41. Tu stai vedendo ciò che vedo io?

Genere: narrativo

Mi presento: sono il viaggio e sono ovunque, un po’ come lo spirito santo. Sono dentro l’istinto di ogni essere umano. Sono la parte nomade, primitiva, istintiva di ogni uomo sedentario. Sono la parte più nascosta, quella che non si vede mai, e, ogni tanto, qualcuno si dimentica anche della mia esistenza.
Talvolta, esco dal mio nascondiglio pieno di polvere, richiamato dall’esigenza di cambiare area, di cambiare modo di vedere le cose, alla ricerca di un’altra vita. Prevalgo sul desiderio di rimanere, sulla paura del non sapere cosa ti aspetti dopo e  dentro la mia persona inculco quel senso di libertà che solo io posso donarle, perché sono sinonimo di scoperta, di novità, di cosa nuova. Grazie a me si possono vedere le onde imponenti dell’oceano provocate dal vento sbattere violentemente contro la sabbia bagnata. Si può scalare una montagna e rimanere estasiati dalla vista mozzafiato che si ha dell’ orizzonte in fuga. Grazie a me si possono conoscere personaggi di tutte le etnie, che parlano lingue diverse.
Grazie a me si possono fare esperienze che stando sedentari non si sognano neanche nei sogni migliori.
Purtroppo però, più passa il tempo, più la gente mi mette da parte, sempre più nascosto, come se avessero vergogna di me.  Si vergognano perché non avere una casa, non essere sedentario, al giorno d’oggi ti mette in disparte, ai margini di una società che come unico  valore ha il Dio Denaro, e il mio nome ora è utilizzato, ingiustamente, per indicare lo spostamento da una località sedentaria, a una ancora più sedentaria, dove la gente pigra passa la giornata a prendere il sole su sdraio sedentarie e invece di rilassarsi e assopirsi un po’, parla al telefono con colleghi di lavoro sedentari.
Ripetere ogni giorno le stesse azioni, le stesse parole, compiere sempre gli stesse gesti è più irresponsabile  e folle  di partire senza meta e senza soldi, solo per la voglia di conoscere, di cambiare il modo di vedere le cose e di cambiare se stessi.
E’ vero, viaggiare comporta dei rischi: non aver sempre da mangiare a sufficienza, un posto dove dormire, degli amici con cui parlare. Insomma, cose che non sono troppo piacevoli, lo ammetto. Ma poi mi piacerebbe vedere, alla fine del loro grande viaggio che è la vita, un uomo con la barba bianca lunga e incolta, magro e con pochi vestiti addosso anche in pieno inverno, che ha viaggiato per tutta la vita e ha percorso tutti i posti fantastici che la natura ci offre, incontrare un uomo che è nato, è cresciuto, ha lavorato dieci ore ogni santo giorno, sempre nella stessa monotona città e dirgli, un attimo prima di andarsene, in quell’attimo dove tutta la vita, tutte le esperienze ti passano davanti agli occhi, dove tutti i posti incredibili che hai visto ti riaffiorano in mente:
“Tu stai vedendo ciò che vedo io?”

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