testa: certe volte non capisco proprio come mai finisca per formulare pensieri simili. Mi cambio, infilo le scarpe ed un altro pensiero fa capolino nella mia testa e prevale su tutti gli altri: “Chissà quanto è lungo il processo di lavorazione di una scarpa.”Di nuovocerco di non concentrarmi troppo su pensieri così insoliti ed esco di casa in fretta abbracciando il freddo di una mattina di febbraio inoltrato. Mi riparo con il mio cappotto e mi cade la sciarpa mentre mi dirigo verso la fermata dell’autobus…una sciarpa che porta i colori della bandiera statunitense. Penso immediatamente alla Statua della Libertà, simbolo della città di New York,un luogo che per me è un sogno lontanissimo dalla mia terra, l’Italia.

Ho 19 anni e non mi sono mai posta domande simili prima d’ora. Capelli biondi, occhi verdi, zaino su una spalla. Scarpe sportive e vestiti nuovi. Un’esistenza molto simile a quella di molte adolescenti italiane, una quotidianità condivisa con l’ambiente scolastico, gli amici e il fidanzato.

“Perché mi pongo proprio ora queste domande?” mi chiedo, stupita dalla strana sensazione che mi travolge. “Forse sono troppo stanca, avrei dovuto restare a letto a riposare questa mattina” mi giustifico subito mentre salgo i gradini che conducono all’atrio della scuola. Entro nel bagno delle ragazze per controllare il mio aspetto. Mi sento molto confusa, ma distrattamente mi porto davanti allo specchio… quasi mi lasciosfuggire un grido: sono diventata una gigantesca lettera Y! Come un palloncino ad elio eccessivamente gonfio, appaio ora come una gigantesca lettera dell’alfabeto. “Oh no no no…questa è solo suggestione, ho appena ripassato “La metamorfosi” di Franz Kafka per la simulazione di terza prova e questa è sicuramente un’ulteriore prova della mia stanchezza.” Tuttavia non è uno scarafaggio a restituirmi lo sguardo nello specchio, ma bensì i miei occhi…all’estremità delle due biforcazioni della lettera Y.

All’improvviso temo la reazione della mia scuola: “Che cosa penseranno quando mi vedranno ridotta così?” quando ecco entrare dalla porta del bagno alcune mie compagne di classe. Tutte trasformate in diverse lettere dell’alfabeto! Eppure sembrano quasi non rendersene conto ed, anzi, mi fissano con aria interrogativa in quanto sembro quasi pietrificata alla vista di questo nuovo gruppo. Sconcertata, non chiedo nemmeno spiegazioni ed escoin corridoio per trovarmi di fronte ad un nuovo spettacolo: ogni studente, ogni insegnante, ogni bidello e persino il barista Aldo si sono trasformati in grosse lettere di altezze diverse! Un disordine di grafemi gigantesco che mi lascia a bocca aperta.

E in mezzo a questo disordine, in me si fa strada una nuova volontà di rimettere tutto in ordine. Riunisco tutte le persone a formare le parole che componevano le mie domande mattutine: fiore, deserto, scarpe, occhi e Stati Uniti.

Gli studenti e gli insegnanti si dispongono in fila per formare queste parole che risplendono di vita appena le lettere si portano le une vicine alle altre: e lentamente ascolto la spiegazione di ogni singola parola grazie a questo dizionario di persone.

“L’Italia è come un fiore: i suoi giovani sono la sua corolla ed allacciano le scarpe all’interno di essa prima di direzionare lo sguardo dei loro occhi verso paesi lontani, come gli Stati Uniti.”

Y: “Non capisco, perché saremmo un fiore in mezzo al deserto?”

“Perché il fiore osserva il paesaggio intorno a sé, ma anche se spessotrova il deserto nel terreno delle sue radici pensa alla vita fuori da esso.”

Y: “E cosa c’entra l’alfabeto italiano con questo?”

“Le parole italiane sono la nostra più grande ricchezza. È una lingua che ci unisce, che alimenta la nostra esistenza, che ci fa sentire italiani anche se abbiamo ormai lo sguardo rivolto altrove. Ci tiene uniti perché riempie il vuoto che si dilata in noi quando non ricordiamo da dove proveniamo, quando avvertiamo il deserto attorno a noi e ci sentiamo persi. I nostri 26 grafemi compongono la nostra cultura.”

Y: “Le nostre parole sono la nostra bussola?”

“La nostra lingua ci indica dove finisce il deserto. Il fiore questo lo sa, è il motivo per il quale le sue radici non perdono stabilità.”

Apro gli occhi e mi ritrovo davanti allo specchio. I miei occhi verdi mi fissano stupefatti. Adesso lo so, cosa pensa un fiore in mezzo al deserto.

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